LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26394-2019 proposto da:
S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO BORSIERI N. 12, presso lo studio dell’avvocato ANGELO AVERNI, rappresentato e difeso dall’avvocato AUGUSTO SEBASTIO;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZ DI LECCE;
– intimata –
MINISTERO DELL’INTERNO *****, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositate il 11/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/02/2021 dal Presidente e Dott. GORJAN SERGIO;
CONSIDERATO IN FATTO
S.M. – cittadino della Costa d’Avorio – ebbe a proporre avanti il Tribunale di Lecce ricorso avverso la decisione della locale Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione in relazione a tutti gli istituti previsti.
Il richiedente asilo ebbe a rappresentare d’aver abbandonato il suo Paese poiché – nel 2013 – uno zio intendeva appropriarsi dei beni ereditari ebbe a commissionare un’aggressione contro di lui e suo fratello, che nell’agguato rimase ucciso, pertanto nel maggio del 2016 il S. decise di espatriare.
Il Tribunale salentino ebbe a rigettare la domanda del richiedente in relazione a tutti gli istituti previsti dalla normativa in tema di protezione internazionale, ritenendo che l’episodio di violenza narrato non costituiva espressione di una persecuzione sussumibile nella normativa sulla protezione, bensì fatto privato che doveva trovar tutela mediante il ricorso all’Autorità locale, come fatto l’anno precedente quando lo zio iniziò a rivendicare i beni oggetto di contesa; ritenendo non sussistente in Costa d’Avorio una situazione socio-politica connotata da violenza diffusa e ritenendo non sussistenti condizioni atte a sostenere l’accoglimento dell’istanza di concessione della protezione umanitaria.
Il S. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto reso dal Tribunale pugliese articolato su unico complesso motivo.
Il Ministero degli Interni, benché ritualmente vocato, ha depositato solo nota ex art. 370 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dal S. risulta inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma è stata ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.
Con l’unico articolato mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce vizio di violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, art. 2, comma 1, lett. g), art. 5 e art. 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, art. 27, comma 1 bis e norme delle direttive UE 2013/32 e 2011/95, nonché D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6, poiché il Collegio salentino, pur ritenendo lacunose le dichiarazioni da lui rese, tuttavia non azionò, come dovuto in forza delle disposizioni di legge dianzi richiamate, il suo potere officioso istruttorio, per così procedere alla valutazione della credibilità in modo conforme alla disciplina positiva.
In particolare, continua il ricorrente, il Tribunale ha omesso di procedere alla sua audizione, benché ebbe a ritenere la scarsa credibilità del suo narrato, e di approfondire la sua vicenda personale alla luce di accurate informazioni sul contesto politico-sociale della Costa d’Avorio, specie con riguardo alla situazione di grave inosservanza dei diritti fondamentali della persona.
Infine il S. rileva come il Tribunale non ebbe ad esaminare la concorrenza del pericolo specifico da lui prospettato, posto che anche la persecuzione proveniente da privati assume rilievo, ai fini della protezione internazionale, se le Autorità locali non vogliono possono intervenire a difesa dei propri cittadini e come nemmeno abbia adeguatamente valutato gli elementi portati in causa lumeggianti il suo percorso di integrazione sociale in Italia e ritenuti rilevanti da altri Tribunali.
La censura appare nel suo complesso inammissibile posto che l’argomentazione critica svolta rimane sempre a livello astratto senza effettivo confronto con la motivazione illustrata dal Collegio salentino su alcuno dei punti trattati.
Difatti il Collegio salentino ha puntualmente esaminato il narrato reso dal S. a giustificazione della sua decisione di espatriare e posto in evidenza come i fatti descritti nello stesso non configurano alcuna persecuzione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7, bensì una questione squisitamente di natura privata.
Inoltre il Tribunale ha anche valutato la questione ai fini di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), sottolineando come il richiedente asilo non ebbe nemmeno a chieder la protezione dell’Autorità, nonostante così aveva fatto solo l’anno prima a fronte delle prime pretese avanzate dallo zio, così motivatamente escludendo la rilevanza anche dell’attività persecutoria posta in esser da privato per l’inerzia dell’interessato nel richiedere la protezione che, positivamente, lo Stato era in grado di assicurare.
Pertanto non assume rilievo nella specie la questione della valutazione della credibilità del narrato reso dal S. poiché il Collegio salentino non ha dubitato al riguardo, ma ha esaminato la questione sottoposta al suo giudizio sulla scorta delle dichiarazioni rese dal ricorrente.
Inoltre il Tribunale ha precisato che, con il ricorso in opposizione, il S. non ebbe a proporre nuovi temi d’indagine o segnalare fatti nuovi a sostegno della sua richiesta di audizione in sede giudiziale e, così, rigettò la richiesta di disporre apposita udienza per tale incombente e detta motivazione non risulta attinta da specifica censura, limitandosi il ricorrente a segnalare la mancata attivazione della facoltà istruttoria officiosa da parte del primo Giudice senza anche precisare quali novità dovevano esser oggetto d’indagine a mezzo di detto incombente. Inoltre il Collegio salentino ha puntualmente esaminato la situazione sociopolitica della Costa d’Avorio e dato puntualmente dato atto delle fonti utilizzate all’uopo nonché svolto precisa analisi delle informazioni desunte per concludere che la citata situazione non appare connotata da violenza diffusa secondo l’accezione data a tale concetto dalla Corte Europea.
Anzi il Collegio salentino ha messo in rilievo come la situazione stia gradatamente ma costantemente migliorando anche nel settore del rispetto dei diritti fondamentali ed economico.
Dunque il primo Giudice ha puntualmente esaminato la specifica condizione personale del richiedente asilo alla luce delle sue dichiarazioni e delle informazioni aggiornate sulla situazione interna del suo Paese, mentre l’argomento critico svolto rimane sul piano dell’apodittica contestazione.
Quanto, infine, alla critica portata alla statuizione di rigetto del riconoscimento del diritto a godere della protezione umanitaria, la stessa è rimasta al livello di affermazione apodittica circa il percorso di inserimento sociale in Italia e di mero richiamo ad arresti giudiziali di merito, peraltro datati.
Viceversa al riguardo il Collegio salentino ha puntualizzato come non concorrano ragioni di vulnerabilità soggettiva in forza del narrato né oggettiva in forza della situazione interna della Costa d’Avorio e delle ragioni dell’espatrio, non collegate in alcun modo a violazione dei diritti fondamentali da parte di Organismi statualì. Inoltre il Tribunale ha valutato la documentazione afferente l’impegno lavorativo documentato dal S., evidenziando come sia stata depositata mera lettera di assunzione per lavoro stagionale senza alcun altro documento lumeggiante l’effettività del rapporto di lavoro dedotto.
Rispetto a detta specifica motivazione, l’argomento critico svoto si limita a ribadire di aver seguito processo d’integrazione senza minimamente dettagliarlo fattualmente, mentre gli arresti datati di altri Giudici ovviamente non possono che afferire alla specifica situazione dei richiedenti asilo soggetti promotori di detti giudizi, siccome prescritto dalla normativa in tema di protezione internazionale.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione poiché non costituita.
Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 10 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021
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