LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 47-2017 proposto da:
TRENITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA BENEDETTO CAIROLI 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO ABIGNENTE, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO RICCARDI;
– controricorrente –
e contro
***** S.P.A. IN FALLIMENTO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 3765/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/06/2016 R.G.N. 8194/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.
RILEVATO
Che:
1. la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado ed in parziale accoglimento della domanda di C.S., ha accertato che tra ***** s.p.a., formale datrice di lavoro del C., e Trenitalia s.p.a. era intervenuto… una “somministrazione irregolare” per interposizione fittizia di manodopera ed ha condannato Trenitalia s.p.a. alla costituzione del rapporto di lavoro con l’originario ricorrente e al relativo inquadramento nel livello G del c.c.n.l. oltre che alla ricostruzione della carriera, sotto il profilo retributivo e contributivo, a decorrere dal settembre 1999;
1.1. per quel che ancora rileva, il giudice di appello ha ritenuto che le emergenze istruttorie escludevano la esistenza di un appalto lecito stante il difetto di autonoma organizzazione di impresa in capo alla ***** s.p.a., di assunzione del relativo rischio e di esercizio dei poteri direttivi ed organizzativi nei confronti del personale formalmente assunto ed impiegato nell’appalto conferito dalla società Trenitalia; tanto configurava una somministrazione di lavoro illecita che determinava ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 la instaurazione di un rapporto di lavoro del C. con Trenitalia e la condanna di quest’ultima alla ricostruzione della carriera del C. a decorrere dal settembre 1999, data pacifica di inizio del rapporto illecito di interposizione fittizia di manodopera;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Trenitalia s.p.a. sulla base di quattro motivi; C.S. ha resistito con (tempestivo) controricorso; il Fallimento della ***** s.p.a. è rimasto intimato;
3. C.S. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
1. con il primo motivo di ricorso la società Trenitalia s.p.a., deducendo sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, censura la sentenza impugnata per avere esteso la pronunzia anche a periodi e rapporti contrattuali non oggetto della originaria domanda, che concerneva l’accertamento della somministrazione irregolare con riferimento alla sola società *****, la quale aveva instaurato il rapporto con Trenitalia s.p.a. solo nel periodo 2006/2009 e non prima; la sentenza impugnata nel dichiarare la costituzione del rapporto a far data dall’anno 1999 era, quindi, incorsa in vizio di ultrapetizione; denunzia, inoltre, apparenza di motivazione non emergendo il percorso logico- giuridico alla base della statuizione di condanna alla costituzione del rapporto ed alla ricostruzione di carriera con decorrenza dal settembre 1999;
2. con il secondo motivo di ricorso, deducendo sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20,21,22,23,24,25,26,27 e 28 e 29 e falsa applicazione dell’art. 29 D.Lgs. cit., censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che nel caso di specie dovesse trovare applicazione la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 276 del 2003 in tema di somministrazione; sostiene che il giudice di appello aveva operato una confusione e sovrapposizione tra i differenti istituti della somministrazione di lavoro e dell’appalto nel senso di ricondurre la ipotesi di appalto illecito a quella di somministrazione irregolare; quest’ultima richiedeva, infatti, una specifica indagine circa la sussistenza delle condizioni di liceità della somministrazione, da ancorare esclusivamente al parametro normativo rappresentato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20 e 21; in questa prospettiva risultavano inconferenti le circostanze di fatto valorizzate dalla Corte di merito in tema di carenza del rischio di impresa o di un’autonoma organizzazione imprenditoriale in capo alla ***** e dell’esercizio del potere e organizzativo da parte di Trenitalia nei confronti del personale dipendente da *****;
3. con il terzo motivo di ricorso, deducendo sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, censura la sentenza impugnata per avere deciso la controversia sulla base della richiamata disposizione, non conferente alla concreta fattispecie e comunque non applicabile ratione temporis;
4. con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti, rappresentato dal contratto di appalto stipulato tra Trenitalia s.p.a. e ***** s.p.a. che, come dedotto nella memoria di costituzione di primo grado, non avevano mai concluso un contratto di somministrazione;
5. il primo motivo di ricorso è da respingere;
5.1. la censura con la quale si deduce violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato è inammissibile per difetto di specificità;
5.2. è noto che in presenza di un vizio riconducibile ad error in procedendo del giudice di merito il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, (cfr. tra le altre, Cass. Sez. Un. 22/05/2012 n. 8077; Cass. 28/11/2014 n. 25308; Cass. 21/04/2016 n. 8069);
5.3. è stato in particolare precisato che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo, sicché, laddove sia stata denunciata la falsa applicazione della regola del tantum devolutum quantum appelatum, è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli dell’atto d’appello con cui le censure ritenute inammissibili per la loro novità sono state formulate (Cass. 25/09/2019 n. 3834; Cass. 08/06/2016 n. 11738);
5.4. parte ricorrente non ha assolto a tale onere in quanto non ha dimostrato mediante la trascrizione dei pertinenti brani del ricorso di primo grado nonché delle censure articolate con l’atto di appello alla decisione di primo grado (di rigetto della domanda del C.) che la originaria domanda concerneva il solo periodo 2006/2009 e non anche quello precedente; si è infatti limitata a dare atto del carattere pacifico di una serie di circostanze, asseritamente riferite al ricorso di primo grado ed agli atti di causa (v. ricorso pag. 6), modalità intrinsecamente inidonea a consentire la verifica della fondatezza della censura articolata sulla base del solo ricorso per cassazione, come, invece, prescritto (Cass.09/07/2004, n. 12761; Cass. Sez. Un. 02/02/2003, n. 2602; Cass. 30/03/2001, n. 4743);
5.5. è infondata la censura che denunzia apparenza di motivazione in relazione alla statuizione di condanna della società Trenitalia alla costituzione del rapporto di lavoro ed alla ricostruzione della carriera lavorativa a decorrere dal settembre 1999, in quanto la Corte di merito, sia pure in termini stringati, ha dato contezza della ragione della disposta ricostruzione di carriera a decorrere dal settembre 1999 che ha motivato con il fatto dell’essere acquisizione pacifica in causa che il rapporto di illecita interposizione fittizia di manodopera era iniziato nel settembre 1999;
6. il secondo ed il terzo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati;
6.1. dal tenore della parte motiva della decisione impugnata si evince che il giudice di appello aveva ben presente che il titolo formale sulla base del quale il C. aveva reso le prestazioni in favore di Trenitalia s.p.a. era costituito da un contratto di appalto intervenuto tra la detta società e ***** s.p.a. formale datrice di lavoro dell’originario ricorrente (v. punti della sentenza di appello richiamati nel paragrafo, 6.2.); vi è stato, inoltre, accertamento di fatto relativo alla illecita intermediazione in relazione al periodo decorrente dall’anno 1999; in coerenza con tale presupposto la indagine in fatto è stata ancorata alla verifica in concreto degli specifici requisiti di genuinità dell’appalto rappresentati dall’autonoma organizzazione di impresa in capo alla società appaltatrice, dall’assunzione del relativo rischio e dal concreto esercizio del potere direttivo ed organizzativo nei confronti dei propri lavoratori; le conseguenze sanzionatorie connesse alla verifica di insussistenza di tali presupposti, sia pure impropriamente ancorate al disposto del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, sono coerenti con tale impostazione e con la disciplina all’epoca vigente in tema di illecita intermediazione di manodopera (L. n. 1369 del 1960);
6.2. priva di pregio si rivela quindi la censura della società nel dedurre che la verifica doveva essere condotta alla stregua dei parametri di legge in tema di somministrazione irregolare in quanto, al di là di inappropriate’ terminologia utilizzata laddove viene evocata la figura della “somministrazione irregolare”, il giudice di appello, in concreto, ha dimostrato di tenere ben presenti le differenze fra gli istituti dell’appalto illecito e della somministrazione irregolare pervenendo ad una soluzione giuridica del tutto coerente con l’accertamento di fatto, della esistenza in concreto di una fattispecie riconducibile all’appalto illecito di manodopera (v. in particolare, sentenza, pag. 2, quinto, sesto e settimo capoverso, e giurisprudenza richiamata a pag. 4, secondo capoverso);
7. il quarto motivo di ricorso è infondato sia perché; alla luce di quanto osservato nei paragrafi precedenti la circostanza della esistenza tra le due società di un contratto di appalto e non di somministrazione è stata tenuta ben presente dalla Corte di merito che su di essa ha sviluppato il proprio ragionamento giuridico, sia perché la circostanza della esistenza di un formale contratto di appalto risulta priva di decisività a fronte dell’accertamento di fatto non specificamente contrastato dall’odierna ricorrente – relativo all’ingerenza di Trenitalia nella esecuzione della prestazione da parte del C. (v. sentenza, pag.3, quart’ultimo capoverso), formale dipendente di ***** s.p.a.;
8. al rigetto del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza nei confronti della parte controricorrente;
9. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 20/09/2019, n. 23535, in motivazione).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione a C.S. delle spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processualì per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2021