Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.22081 del 02/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20004-2015 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO;

– ricorrente –

contro

G.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 232/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/04/2015 R.G.N. 574/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/02/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 22 aprile 2015, in accoglimento del gravame svolto avverso la decisione di primo grado, ha revocato il decreto opposto con il quale l’INPS aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 39.649,44 asseritamente dovuta a titolo di ratei pensionistici irregolarmente percepiti, nel periodo febbraio 1990-giugno 1995, oltre somme aggiuntive e interessi legali.

2. Premetteva la Corte che l’azione civile di restituzione intentata dall’INPS nei confronti del G. faceva seguito al procedimento penale promosso nei confronti del predetto con plurime contestazioni di reato in riferimento alla condotta perpetrata, con ausilio di terzi, con l’immissione negli archivi informatici dell’INPS di 65 contributi inveritieri da cui otteneva il trattamento pensionistico con decorrenza 1.2.1990; il procedimento si concludeva con l’assoluzione, per alcuni reati, per carenza di dolo e, per altri, per insussistenza del fatto, con decisione definitivamente confermata in secondo grado.

3. Tanto premesso, la Corte di merito riteneva non prescritto il diritto alla ripetizione, decennale, trattandosi di crediti inerenti al periodo sopra indicato, valorizzando a tal fine, nel tempo, gli atti di intimazione rivolti al debitore, la costituzione di parte civile dell’INPS nel procedimento penale e nuovo atto interruttivo.

4. Sulla dibattuta questione della sussistenza o meno del dolo, al fine della ripetibilità dell’indebito pensionistico – escluso dal percettore che invocava il giudicato penale e, per converso, affermato dall’INPS che invocava il dolo civilistico – la Corte territoriale riteneva detta questione e, in particolare, il dolo del percettore esclusi per effetto della posizione assunta dall’INPS, in sede amministrativa, nel contestare l’indebito ed operare la decurtazione di un quarto, alla stregua della sanatoria prevista dalla L. n. 448 del 2001.

5. La Corte del gravame applicava, quindi, la più favorevole sanatoria prevista dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 260, trattandosi di indebito antecedente al 1 gennaio 1996, e ravvisava tutte le condizioni normativamente prescritte per la predetta sanatoria, fra queste le condizioni reddituali sotto la soglia fissata dalla medesima normativa, in assenza di deduzioni di segno diverso dell’INPS; escludeva, infine, residuasse alcuna quota di indebito recuperabile alla stregua della disciplina successiva.

6. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS, con ricorso affidato a un motivo avverso il quale G.F. non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. L’ente previdenziale, deducendo plurime violazioni di legge (L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 8; L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 260 e ss.; L. n. 88 del 1989, art. 52; L. n. 412 del 1991, art. 13; art. 2033 c.c.) censura la sentenza impugnata e la soluzione adottata in ordine all’elemento soggettivo dell’accipiens e assume che l’unico limite che il giudice incontra nel decidere è costituito dal quadro dei fatti di causa come definito sulla base delle allegazioni e delle conclusioni delle parti, nessun rilievo potendo assumere l’indicazione normativa offerta dall’ente previdenziale, in via ammnistrativa, nel contestare l’indebito.

8. Il ricorso è da accogliere.

9. Questa Corte, ai fini dell’identificazione del dolo dell’assicurato che consente la incondizionata ripetibilità dell’indebito pur nel contesto della disciplina di favore propria dell’ordinamento previdenziale, ha da tempo affermato (Cass. n. 11498 del 1996) che le dichiarazioni non conformi al vero, i fatti e comportamenti dell’interessato positivamente indirizzati ad indurre in errore l’ente erogatore, ingenerano una rappresentazione alterata della realtà tale da incidere sulla determinazione volitiva di esso e, quindi, sull’attribuzione della prestazione, e integrano gli elementi costitutivi del dolo causam dans, elemento soggettivo che rileva, nelle varie norme limitative della ripetibilità, ad escluderne l’applicazione e a consentire, per l’effetto, l’incondizionato recupero delle somme indebitamente erogate (così il R.D. n. 1422 del 1924, art. 80, comma 3; la L. n. 88 del 1989, art. 52; il D.L. n. 463 del 1983, art. 6, comma 11 quater, conv. con modif. in L. n. 638 del 1983; la L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 1).

10. Ebbene, la qualificazione dell’elemento soggettivo costituisce attività tipica del giudice e compito del giudice è l’accertamento del dolo, agli effetti della disciplina applicabile dell’indebito previdenziale e, dunque, all’indagine, nei termini dianzi esposti, sul dolo del percettore di trattamenti previdenziali indebiti non può sopperirsi con elementi di giudizio e valutazione esterni alla persona del percettore.

11. Tale regola vale ancor più in riferimento alle scelte adottate, in via amministrativa, dall’ente previdenziale, quali, nella specie, l’aver dato corso all’applicazione della decurtazione di un quarto, in applicazione della L. n. 448 del 2001, iniziativa in ragione della quale la Corte di merito ha preteso escludere ogni indagine in ordine al dolo del percettore del trattamento indebito.

12. L’avere la sentenza impugnata ritenuto che il dolo dell’accipiens vada escluso per il solo fatto che le note amministrative dell’INPS che, sempre nei confronti del G., avevano applicato la sanatoria, per un certo periodo, prevista dalla L. n. 448 del 2001, art. 38, comma 8, anch’essa condizionata dall’assenza di dolo, costituisce violazione dell’art. 115 c.p.c., erroneamente inteso dai giudici di merito come suscettibile di integrare il principio di non contestazione anche in relazione a condotte extraprocessuali, il che non e’.

13. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, affinché proceda a nuovo esame alla luce di quanto sin qui detto.

14. Alla Corte del rinvio si demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa a sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2021

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