LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 2630 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:
B.S., (C.F.: *****) rappresentato e difeso, giusta procura in calce a margine del ricorso, dall’avvocato Alessandro Bargoni (C.F.: BRG LSN 61M02 D342C);
– ricorrente –
nei confronti di:
A.C., (C.F.: *****), avvocato difensore di sé stesso, ai sensi dell’art. 86 c.p.c.;
– controricorrente – ricorrente in via incidentale –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Ancona n. 1646/2017, pubblicata in data 6 novembre 2017;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 4 febbraio 2021 dal consigliere Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
B.S. ha proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso l’atto di precetto di pagamento notificatogli dall’avvocato A.C. sulla base di una sentenza relativa ad un giudizio intercorso tra una società e lo stesso B., contenente la condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese di lite, con distrazione in favore dell’ A., ai sensi dell’art. 93 c.p.c..
L’opposizione è stata accolta dal Tribunale di Fermo.
La Corte di Appello di Ancona, in riforma della decisione di primo grado, la ha invece rigettata.
Ricorre il B., sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l’ A., che propone a sua volta ricorso, in via incidentale, sulla base di due motivi.
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Ricorso principale.
Con il primo motivo si denunzia “omessa, insufficiente ed errata motivazione circa un punto decisivo della controversia”. Con il secondo motivo del ricorso principale si denunzia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Violazione degli artt. 75,82 e 83 c.p.c. nonché dei principi di diritto di cui alle sentenza Sezioni Unite 6070, 6071 e 6072 del 2013”.
I due motivi del ricorso principale sono logicamente e giuridicamente connessi e possono pertanto essere esaminati congiuntamente.
Essi sono inammissibili, ancor prima che manifestamente infondati.
Il ricorrente aveva dedotto, con la sua opposizione, l’inefficacia del titolo esecutivo posto dall’ A. a fondamento del precetto opposto – costituito da una sentenza, contenente la condanna al pagamento delle spese processuali, con distrazione ai sensi dell’art. 93 c.p.c., in favore del difensore perché il giudizio di cognizione si era svolto su iniziativa di una società che, al momento della sua introduzione (e del rilascio al difensore della procura ad litem), era già estinta e cancellata dal registro delle imprese.
La corte di appello ha respinto l’opposizione osservando (del tutto correttamente, in diritto) che ogni questione relativa alla corretta formazione del titolo esecutivo di formazione giudiziale va fatta valere con i relativi mezzi di impugnazione, da proporre con riguardo al provvedimento giurisdizionale stesso e non può essere fatta valere in sede di opposizione all’esecuzione.
Il ricorrente non contesta specificamente tale ratio decidendi, limitandosi a ribadire che, a suo avviso, il titolo esecutivo (cioè la sentenza di condanna al pagamento delle spese di lite, con distrazione in favore dell’avvocato A., pronunziata nei suoi confronti) sarebbe del tutto inidoneo a produrre effetti, in quanto emesso a definizione di un giudizio promosso da una società già estinta e cancellata dal registro delle imprese, per di più sulla base di una procura ad litem al difensore (distrattario) essa stessa rilasciata dopo tale cancellazione.
Non viene cioè adeguatamente colta e censurata dal ricorrente l’effettiva ratio decidendi alla base della pronunzia impugnata.
Ciò sarebbe di per sé sufficiente a determinare l’inammissibilità del presente ricorso, che peraltro è in ogni caso infondato nel merito, stante la già rilevata correttezza del principio di diritto posto dalla corte di appello a fondamento della sua decisione, per cui “in sede di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo di formazione giudiziale possono essere dedotte solo questioni relative a fatti modificativi o estintivi del rapporto successivi alla formazione del titolo e non quelle di merito, precluse o non proposte nella competente sede di cognizione” (si tratta di principio di diritto pacifico sia in dottrina che nella costante giurisprudenza di questa Corte, mai contraddetto: cfr. ex multis: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1181 del 18/02/1980, Rv. 404670 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3182 del 09/05/1983, Rv. 428089 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 766 del 28/01/1988, Rv. 457180 – 01; Sez. L, Sentenza n. 5650 del 17/10/1988, Rv. 460196 – 01; Sez. L, Sentenza n. 6278 del 22/11/1988, Rv. 460623 – 01; Sez. L, Sentenza n. 6605 del 05/12/1988, Rv. 460909 – 01; Sez. L, Sentenza n. 3007 del 12/03/1992, Rv. 476216 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2870 del 02/04/1997, Rv. 503452 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 26089 del 30/11/2005, Rv. 585846 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8928 del 18/04/2006, Rv. 590698 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 22402 del 05/09/2008, Rv. 604683 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9347 del 20/04/2009, Rv. 607522 – 01Sez. 3, Sentenza n. 12911 del 24/07/2012, Rv. 623415 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17903 del 18/10/2012, Rv. 624321 – 01).
E’ peraltro assorbente la ulteriore circostanza che le medesime questioni di diritto poste a base della presente opposizione all’esecuzione sono state in realtà poste dal ricorrente anche a base dell’impugnazione della sentenza fatta valere dal creditore intimante in via esecutiva e sono state infine dichiarate infondate, con decisione ormai passata in giudicato a seguito del rigetto del suo ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6803 del 04/05/2012, Rv. 622535 – 01), con definitiva conferma dell’efficacia di tale sentenza.
Su dette questioni sussiste quindi anche il giudicato tra le parti.
2. Ricorso incidentale.
2.1 Assume rilievo logico pregiudiziale il secondo motivo, con il quale si denunzia “Art. 360, n. 3 – violazione o falsa applicazione del disposto dell’art. 92 c.p.c. in relazione ad ipotesi di soccombenza reciproca”.
Il ricorrente sostiene che la corte di appello avrebbe disposto la compensazione delle spese del giudizio in assenza di una ipotesi di reciproca soccombenza, facendo riferimento a “gravi ed eccezionali ragioni”, il che costituirebbe violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni nella L. 10 novembre 2014, n. 162, che non lo consentirebbe e, comunque, sulla base di “argomenti del tutto estranei al giudizio e già ampiamente respinti da ben 3 giudicati tra le parti”.
Il motivo è infondato.
Il giudizio ha avuto inizio nel 2010 e la stessa sentenza di primo grado è stata pronunziata nel 2011. E’ quindi inapplicabile la formulazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, introdotta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 10 novembre 2014, n. 162, invocata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 2, della legge stessa (secondo il quale la nuova disposizione si applica ai giudizi introdotti dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione).
E’, di conseguenza, perfettamente legittima la compensazione delle spese di lite, anche in assenza di reciproca soccombenza delle parti, sulla base della sussistenza di “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”.
Sotto questo aspetto, si rileva che la corte di appello ha esplicitamente indicato nella motivazione le gravi ed eccezionali ragioni a fondamento della disposta compensazione delle spese del giudizio, facendo riferimento alle “vistose anomalie che hanno caratterizzato le vicende processuali, con riferimento, in particolare, alla corretta identificazione delle parti ed alla validità della rappresentanza legale” e aggiungendo che “le correlate incertezze circa l’esistenza e la legittimazione processuale” della società attrice “oltre che sulla validità del mandato difensivo all’avv. A., hanno dato vita ad un contenzioso giudiziale sproporzionato rispetto alla reale consistenza degli interessi in gioco”.
Si tratta di una motivazione fondata sulla considerazione di specifiche circostanze e aspetti della controversia decisa, non sindacabile in sede di legittimità in quanto non espressa con una formula generica, non illogica né erronea, che costituisce adeguata giustificazione dell’esercizio del potere discrezionale di compensazione delle spese di lite da parte del giudice del merito nonostante l’integrale accoglimento della domanda, potere fondato su norma elastica, costituita da una clausola generale prevista dal legislatore per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte dello stesso giudice del merito.
2.2 Con il primo motivo del ricorso incidentale si denunzia “Art. 360, n. 3: violazione o falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. in relazione alla mancata condanna di parte appellata al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.”.
Il ricorrente non chiarisce se aveva proposto una domanda di condanna della controparte al risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, ovvero ne aveva semplicemente richiesto la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.
Con riguardo ad una eventuale domanda ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, il ricorso sarebbe da considerare radicalmente inammissibile per difetto di specificità, non risultando neanche precisato se ed in che termini erano stati dedotti dal ricorrente specifici danni conseguenti alla pretesa mala fede o colpa grave dell’opponente nell’instaurare il presente giudizio.
In ogni caso, anche con riguardo all’eventuale mancato esercizio da parte del giudice del potere discrezionale di cui all’art. 96 c.p.c., comma 3, ogni questione resta assorbita in conseguenza del rigetto del motivo di ricorso che precede: la possibilità di una condanna della parte per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. è infatti da escludersi in caso di compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, sia con riguardo all’ipotesi di cui al comma 3 (perché la stessa disposizione espressamente la ammette solo in caso di “pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c.”, cioè in caso di condanna del soccombente al pagamento delle spese di lite), sia, in generale, in quanto la sussistenza di giusti motivi per la pronuncia di compensazione delle spese comporta una implicita esclusione dei presupposti richiesti per la condanna della parte soccombente al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 3876 del 30/03/2000, Rv. 535198 – 01; Sez. L, Sentenza n. 4804 del 24/04/1993, Rv. 482007 01; Sez. 1, Sentenza n. 7953 del 07/08/1990, Rv. 468633 01) 3. E’ dichiarato inammissibile il ricorso principale.
E’ rigettato il ricorso incidentale.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in ragione della rispettiva reciproca soccombenza parziale.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (sia con riguardo al ricorso principale che con riguardo a quello incidentale).
PQM
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso principale;
rigetta il ricorso incidentale;
– dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti (principale ed incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 4 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2021
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