Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22118 del 03/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23135/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Gruppo TS S.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore legale, rappresentata e difesa dall’avvocato Paola Brambilla, con studio in Bergamo via Verdi 3, domiciliata in Roma, Piazza Gondar 22, presso lo studio dell’avvocato Antonino Garofalo;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 964/64/14, depositata il 21 febbraio 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 aprile 2021 dal Consigliere Adet Toni Novik.

RILEVATO

che:

– l’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale in epigrafe indicata che, in riforma della sentenza della CTP di Bergamo, aveva accolto l’appello del Gruppo TS S.r.l. proposto contro l’avviso di accertamento per Iva, Ires e Irap relativo all’anno di imposta 2008, con cui erano stati ripresi a tassazione i costi e l’Iva riferiti ai rapporti intrattenuti con le società Casanova e Sibir (questi ultimi non più oggetto di contestazione);

– la ripresa faceva seguito alla mancata esibizione in sede di verifica fiscale del contratto di appalto stipulato con la Casanova S.r.l. e dei documenti inerenti (riguardanti la produzione giornaliera, ordini di lavorazione sottoscritti dalle parti, scheda tecnica, un progetto, un elaborato tecnico di lavorazione, documenti di stato avanzamento lavori); i documenti in questione erano stati prodotti con il ricorso di primo grado;

– la CTR ha ritenuto ammissibile la produzione dei documenti in sede contenziosa, ad eccezione del contratto di appalto che ha ritenuto non probante, da cui traeva “il convincimento che le operazioni descritte nelle fatture oggetto del presente giudizio siano realmente avvenute e pertanto i relativi costi e la detrazione Iva devono essere riconosciuti”;

– il ricorso è affidato a due motivi; la società si è costituita con controricorso.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso, l’agenzia eccepisce “Nullità della sentenza per mancanza del requisito motivazionale previsto dal combinato disposto del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 61 e art. 36, comma 2, n. 4, e violazione dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, per aver la CTR omesso di esporre le ragioni che l’avevano indotta ad accogliere il ricorso; si sostiene che il mero rinvio al quadro probatorio acquisito non soddisfi l’obbligo del giudice di motivare la propria decisione;

– la censura è inammissibile: secondo l’insegnamento di questa Corte, “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 1756 del 2006, n. 16736 del 2007, n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento); mentre tale vizio resta escluso con riguardo alla valutazione delle circostanze in senso difforme da quello preteso dalla parte (Cass. 8 gennaio 2009, n. 161; Cass. Sez. U, 21 dicembre 2009, n. 26825); nel caso in esame, la sentenza non merita censura perché espone in maniera intelligibile e completa le ragioni della decisione di riforma;

– la sentenza impugnata non merita affatto cassazione per il dedotto vizio motivazionale, posto che, comunque espone le ragioni essenziali per le quali ha accolto il gravame della società contribuente, all’esito di una valutazione fatta dei documenti prodotti. Si può dunque affermare che la motivazione della sentenza medesima superi la soglia del c.d. “minimo costituzionale”. Trattandosi di motivazione che esplicita le ragioni della decisione, eventuali profili di “insufficienza o erroneità” della motivazione non determinano nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

– Con il secondo motivo di ricorso, l’agenzia eccepisce “Violazione/falsa applicazione di norme di diritto contenute nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, commi 3 e 4 nel testo vigente ratione temporis nonché del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 5, e art. 52, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, laddove la CTR, in contrasto con le norme sopra richiamate che consentono al contribuente di “depositare in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado le notizie, i dati e i documenti richiesti, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”, aveva utilizzato ai fini della decisione i documenti, prodotti in fase contenziosa, di cui era stata omessa l’esibizione nel corso della verifica;

– preliminarmente si osserva che, al di là dell’erronea indicazione del paradigma normativo di riferimento, il contenuto del motivo in esame è chiaramente riconducibile a censurare la violazione della legge sostanziale, potendosi quindi ritenere superata l’erronea indicazione formale alla luce di quanto parte ricorrente illustra come ragione specifica della doglianza prospettata;

– la censura è fondata;

– recita il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, commi 5 e 10, nel testo vigente ratione temporis, disposizione espressamente operante, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, anche per l’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche in materia di accertamento delle imposte sui redditi: “I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione…Se il contribuente dichiara che le scritture contabili o alcune di esse si trovano presso altri soggetti deve esibire una attestazione dei soggetti stessi recante la specificazione delle scritture in loro possesso. Se l’attestazione non è esibita e se il soggetto che l’ha rilasciata si oppone all’accesso o non esibisce in tutto o in parte le scritture si applicano le disposizioni del comma 5”. Secondo poi il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, commi 3 e 4, nel testo vigente ratione temporis, “Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta. Le cause di inutilizzabilità previste dal comma 3, non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri ed i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”;

– il giudice di appello non ha correttamente rilevato e ricostruito la fattispecie concreta dedotta in giudizio alla stregua degli atti prodotti in giudizio, in quanto, pur avendo riconosciuto che la contribuente non aveva esibito i documenti (come in precedenza dettagliati) richiesti dai verificatori – i quali avevano specificato che da tale condotta derivavano le conseguenze (inutilizzabilità probatoria, a favore del contribuente, dei documenti successivamente prodotti) previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, e dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 3 e 4, in caso di “rifiuto di esibire” -, erroneamente detto giudice ha ritenuto ammissibile e valutabile ai fini probatori la produzione documentale, pur non avendo la contribuente fornito dimostrazione della causa di forza maggiore che aveva impedito di ottemperare all’invito di esibizione, conseguentemente ritenendo venuti meno, con il deposito in giudizio dei predetti documenti, anche i presupposti che avevano legittimato il recupero dei costi e dell’Iva; – non pertinente sul punto è il richiamo del controricorrente alla sentenza SU n. 45/2000, che riguarda la questione se la dichiarazione, resa dal contribuente nel corso di un accesso, di non possedere libri, registri, scritture e documenti (compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sia obbligatoria) richiestigli in esibizione determini la preclusione a che gli stessi possano essere presi in considerazione a suo favore ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa: situazione diversa dalla presente dacché, come ritenuto anche dalla CTR, nel caso in esame vi era stata una “mancata risposta”;

– sussistono, pertanto, gli errori di diritto denunciati, per cui il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla CTR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione per nuovo esame.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021

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