LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13088/2019 R.G. proposto da Avv. C.S., rappresentato e difeso da sé stesso e dall’Avv. Antonino Brucato, con domicilio eletto in Roma, Viale Giuseppe Mazzini, n. 55, presso lo studio dell’Avv. Antonio Sinesio;
– ricorrente –
contro
Il Sole 24 Ore S.p.a., O.G., e R.G., rappresentati e difesi dall’Avv. Caterina Malavenda, e dall’Avv. Valentino Sirianni, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Carlo Poma, n. 2;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, n. 1998/2018 depositata l’8 ottobre 2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 maggio 2021 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
FATTI DI CAUSA
1. L’Avv. C.S. ricorre, con tre mezzi, nei confronti de Il Sole 24 Ore S.p.a. e di O.G. e R.G., per la cassazione della sentenza in epigrafe che ha confermato il rigetto, statuito dal primo giudice, della sua domanda risarcitoria per i danni subiti in conseguenza della pubblicazione di articoli asseritamente diffamatori, a firma dell’ O., sulla testata giornalistica della predetta società, nelle edizioni del ***** e del ***** (sotto la direzione pro tempore del R.).
Vi resistono gli intimati, depositando controricorso.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso si espone ad un preliminare ed assorbente rilievo di inammissibilità, per palese inosservanza del requisito di contenuto-forma prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.
Risulta, infatti, radicalmente carente l’esposizione sommaria dei fatti, da detta norma richiesta a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, allo scopo di garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. Sez. U 18/05/2006, n. 11653).
La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. Sez. U. 20/02/2003, n. 2602; Cass. Sez. U. 28/11/2018, n. 30754).
Stante tale funzione, per soddisfare detto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.
Nel caso di specie il ricorso, come detto, si limita, alle pagg. 2-3, ad una sintesi della vicenda processuale, omettendo del tutto qualsiasi riferimento al fatto sostanziale e senza dunque indicare quali fossero le ragioni in fatto e in diritto delle pretese risarcitorie, quali le difese opposte dai convenuti, quale lo svolgimento del giudizio di primo grado, quali i motivi del rigetto in primo grado di tali pretese, in che modo fosse stata impugnata la sentenza, quale fosse stato lo svolgimento del giudizio di appello, quali le ragioni della decisione, quali le questioni, di rito e/o di merito, trattate.
L’atto in definitiva, venendo palesemente meno al requisito prescritto a pena di inammissibilità dalla menzionata norma processuale e alla sua funzione, non consente in alcun modo di avere una qualche contezza anzitutto – e del tutto – dei fatti sostanziali, ma anche di quelli processuali dibattuti nel corso del giudizio.
2. Resta conseguentemente assorbito l’esame dei singoli motivi di ricorso e prima ancora, per vero, ne è impedita una adeguata comprensione: il carattere assertivo dei motivi stessi, limitati ad alcuni specifici aspetti della vicenda, non consente di giungere nemmeno per il loro tramite ad avere adeguata contezza dei fatti e delle questioni trattate, neppure potendo sopperire la memoria a colmare le lacune originarie del ricorso (ciò per costante insegnamento: da ultimo, v. Cass. Sez. U. ord. 09/03/2020, n. 6691).
3. Il ricorso deve essere in definitiva dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
4. Non sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente al pagamento di una somma ex art. 96 c.p.c., comma 3, come richiesto dai controricorrenti: il ricorso, nel suo complesso, non rivela con immediatezza un uso meramente strumentale del potere di impugnazione ascrivibile ad ipotesi di abuso del processo.
5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021