Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.22177 del 03/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13452-2015 proposto da:

EDILPINI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato QUIRINO D’ANGELO, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE MEZZANOTTE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, LELIO MARITATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1024/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 27/11/2014 R.G.N. 1300/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2021 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto della domanda di accertamento negativo proposta dalla soc Edilpini avverso il verbale con il quale l’Inps aveva inteso recuperare gli sgravi, ex lege n. 448 del 1998 per il periodo 1/4/2000-30/11/2002, richiedendo il pagamento di Euro 47.464. L’Istituto aveva ritenuto illegittimo il ricorso agli sgravi per mancata creazione di nuova occupazione, ravvisando invece un mero passaggio di alcuni dipendenti dalla preesistente ditta P.N., alla soc Edilpini.

La Corte, rigettata l’eccezione di prescrizione, ha ritenuto che la società su cui gravava l’onere probatorio, non avesse fornito idonea dimostrazione di un effettivo incremento occupazionale. Ha rilevato, infatti, che si era verificata una mera riassunzione da parte dell’appellante dei medesimi lavoratori precedentemente occupati dalla ditta individuale P.N. – rimasti disoccupati per pochissimi giorni, essendo stati riassunti quasi immediatamente dalla società appellante che li aveva adibiti alle medesime mansioni, senza che il numero complessivo dei lavoratori occupati fosse risultato aumentato.

La Corte ha rilevato, inoltre, che dalla documentazione in atti emergeva che la soc appellante costituiva diretta emanazione dello stesso nucleo proprietario facente riferimento alla famiglia P. controllante sia la ditta individuale, sia la P. Costruzioni srl, e dunque si era in presenza di un comune centro di interessi convergenti.

2. Avverso la sentenza ricorre la soc Edilpini srl con quattro motivi. Resiste l’Inps. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione della L. 448 del 1998, art. 3, commi 5 e 6.

Osserva che i lavoratori al momento dell’assunzione erano disoccupati; che era irrilevante la circostanza che essi prima lavorassero per l’impresa individuale di P.N., nonché il periodo intercorso tra la cessazione del rapporto con l’impresa individuale e la nuova assunzione, non fissando la norma un periodo preciso e che vi era stato un aumento occupazionale della singola impresa, essendo erroneo includere nel conteggio anche la diversa impresa individuale.

4.Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 2359 c.c.. Censura l’erroneo sussistenza affermata dalla Corte di un collegamento ex art. 2359 c.c. tra le due imprese, ravvisato solo nel rapporto di parentela tra l’amministratore unico della Edilpini e P.N.; nella comunanza della sede legale ed operativa e dell’attività svolta e nella partecipazione societaria nella Edilpini di P.N.. Deduce che non sussisteva una forma di controllo diretto o indiretto tra le due imprese; che non vi era collegamento stante la mera esistenza di un rapporto di parentela tra le persone fisiche.

5.Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.. L’Inps non aveva mai contestato la sussistenza dell’ipotesi di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 6, lett. D) e la Corte aveva invece emesso una pronuncia, pur a fronte della non contestazione.

6.Con il quarto motivo denuncia insufficiente motivazione. Osserva che la Corte non aveva motivato in modo sufficiente le ragioni per le quali non aveva preso in considerazione le deposizioni dei testi P..

7. I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati. Gli sgravi contributivi previsti dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 3, comma 5 (applicabile “ratione temporis”) hanno lo scopo di favorire lo sviluppo delle imprese operanti nel Mezzogiorno e l’effettiva occupazione di nuovi dipendenti, per cui è condizione per il loro riconoscimento, ai sensi dell’art. 3, comma 6, lett. d) citata legge, che le aziende operanti in tali territori abbiano realizzato l’effettiva creazione di nuovi posti di lavoro, eccedenti rispetto al personale già occupato nelle stesse attività al 31 dicembre dell’anno precedente. Ne consegue che non ricorre il requisito dell’effettivo incremento occupazionale ove l’impresa, senza creare nuovi posti di lavoro, si sia limitata a succedere nei rapporti lavorativi, non a rischio, facenti capo ad un’altra azienda.

Spetta all’impresa richiedente gli sgravi fornire la prova di un effettivo incremento occupazionale e che, dunque, tale incremento occupazionale non sia il risultato di un mero trasferimento dei lavoratori da imprese controllate o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

8. Nella specie la Corte territoriale ha accertato che la ditta individuale P. operava nel settore dell’edilizia ed occupava alle sue dipendenze i tre lavoratori di cui al verbale di accertamento Inps; che la soc Edilpini, avente la stessa sede legale ed attiva nel medesimo settore, aveva assunto i tre lavoratori adibendoli alle stesse mansioni svolte in precedenza presso l’impresa di provenienza; che la soc Edilpini aveva come soci P.N., titolare della ditta individuale, ed i suoi figli, P.L. e A., ed era amministrata da P.L.; che l’impresa industriale e la società operavano nel medesimo capannone industriale di Chieti; che tra la cessazione del rapporto dei tre lavoratori con la ditta individuale e l’assunzione da parte della società era intercorso un breve periodo.

La Corte, sulla base di tali elementi di fatto, ha concluso escludendo qualsiasi incremento occupazionale, ma una mera riassunzione da parte della soc Edilpini dei medesimi lavoratori prima occupati presso la ditta individuale.

9. Quanto alle censure relative alla violazione dell’art. 2359 c.c. gli argomenti della Corte territoriale devono trovare accoglimento. Va qui ribadito che ostano al riconoscimento del beneficio non soltanto quei rapporti – tra detta impresa e quella che abbia proceduto a detta collocazione – che si concretizzino in forme di controllo e/o di collegamento espressamente regolate dall’art. 2359 c.c. (anche nel nuovo testo di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003), ma pure quei rapporti tra imprese che si traducano, sul piano fattuale, in condotte costanti e coordinate di collaborazione e di comune agire sul mercato, in ragione di un comune nucleo proprietario o di altre specifiche ragioni attestanti costanti legami di interessi anche essi comuni (legami di coniugio, di parentela, di affinità o finanche di collaudata e consolidata amicizia tra soci, ecc.), che conducano ad ideare, o fare attuare, operazioni coordinate di ristrutturazione, comportanti il licenziamento da parte di un’impresa e l’assunzione di lavoratori da parte dell’altra, e che oggettivamente attestino l’utilizzazione dei benefici per finalità diverse da quelle per le quali essi sono stati concepiti. (cfr Cass. 9224/2006, n. 20499/2008, n. 16288/2011, n. 20504/2018).

10. Nella specie la Corte territoriale, richiamati tutti gli elementi di fatto emersi dalla documentazione e dall’istruttoria, ha escluso che nel caso in esame non fosse rinvenibile alcuna forma di controllo e di collegamento nell’accezione di cui all’art. 2359 c.c., come preteso dalla società Edilpini, ed ha sottolineato che dalla documentazione in atti emergeva chiaramente che la società appellante costituiva diretta emanazione dello stesso nucleo proprietario (facente riferimento alla famiglia P.) e che, dunque, si era in presenza di un comune centro di interessi convergenti, in grado di ideare ed attuare un’operazione coordinata di ristrutturazione, comportante il licenziamento di taluni dipendenti da un’azienda e la loro assunzione da parte dell’altra. (cfr Cass. n 9662/2019).

11. La sentenza non risulta dunque censurabile, avendo valorizzato non soltanto il collegamento formale di cui all’art. 2359 c.c., ma anche la concreta esistenza di una direzione comune che ha desunto dagli elementi di fatto evidenziati.

12. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese di lite. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese di lite liquidate in Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021

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