LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35910-2019 proposto da:
***** SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO N. 32, presso lo studio dell’avvocato BRUNO CHIARANTANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO UGO CAMPANER;
– ricorrente –
contro
T.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FAUSTO BARATELLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4794/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
FATTI DI CAUSA
1.Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., T.L. adiva il Tribunale di Venezia, esponendo di aver svolto attività professionale, nella sua qualità di notaio, in favore della società ***** s.r.l. e, ciò premesso, chiedeva la condanna di parte convenuta al pagamento della somma di Euro 18.300,00, oltre interessi e spese, a titolo di compenso per l’attività prestata.
1.1. Si costituiva in giudizio la ***** s.r.l. ed eccepiva la prescrizione presuntiva del debito ex art. 2956 c.c., sostenendo che le prestazioni erano state interamente compensate.
1.2. La T. chiedeva quindi l’ammissione del giuramento decisorio del legale rappresentante della ***** s.r.l., con formula dal seguente tenore “giuro e giurando affermo o nego di aver pagato al notaio T.L. la somma complessiva di Euro 18.300,00, di cui Euro 15.000,00 imponibili ed Euro 3300,00 per IVA, per compensi professionali per la redazione dei seguenti atti che mi si esibiscono”.
1.3. Il Tribunale di Venezia accoglieva la domanda della ricorrente, ritenendo ingiustificata la mancata comparizione del legale rappresentante della società all’udienza fissata per l’assunzione del giuramento. Osservava, a tal proposito, il giudicante di prime cure come non integrasse giustificato motivo, ex art. 239 c.p.c., la circostanza, addotta da parte convenuta a sostengo della propria condotta processuale, dell’asserita erroneità del quesito formulato per non avere quest’ultimo riprodotto, quanto alle modalità estintive dell’obbligazione, la tesi difensiva sostenuta da parte resistente.
1.4. Avverso detta ordinanza proponeva gravame, innanzi alla Corte d’appello di Venezia, la ***** s.r.l., censurando la decisione adottata dal primo giudice per avere quest’ultimo ritenuto ammissibile la formula utilizzata per il giuramento decisorio, nonostante la stessa contemplasse, quanto alle modalità di estinzione dell’obbligazione, non già la tesi difensiva della parte alla quale il giuramento era deferito – in forza della quale l’obbligazione sarebbe stata estinta per compensazione -, bensì quella addotta dalla parte che aveva richiesto l’assunzione della prova legale, per la quale l’obbligazione non si sarebbe estinta con il pagamento degli importi richiesti.
1.5. Con la sentenza quivi impugnata, la Corte d’appello di Venezia rigettava il gravame proposto da parte appellante, rilevando la correttezza della formula del giuramento decisorio. Osservava, sul punto, il giudicante di seconde cure come, in materia di giuramento decisorio finalizzato a paralizzare un’eccezione di prescrizione presuntiva, l’onere, in capo al deferente il giuramento, di comprendere, nella relativa formula, la tesi del debitore concernente l’estinzione del debito sussista nel solo caso in cui quest’ultimo abbia puntualmente provveduto ad allegare con precisione la specifica modalità di estinzione della relativa obbligazione. Di contro, ove, come nel caso di specie, il debitore si sia limitato ad una descrizione generica ed imprecisa delle modalità di estinzione del debito adducendo semplicemente di aver compensato il creditore per l’attività svolta -, nessuna critica può essere mossa alla tecnica di formulazione del quesito che, per far fronte a siffatta lacunosa allegazione, utilizzi il termine generico “pagamento”, come tale includente tutte le forme di attribuzione di un’utilità patrimoniale come corrispettivo e, in quanto tale, suscettibile di specificazione, da parte del delato, in sede di giuramento.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la società ***** s.r.l. sulla base di un unico motivo.
2.1. Ha resistito con controricorso T.L..
3. In prossimità dell’udienza, la società Life S.r.l. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
4. Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380 c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. 1. Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2956 e 2960 c.c. nonché dell’art. 239 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la formula del giuramento decisorio non rispecchierebbe la tesi del debitore secondo cui l’estinzione del debito sarebbe avvenuta non con il pagamento ma mediante “compensazione” dell’attività svolta dal notaio. Pertanto, alla luce della mancanza di corrispondenza tra la formula del giuramento decisorio e l’affermazione difensiva della ***** s.r.l., la ricorrente non aveva prestato giuramento perché, nel farlo nei termini prospettati, avrebbe giurato il falso, né avrebbe potuto indicare, in sede di giuramento, la specifica modalità di estinzione dell’obbligazione poiché, così facendo, il giuramento sarebbe stato considerato come non ammesso. Non sarebbe quindi condivisibile l’affermazione della corte di merito, secondo cui il delato avrebbe potuto fornire chiarimenti non essendo possibile apportare modifiche alla formula ammessa, dichiarando che l’estinzione sarebbe avvenuta in altro modo.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. La prescrizione presuntiva è fondata sulla presunzione di adempimento dell’obbligazione e implica il riconoscimento dell’esistenza del credito nella stessa misura richiesta dal creditore. Al fine di superare tale presunzione, gli unici mezzi idonei sono, quanto alla posizione del debitore opponente, l’ammissione di non avere estinto l’obbligazione, e, quanto a quella del creditore, il deferimento al debitore del giuramento decisorio (Cass. 11195/2007; Cass. 19240/2004; Cass. 785/1998).
1.3. Quest’ultimo deve essere formulato in modo chiaro e specifico – art. 233 c.p.c., comma 2, – e deve includere la tesi difensiva sostenuta dal debitore, in modo che, a seguito della prestazione del giuramento, il giudice possa limitarsi a verificare l'”an furatum sit”, onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto. La valutazione – positiva o negativa – della decisorietà della formula adottata è rimessa all’apprezzamento del giudice del merito ed è sindacabile solo in presenza di vizi logici o giuridici della motivazione (Cass. 9831/2014; Cass. 24025/2009).
1.4. Ne consegue che se il debitore si sia limitato ad eccepire in via generica l’estinzione, senza circostanziare le modalità del pagamento, la formula deve essere, a sua volta generica, mentre solo se sia stato precisamente indicato il modo in cui l’estinzione è avvenuta, detta formula deve aver riguardo alle circostanze del pagamento a pena di inammissibilità del giuramento (Cass. civ., sez. Il, 28/10/2019, n. 27471; Cass. 292/1977).
1.5. Nel caso di specie, parte ricorrente si era limitata ad eccepire, a sostegno dell’avvenuta estinzione dell’obbligazione oggetto di giudizio, una generica compensazione dei reciproci rapporti obbligatori non meglio definiti, con ciò lasciando intendere, come corettamente rilevato dalla corte territoriale, che non si trattasse di una compensazione in senso tecnico quanto di una modalità imprecisata di adempimento dell’obbligazione.
1.6. Ed è proprio alla luce di siffatta genericità della difesa della società convenuta che la corte distrettuale ha ritenuto ammissibile la formula del giuramento decisorio deferito dalla T., ritenendo che la locuzione “pagamento” ivi contenuta rappresentasse, in ragione della sua riferibilità a tutte le forme di attribuzione di un’utilità patrimoniale come corrispettivo, l’unica descrizione di una modalità estintiva dell’obbligazione in grado di sopperire, nel rispetto delle generiche argomentazioni difensive addotte sul punto dalla parte debitrice, alle carenze probatorie a quest’ultima imputabili.
1.7. Correttamente, quindi, la corte d’appello di Venezia ha ritenuto ammissibile la formula del giuramento deferito dalla T. al legale rappresentante della società debitrice con la seguente formula “giuro e giurando affermo o nego di aver pagato al notaio T.L. la somma complessiva di Euro 18.300,00, di cui Euro 15.000,00 imponibili ed Euro 3300,00 per IVA, per compensi professionali per la redazione dei seguenti atti che mi si esibiscono”. Detta formula comprendeva la tesi difensiva della convenuta che genericamente aveva dedotto di aver compensato il notaio in altro modo.
1.8. Conseguentemente, la Corte di merito, con valutazione rimessa al suo apprezzamento, ha verificato l'”an iuratum sit” e, poiché il debitore si era limitato ad eccepire in via generica l’estinzione, senza circostanziare le modalità del pagamento, ha ritenuto che la formula del giuramento dovesse essere, a sua volta generica, mentre solo ove fosse stato precisamente indicato il modo in cui l’estinzione è avvenuta, detta formula doveva aver riguardo alle circostanze del pagamento.
1.9.Il ricorso va pertanto rigettato.
2.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
3.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Suprema Corte di cassazione, il 3 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021
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