Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.22236 del 04/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26953-2019 proposto da:

B.I., rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO CIANCI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3045/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 20/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

RILEVATO

che:

e’ stata impugnata da B.I., cittadino del *****, la sentenza n. 3045/2018 della Corte di Appello di Milano.

Il ricorso è fondato su due motivi e non è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello stato di rifugiato politico, e protezione sussisiaria o umanitaria.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Milano.

Quest’ultimo respingeva il ricorso.

Avverso la decisione del Tribunale di prima istanza l’odierno ricorrente interponeva appello a sua volta rigettato con la decisione oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. con ordinanza in camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo mezzo di impugnazione si deduce la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19.

In sostanza parte ricorrente lamenta la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi e della dovuta cooperazione istruttorie, da parte dei Giudici del merito.

Il motivo non può essere accolto.

La prospettata inesistenza di un esame approfondito della fattispecie eri atta mancato svolgimento di un “ruolo attivo nell’istruzione” è censura non ammissibile.

In ricorso vengono ignorati, in tema di “ruolo attivo (del Giudice) disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario” i più recenti orientamenti giurisprudenziali di questa Corte in materia.

Non sussiste, quindi, alcuna – pure inammissibilmente lamentata – omessa attivazione dei poteri officiosi.

In particolare viene del tutto eluso l’insegnamento del più recente orientamento per cui “la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il Giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio” (Cass. n. ri 27336/2018 e 14621/2020).

Nella fattispecie nulla risulta aver allegato – quale fatto costitutivo – la parte ricorrente, così non potendo oggi invocare il detto principio istruttorio officioso.

Il motivo e’, perciò, inammissibile.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce, ex artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5.

In sostanza parte ricorrente lamenta – testualmente – che “la Corte di Appello di Venezia (rectius: Milano)” ha errato affermando che il ricorrente non ha allegato niente di rilevante per corroborare le sue affermazioni” e che “non vi sono obblighi costituzionali atti a giustificare la concessione” di quanto richiesto.

Il motivo è inammissibile perché parte ricorrente non dice, specifica e riporta quello che avrebbe detto e allegato nel giudizio di merito e che costituirebbe la valutazione della sua mancata attivazione.

Non appare, invero, ammissibile pretendere con censura in sede di giudizio di legittimità una sorta di dovere di cooperazione istruttoria senza fine del Giudice del merito.

Dell resto – proprio ispirandosi ai predetti principi giurisprudenziali innanzi citati sub 1., la Corte distrettuale ha correttamente evidenziato, al riguardo, proprio il mancato adempimento dei dovuti oneri di allegazione da parte dell’appellante, cui non poteva che conseguire l’inesistenza di alcun obbligo di cooperazione istruttoria.

Il motivo e’, dunque, inammissibile.

3.- Deve, conseguentemente, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

4.- Nulla va statuito in relazione alle spese del giudizio stante il mancato svolgimento di attività difensiva ad opera della parte intimata.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando -allo stato – il ricorrente ammesso al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021

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