LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16726-2015 PROPOSTO da:
ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA INPGI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CITTA’ METROPOLITANA DI ROMA CAPITALE, succeduta ex lege alla Provincia di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 119/A, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA DE MAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonche contro ROMA CAPITALE, già Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEL TEMPIO DI GIOVE N. 21, presso lo studio dell’Avvocato FEDERICA GRAGLIA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonche contro AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 8118/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/11/2014 R.G.N. 2242/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/02/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 19.11.2014, la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato non dovute le somme pretese dall’INPGI nei confronti dell’Amministrazione Provinciale di Roma a titolo di contributi previdenziali relativi a giornalisti occupati presso l’Ufficio stampa con rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
che avverso tale pronuncia l’INPGI ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che la Città Metropolitana di Roma Capitale, successore dell’Amministrazione Provinciale di Roma, e Roma Capitale, hanno resistito con distinti controricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia violazione dell’art. 2126 c.c., D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, art. 38 Cost. e art. 12 preleggi, per avere la Corte di merito ritenuto che la nullità dei rapporti di collaborazione in virtù dei quali i giornalisti avevano prestato la loro opera in favore dell’ente pubblico, siccome dissimulanti altrettanti rapporti di lavoro di tipo subordinato instaurati in violazione del principio dell’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione mediante pubblico concorso, non mettesse capo ad altro che al risarcimento dei danni in favore del lavoratore illegittimamente impiegato, senza che ne potessero discendere obblighi di natura previdenziale;
che, con il secondo e il terzo motivo, l’Istituto ricorrente lamenta violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., art. 111 Cost. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per non avere la Corte territoriale tenuto conto del fatto che la giornalista T.A., differentemente dagli altri addetti all’Ufficio stampa, era già dipendente dell’Amministrazione Provinciale di Roma, di talché quanto meno nei suoi confronti non poteva applicarsi il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, nell’interpretazione datane dalla sentenza impugnata;
che il primo motivo è fondato, atteso che – in disparte l’obiter dictum di Cass. n. 12964 del 2008 – la giurisprudenza di questa Corte è solidamente attestata nel senso che qualora si accerti che la prestazione lavorativa resa in favore di un ente pubblico non economico, in forza di un contratto formalmente qualificato di collaborazione autonoma, ha di fatto assunto i caratteri della subordinazione, sussiste a carico dell’ente l’obbligo di versamento della contribuzione previdenziale e assistenziale, che trova fondamento nell’art. 2126 c.c. (così da ult. Cass. n. 3314 del 2019);
che, pertanto, assorbiti il secondo e il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021