Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.22284 del 04/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14820/2019 proposto da:

O.L., elettivamente domiciliato in Pescara, piazza San Andrea n. 13, presso lo studio dell’avv. A. Ciafardini, che lo rappresenta e difende, per procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 29/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2021 dal cons. SOLAINI LUCA.

RILEVATO IN FATTO

che:

Il Tribunale di Lecce ha respinto il ricorso proposto da O.L. cittadino della Nigeria, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di avere lasciato il proprio paese in quanto era rimasto coinvolto in un’aggressione ai danni del padre e ad opera dello zio paterno che si opponeva a che il fratello diventasse capo del villaggio e il ricorrente ha riferito di temere che, in caso di rimpatrio, potesse subire la stessa sorte del genitore.

Il tribunale ha ritenuto che la vicenda narrata era afferente alla sfera personale e in particolare ai contrasti sorti con il fratello del padre del richiedente in ordine alla successione nella posizione di capo villaggio e al timore soggettivo non suffragato da idonei elementi di subire un pregiudizio per mani dello zio. Il tribunale ha reputato, pertanto, insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, non essendo emerse situazione di persecuzione, così come elencate nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7. Il medesimo tribunale ha accertato, inoltre, l’inesistenza di situazioni di violenza indiscriminata in Nigeria, per l’assenza di conflitti armati. Il primo giudice non ha ravvisato, infine, la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (1) sotto un primo profilo, per il vizio di nullità del decreto impugnato, ex art. 134 c.p.c. n. 2 (rectius ex art. 132, comma 2, n. 4) per motivazione contraddittoria e/o apparente non essendo percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni inidonee, contraddittorie ed illogiche per giustificare il rigetto del gravame, (2) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non avere il tribunale applicato nella specie il principio dell’onere probatorio attenuato e per non avere valutato la credibilità del richiedente alla luce dei parametri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5; (3) sotto un terzo profilo, per violazione dell’art. 14, lett. c), per non avere il tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del cittadino straniero derivante da una situazione di violenza indiscriminata; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere il tribunale riconosciuto la sussistenza dei motivi umanitari per la concessione della relativa tutela.

In via preliminare e dirimente va dichiarata l’estinzione del giudizio, per rinuncia al ricorso in cassazione, ex art. 390 c.p.c., con richiesta di compensazione delle spese di giudizio, rinuncia che risulta notificata alle parti controricorrenti (vedi ricevute pec del 26.2.21).

Va dato atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis; ed invero, secondo il prevalente orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, la ratio del citato l’art. 13, comma 1-quater, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame ma non – come nella specie per quella sopravvenuta (Cass., ord., 31 gennaio 2014, n. 2226; Cass. 15 settembre 2014, n. 19464; Cass., ord. 2 luglio 2015, n. 13636; Cass., ord., 28 aprile 2016, n. 8461; Cass. 4 agosto 2016, n. 16305; Cass. 21 settembre 2016, n. 18528; Cass., 12/02/2018, n. 3288; Cass., ord. 7/12/2018, n. 31732; Cass., ord., 7/06/2018, n. 14782).

Alla luce dell’esito del presente giudizio, si giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

Dichiara l’estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021

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