Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.22291 del 04/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21582/2020 proposto da:

O.J., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Livio Neri in forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege;

– resistente –

avverso la sentenza n. 330/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 31/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/05/2021 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 O.J., cittadino della Nigeria ha adito il Tribunale di Brescia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di essere figlio del proprietario di un negozio di articoli informatici a *****, che in seguito all’incendio del negozio era caduto in povertà; di essersi trasferito con la famiglia nel villaggio natio in *****; di aver lasciato il proprio paese nel 2015 in seguito alla morte in strane circostanze del padre e del fratello; che suo padre era morto avvelenato al ritorno da una cerimonia commemorativa della propria madre, a cui avevano partecipato anche due suoi fratelli minori con cui non era in buoni rapporti per ragioni ereditarie; che un amico del padre aveva denunciato i due zii, che erano stati arrestati e poi liberati in mancanza di prove; che l’amico in questione era poi stato minacciato; che suo fratello invece era stato accoltellato di notte in casa; che, pur sospettando anche in questo caso gli zii, non aveva denunciato l’episodio, sapendo che la gente povera non veniva creduta; che gli zii avevano interesse a sterminare tutta la sua famiglia per ragioni ereditarie.

Con ordinanza del 23/10/2017 il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. L’appello proposto da O.J. è stato rigettato dalla Corte di appello di Brescia, a spese compensate, con sentenza del 31/3/2020.

3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso O.J., con atto notificato il 23/7/2020, svolgendo quattro motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita solo con memoria del 2/9/2020 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1 e 5, al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 per motivazione apparente.

1.1. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto non credibile il racconto del richiedente asilo esclusivamente per la sua illogicità.

Il motivo è inammissibile perché sotto lo schermo della denuncia di apparenza della motivazione mira in realtà a richiedere, oltretutto in modo del tutto generico, la rivalutazione da parte della Corte di cassazione, giudice di legittimità, degli accertamenti di fatto e delle valutazioni delle prove compiute dal giudice del merito in ordine alla credibilità del racconto del richiedente asilo.

1.2. In linea di principio, la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, incombendo al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Sez.6, 25/07/2018, n. 19716).

L’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Sez.6, 27/06/2018, n. 16925; Sez.6, 10/4/2015 n. 7333; Sez.6, 1/3/2013 n. 5224).

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1 e 2, impongono al richiedente un dovere di cooperazione consistente nell’allegare, produrre o dedurre “tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare” la domanda di protezione internazionale. In ordine alla documentazione la norma mitiga l’obbligo di produzione, coerentemente con il più incisivo obbligo dell’autorità decidente di informarsi in modo adeguato e pertinente alla richiesta, indicando i documenti “comunque appena disponibili”.

Nel comma 2 viene specificato, tuttavia, che gli elementi rilevanti che il richiedente è tenuto a fornire devono riferirsi alla sua età, condizione sociale, anche dei congiunti, se rilevante ai fini del riconoscimento, identità, cittadinanza, paesi e luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d’asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di identità e di viaggio, nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale. Il comma 5 infine stabilisce che anche quando tali circostanze non siano suffragati da prove, la veridicità delle dichiarazioni deve essere valutata alla stregua dei seguenti indicatori: a) il compimento di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) la sottoposizione di tutti gli elementi pertinenti in suo possesso e di una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente debbono essere coerenti e plausibili e non essere in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone; d) la domanda di protezione internazionale deve essere presentata il prima possibile, a meno che il richiedente non dimostri un giustificato motivo per averla ritardata; e) la generale attendibilità del richiedente, alla luce dei riscontri effettuati.

L’esame delle lettere c) ed e) sopra indicate evidenzia che il giudizio di veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere integrato dall’assunzione delle informazioni relative alla condizione generale del paese, quando il complessivo quadro allegativo e probatorio fornito non sia esauriente purché il giudizio di veridicità alla stregua degli altri indici (di genuinità intrinseca) sia positivo (Sez.6, 24/9/2012, n. 16202 del 2012; Sez.6, 10/5/2011, n. 10202); una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca – che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito – poiché tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente (Sez. 1, n. 24575 del 04/11/2020,Rv. 659573 – 01).

1.3. La Corte di appello a pagina 5 comunque ha dato analiticamente conto delle ragioni che rendevano illogico e quindi non credibile il racconto, sia con riferimento all’atteggiamento attribuito alla Polizia, sia con riferimento alla incarcerazione senza prova degli zii, sia con riferimento alla mancata richiesta di tutela alla polizia da parte sua.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a).

2.1. Il ricorrente si duole, in relazione alla valutazione della situazione del Paese di origine ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), che la Corte di appello non abbia indicato alcuna fonte a conforto delle affermazioni espresse circa la sicurezza della Nigeria.

2.2. Il motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata, a pag.4, riferisce di motivi di appello proposti dal sig. O. e tra essi non figura alcuna doglianza, tantomeno specifica, attinente alla situazione di esposizione dei civili a violenza indiscriminata a scaturente da conflitto armato interno.

Il ricorrente, a sua, volta si limita ad affermare di aver proposto appello, senza dar conto, neppur sinteticamente, dei motivi formulati a suo sostegno (pag.8, punto 42, del ricorso).

Non può quindi ritenersi che vi sia stata impugnazione sul punto per il solo fatto che la Corte territoriale nella motivazione ha escluso anche qualsiasi pericolo di esposizione a conflitti armati in ***** e in *****.

3. Il terzo e quarto motivo, connessi fra loro, sono dedicati alla protezione umanitaria.

3.1. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c) e/o lett. a), e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e/o del combinato disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

3.2. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e/o art. 112 c.p.c. per omessa motivazione (apparente).

Lamenta in particolare il ricorrente l’apparenza della motivazione in punto richiesta della protezione umanitaria, esclusa dalla Corte di appello per il solo giudizio di non credibilità del racconto personale, senza valutare in concreto la condizione soggettiva del richiedente ne Paese di origine nella debita comparazione con la sua vita privata e familiare in Italia.

3.3. Le censure appaiono infondate dal momento che la Corte di appello si è puntualmente conformata alla giurisprudenza delle Sezioni Unite (Sez.Un. 13/11/2019 n. 29459) che impone ai fini del giudizio comparativo previsto ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria la debita considerazione della situazione individuale in cui si verrebbe a trovare il richiedente asilo in caso di rimpatrio posta a raffronto con il suo stato di integrazione e radicamento nel nostro Paese.

Il ricorrente invoca la valutazione della sua vulnerabilità soggettiva in modo del tutto generico e senza rapportarsi alla ritenuta non credibilità delle sue dichiarazioni circa la vicenda personale; in questo contesto, il lamentato mancato esame da parte della Corte di appello della documentazione relativa al rapporto di impiego a tempo determinato dal 20/5/2019 al 20/12/2019 presso Eurodolciaria s.r.l., e proroga sino al 19/5/2020, e relative buste paga oltre che di un diploma conclusivo del primo ciclo di istruzione, non possiede carattere decisivo, visto che fa comunque difetto il termine di paragone.

4. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 5 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2021

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