LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –
Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 550/2013 R.G. proposto da:
LEHVOSS ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. Patrizio Tumietto e dall’avv. Fabiola Del Torchio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Albanese, in Roma, via Lima, n. 28;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per legge;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 174/44/11 della Commissione Tributaria regionale della Lombardia depositata il 14 novembre 2011;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 28 maggio 2021 dal Consigliere Pasqualina Anna Piera Condello;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Cardino Alberto, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle entrate, all’esito di risposta al questionario, notificò alla Lehvoss Italia s.r.l., in qualità di incorporante della Chem-Import s.r.l., avviso di accertamento con il quale contestò, per quanto ancora qui di interesse, l’indebita deduzione di perdite su crediti per Euro 242.264,07, in relazione all’anno d’imposta 2003, con conseguente recupero a tassazione di maggiori imposte IRPEG, IRAP e I.V.A..
2. A seguito di impugnazione della contribuente, la Commissione tributaria provinciale di Varese accolse parzialmente il ricorso, annullando la ripresa a tassazione per uno dei crediti iscritti (pari ad Euro 162.126,15 nei confronti della ***** s.r.l.) e confermandola per gli altri due crediti (pari ad Euro 4.303,56 ed Euro 47.128,.14 vantati rispettivamente nei confronti della Bomec s.a.s. e della ***** s.r.l.).
3. Contro la suddetta sentenza proposero appello principale l’Agenzia delle entrate ed appello incidentale la contribuente dinanzi alla Commissione tributaria regionale che, con la sentenza in questa sede impugnata, accolse in parte le impugnazioni.
Con riguardo al rilievo di cui al punto L) dell’avviso di accertamento, relativo alla deducibilità delle perdite sui crediti, dichiarò deducibili le perdite su crediti vantate nei confronti della Bomec s.a.s. e della ***** s.r.l., osservando che il disposto di cui all’art. 101, comma 5 del t.u.i.r. non lasciava spazio a dubbi sulla determinazione del momento in cui doveva considerarsi la perdita in caso di procedura concorsuale, da identificarsi con la data della sentenza dichiarativa di fallimento e non con la data in cui vi era stato l’esito della procedura. Condividendo la tesi dell’Ufficio erariale, dichiarò non deducibile la perdita su crediti vantata nei confronti della ***** s.r.l., rilevando che l’art. 66, comma 3, del t.u.i.r. prevedeva la deduzione delle perdite su crediti quali componenti negative del reddito d’impresa nel momento in cui si materializzavano gli elementi “certi e precisi” della sua irrecuperabilità; tale momento, sulla base del tenore letterale della norma, non poteva che essere quello della sentenza dichiarativa di fallimento, interpretazione in linea con la sentenza n. 22135 del 29 ottobre 2010 della Corte di Cassazione, che aveva precisato che, diversamente opinando, si sarebbe rimesso all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo di imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa del principio inderogabile di competenza ai fini della determinazione del reddito d’impresa. Poiché l’anno in cui era stata emessa la sentenza dichiarativa del fallimento della ***** s.r.l. era il 2001, in tale esercizio la contribuente avrebbe dovuto correttamente effettuare la deduzione della perdita su crediti.
4. Contro la suddetta decisione la società Lehvoss Italia s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate ha resistito mediante controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, con un unico motivo.
La contribuente ha depositato controricorso al ricorso incidentale.
5. In prossimità dell’adunanza camerale del 9 luglio 2020 la contribuente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c. ed il Collegio, all’esito della camera di consiglio, con ordinanza emessa in pari data, ritenuti insussistenti i presupposti per definire il giudizio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, ha rinviato la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
In prossimità dell’udienza pubblica la contribuente ha provveduto al deposito telematico di memoria ex art. 378 c.p.c., avendo avanzato istanza di discussione orale oltre il termine perentorio di cui al D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale la contribuente deduce la “violazione e falsa interpretazione della normativa di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, n. 5 (al momento dell’accertamento di cui all’art. 66) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” per avere i giudici di appello negato la possibilità di dedurre dal reddito di esercizio l’importo di Euro 162.126,15, pari al credito vantato nei confronti della ***** s.r.l..
Evidenzia, in punto di fatto, che la incorporata Chem Import s.r.l. aveva tentato il recupero del credito a mezzo decreto ingiuntivo e che, a seguito di avvio, nel mese di maggio del 2001, di procedura concorsuale a carico della ***** s.r.l., il curatore fallimentare, con lettera del 6 febbraio 2004, l’aveva informata che la procedura non aveva potuto ripartire alcunché tra i creditori a causa dell’insufficienza dell’attivo.
Secondo la ricorrente, l’art. 101, comma 5, del t.u.i.r. (che ricalca l’art. 66 del t.u.i.r.), nel menzionare l’assoggettamento del debitore alla procedura concorsuale non deve necessariamente condurre alla conclusione secondo la quale l’unico esercizio in cui il diritto alla deduzione può essere esercitato è quello in cui è stata pronunciata la sentenza dichiarativa di fallimento, trattandosi di disposizione normativa che non identifica il momento nel quale la perdita può concorrere alla formazione dell’imponibile, ma quello a partire dal quale la perdita può concorrere alla formazione dell’imponibile, assumendo lo stato di insolvenza del debitore (presupposto per l’avvio delle procedure concorsuali) quale indicatore della esistenza di un forte rischio per il creditore di restare insoddisfatto. La stessa sentenza n. 22135 del 2010, richiamata dalla C.T.R. a sostegno del decisum, aggiunge la ricorrente, non ha fissato l’anno in cui operare la deduzione delle perdite su crediti, ma ha precisato che l’art. 101, comma 5, del t.u.i.r. “va interpretato nel senso che l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perché in quel momento si materializzano gli elementi certi e precisi della sua irrecuperabilità”.
Nel caso di specie, aggiunge la ricorrente, aveva avuto notizia della definitiva perdita del credito da parte del curatore fallimentare con lettera del mese di febbraio 2004, per cui la definitiva irrecuperabilità del credito e la certezza della perdita era divenuta nota in un momento successivo all’esercizio in chiusura (2003), ma antecedente alla chiusura dell’esercizio stesso; in questi casi, a norma dell’art. 2423-bis c.c., sussiste l’obbligo degli amministratori di annotare la perdita nell’esercizio nel quale si deve ancora redigere il bilancio, al fine di garantire la rappresentazione veritiera e corretta degli eventi aziendali.
2. Con il secondo motivo si censura la sentenza “per omessa pronuncia sulla domanda di non applicazione delle sanzioni, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
La ricorrente lamenta che già con il ricorso di primo grado aveva richiesto che non venissero applicate le sanzioni, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, in considerazione delle diverse interpretazioni esistenti sia in giurisprudenza che in dottrina sulla questione della individuazione dell’esercizio nel quale poter dedurre la perdita su crediti, ma i giudici di appello avevano omesso di pronunciarsi.
3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale la difesa erariale denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 66 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che, essendo assolutamente pacifico che la ***** s.r.l. era stata dichiarata fallita nel 2002, la relativa perdita avrebbe dovuto essere dedotta nell’anno 2002 e non nell’anno 2003, come aveva fatto la contribuente e come erroneamente ritenuto dalla C.T.R..
4. La questione centrale, comune al ricorso principale ed al ricorso incidentale, concerne la individuazione del periodo di imposta in cui le perdite su crediti verso debitori assoggettati a procedure concorsuali devono essere fiscalmente dedotte, anche alla luce del principio di competenza dettato dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 1 (ora 109).
4.1. Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 1, nella formulazione vigente alla data della dichiarazione di fallimento delle debitrici della ricorrente, successivamente trasfuso nell’art. 109 del t.u.i.r., nel dettare i criteri in base ai quali imputare ad un esercizio piuttosto che ad un altro i componenti positivi e negativi di reddito, codifica il principio di competenza, statuendo che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali non sia disposto diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza. La rigidezza di tale criterio viene temperata nel secondo capoverso del comma 1, che recita: “tuttavia, i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni”.
Con riguardo alle perdite su crediti, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 66, comma 3, vigente ratione temporis, prevede che esse sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi, e in ogni caso se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, e il D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 11 che, ai fini della deducibilità delle perdite su crediti, il debitore si considera assoggettato a procedure concorsuali dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento (entrambe le disposizioni sono successivamente confluite nell’attuale formulazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 5).
4.2. Il riconoscimento della deduzione e’, dunque, subordinato, in termini generali, alla presenza di elementi certi e precisi dai quali poter desumere la definitiva inesigibilità del titolo, cosicché la perdita imputata in bilancio acquista valenza fiscale se è comprovata da circostanze e indizi accuratamente documentati (Cass., sez. 5, 6/10/2011, n. 20450; Cass., sez. 2011, n. 11329). L’apertura di una procedura concorsuale viene, inoltre, ritenuta fatto giuridico che fa presumere la certezza della perdita del credito, che diventa deducibile dalla data di apertura della procedura.
4.3. L’Amministrazione finanziaria ha, al riguardo, affermato, che non e’, pertanto, sufficiente il mero inadempimento del debitore affinché possano ritenersi sussistenti gli elementi di certezza e precisione, ma è necessario che la difficoltà di adempiere sia frutto di una “…situazione oggettiva di insolvenza non temporanea del debitore, riscontrabile qualora la situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore sia tale da fare escludere la possibilità di un futuro soddisfacimento della posizione creditoria” (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 13/E del 2013); con l’ulteriore precisazione che, in presenza di una procedura concorsuale (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), “opera un automatismo di deducibilità” che prescinde da ogni ulteriore verifica della definitività e degli elementi certi e precisi richiesti in tutti gli altri casi (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 26/E del 1 agosto 2013) e che (come specificato con la Risoluzione n. 16/E del 23 gennaio 2009) si fonda sul presupposto che l’accertamento giudiziale o da parte di un’autorità amministrativa dello stato di insolvenza del debitore (o dello stato di crisi nel caso del concordato preventivo) costituisce evidenza oggettiva della situazione di illiquidità di quest’ultimo. In altri termini, in caso di procedure concorsuali, la situazione di sofferenza della partita creditoria diviene definitiva in quanto conclamata ad opera di un soggetto terzo indipendente e non rimessa alla mera valutazione del creditore.
4.4. Nel soffermarsi sul periodo di imposta nel quale le perdite su crediti debbono concorrere alla determinazione della base imponibile, l’Agenzia delle entrate ha desunto dal tenore letterale dell’art. 101, comma 5, del t.u.i.r. che, in caso di procedure concorsuali, il legislatore considera integrati i requisiti della deducibilità “dalla data” della sentenza o del provvedimento di ammissione alla specifica procedura o del decreto di omologa dell’accordo di ristrutturazione, sicché, “una volta aperta la procedura, l’individuazione dell’anno in cui dedurre la perdita su crediti deve avvenire secondo le ordinarie regole di competenza” (circolare n. 26/E del 1 agosto 2013).
4.5. In ragione della inderogabilità del criterio oggettivo di competenza ai fini della deduzione di componenti negative del reddito, questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di imposte sui redditi d’impresa, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 66, comma 3 (ora art. 101, comma 5), va interpretato nel senso che l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perché in quel momento si materializzano gli elementi “certi e precisi” della sua irrecuperabilità. Diversamente opinando si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile ed oggettivo per determinare il reddito d’impresa (Cass., 3/08/2005, n. 16330; nello stesso senso, Cass., sez. 5, 21/04/2011, n. 9218; Cass., sez. 5, 23/12/2014, n. 27296).
4.6. Affrontando specificamente la questione della deducibilità delle perdite su crediti derivanti da procedure concorsuali che coinvolgono il debitore, già con la sentenza n. 22135 del 2010 si è ritenuto che la relativa deduzione sia legittima, alla luce della citata normativa, vigente ratione temporis, soltanto nell’esercizio coincidente con il momento di apertura della procedura, in quanto è in tale fase che si concretizzano gli elementi certi e precisi di inesigibilità del credito maturato dall’impresa, non essendo possibile frazionare la perdita nei successivi esercizi, in quanto, in caso contrario, il contribuente potrebbe imputare l’onere fiscale nel periodo d’imposta in cui risulta più conveniente operare la deduzione, violando quindi il criterio di competenza, che rappresenta invece il parametro inderogabile e oggettivo per determinare il reddito d’impresa.
I medesimi principi sono stati ripresi da Cass. n. 8821 del 1 giugno 2012, secondo la quale, qualora il debitore sia sottoposto alla procedura di concordato preventivo, la perdita deve essere dedotta per intero nell’esercizio in cui è stato emesso il decreto di ammissione alla procedura, R.D. n. 267 del 1942, ex art. 163, non essendo possibile frazionarlo pro quota negli esercizi successivi; nonché da Cass., 6 ottobre 2017, n. 23330, che ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva rilevato l’indebita deduzione delle perdite su crediti vantati dalla società contribuente nei confronti di debitori dichiarati falliti negli anni compresi tra il 1982 e il 1992, che erano state ripartite, a decorrere dal 1994, in più esercizi sulla base di un piano di ammortamento quinquennale. In senso analogo si sono anche espresse più di recente Cass., sez. 5, 30/01/2018, n. 2259; Cass., sez. 5, 15/01/2019, n. 775; Cass., sez. 5, 1/03/2019, n. 6080 e Cass., sez. 5, 7/05/2020, 8587.
4.7. La questione se la perdita su crediti debba essere dedotta obbligatoriamente nel periodo d’imposta in cui è stata avviata la procedura concorsuale o se, come sostenuto anche dalla dottrina, a partire da quel momento la deducibilità è ammessa, ma tale deduzione può essere effettuata anche nei successivi esercizi in cui si protrae la procedura concorsuale in considerazione delle valutazioni sul grado di recuperabilità del credito, deve essere in questa sede riesaminata alla luce dell’entrata in vigore del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese, che ha apportato significative modifiche al regime fiscale della deducibilità delle perdite su crediti.
Il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 13, comma 1, lett. d), ha, infatti, introdotto, con decorrenza dal periodo d’imposta in corso al 7 ottobre 2015, l’art. 101, comma 5-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, che reca una specifica disciplina per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti, fissando un termine massimo oltre il quale l’imputazione della perdita rilevata su un credito verso un debitore assoggettato a procedura concorsuale (o situazioni assimilate – come anche le procedure estere equivalenti o la conclusione di un accordo di ristrutturazione dei debiti) non è più deducibile.
Il legislatore, in particolare, ha previsto che la deduzione della perdita su crediti è ammessa nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando detta imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui sussistono gli elementi certi e precisi, ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, sempreché l’imputazione non avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.
Il dies ad quem fissato dalla suddetta disposizione normativa coincide, quindi, con quello del periodo d’imposta “in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio”; in tal modo al contribuente viene riconosciuta la libertà di imputare e dedurre la perdita in un arco temporale che va dal momento dell’apertura della procedura concorsuale a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.
4.8. La ratio della modifica normativa introdotta dal cd. “decreto internazionalizzazione”, come evidenziato nella Relazione illustrativa, è quella di “fornire certezza agli interpreti nell’individuazione, anzitutto, del periodo di competenza ai fini della deducibilità fiscale delle perdite su crediti, con ciò dando attuazione ai criteri fissati dalla legge delega volti a i) ridurre le incertezze nella determinazione del reddito d’impresa ii) alla introduzione di criteri chiari e coerenti con la disciplina di redazione del bilancio, in particolare per determinare il momento del realizzo delle perdite su crediti”. Dando atto che gli interventi effettuati dal legislatore e i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria, unitamente all’andamento della giurisprudenza, non hanno risolto in maniera definitiva il nodo dell’individuazione dell’esercizio di competenza fiscale della perdita e che il dato normativo si limita ad individuare il momento in cui il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale e, dunque, il dies a quo a decorrere dal quale si rende possibile la deducibilità “in ogni caso” della perdita su crediti, la Relazione illustrativa precisa che l’intervento normativo si prefigge lo scopo di eliminare situazioni di incertezza che si traducono “in un notevole aggravio procedurale per l’operatore economico, tenuto ai fini della redazione della dichiarazione a dover monitorare costantemente l’iter delle procedure (spesso per migliaia e migliaia di posizioni), la cui gestione è spesso affidata a soggetti terzi”, e che impediscono di trarre indicazioni utili in ordine al quantum della perdita imputabile in bilancio, e ciò al fine di ulteriormente evitare l’introduzione di elementi di opinabilità dai quali potrebbero scaturire successive contestazioni.
4.9. Da parte di autorevole dottrina si è osservato che l’art. 101, comma 5-bis, del t.u.ir., come introdotto dal D.Lgs., n. 147 del 2015, non sta a significare che, precedentemente all’intervento legislativo, non fosse consentito (o dovuto) il diverso comportamento relativamente all’individuazione del periodo d’imposta in cui dedurre la perdita su crediti, non corrispondente a quello di apertura della procedura concorsuale, per effetto di stime operate nel bilancio di esercizio ed in applicazione di corretti principi contabili.
Si e’, in particolare, sottolineato che, già precedentemente alla riforma, il dato normativo fissava, al di là dell’obbligatoria ricorrenza di elementi certi e precisi, che la procedura concorsuale relativa al debitore si dovesse ritenere valida “dalla data” della sua apertura, e non “alla data”, dovendosi con ciò ritenere ammissibile l’imputazione delle perdite in esercizi successivi a quello in cui era stata aperta la procedura. E ciò perché se, da un lato, è ben vero che nei confronti di soggetti la cui insolvenza sia stata accertata in sede giudiziale è molto probabile che il realizzo siia inesistente, è anche vero che non si può escludere aprioristicamente la possibilità che una serie di variabili facciano individuare la certezza e la determinabilità della perdita in esercizi successivi a quello di apertura della procedura.
4.10. Tali considerazioni, che trovano, peraltro, conforto in una risalente pronuncia di questa Corte (Cass., sez. 5, 4/09/2002, n. 12831) – nella quale si è affermato che in tema di dichiarazione dei redditi d’impresa, la perdita su crediti, prevista, come deducibile dall’imponibile, dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 66, comma 3, ove subita a seguito del fallimento del proprio debitore, pur non derogando al principio più generale stabilito nell’art. 75, comma 1, dello stesso t.u.i.r., neppure deve essere contabilizzata necessariamente e per intero nel periodo di esercizio in cui la procedura concorsuale si è aperta – impongono di valutare se i criteri dettati dalla nuova norma in esame, applicabile, ai sensi dell’art. 13, comma 2 a decorrere dal periodo d’imposta in vigore alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 147 del 2017, possano assumere rilievo anche in relazione alle annualità con bilancio chiuso prima del 7 ottobre 2015.
4.11. In favore della deducibilità delle perdite su crediti nel periodo che intercorre tra l’apertura della procedura concorsuale nei confronti del debitore e l’esercizio nel quale, secondo i principi contabili, il credito deve essere cancellato dal bilancio, anche con riferimento ai periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 7 ottobre 2015, soccorre del D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 13, il comma 3 che recita testualmente che “la disposizione contenuta nell’art. 101, comma 5 del t.u.i.r. si interpreta nel senso che le svalutazioni contabili dei crediti di modesta entità e di quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento, deducibili a decorrere dai periodi di imposta in cui sussistono elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale ed eventualmente non dedotte in tali periodi, sono deducibili nell’esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili”.
4.12. Nella relazione illustrativa a tale decreto si evidenzia come, in forza della citata disposizione, “la mancata deduzione in tutto o in parte come perdite fiscali delle svalutazioni contabili dei crediti, nell’esercizio in cui già sussistevano i requisiti per la deduzione, non costituisca violazione del principio di competenza fiscale, sempreché detta deduzione avvenga non oltre il periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla vera e propria cancellazione del credito dal bilancio”.
In base al principio contabile OIC 15 (“Crediti”), la “svalutazione” è la riduzione di valore di un credito, derivante da una stima, al valore di presumibile realizzo riconducibile alla data di bilancio, mentre la “perdita” è un evento certo e definito che coincide con la parte del credito non più recuperabile. Come previsto, inoltre, al punto 71 dell’OIC 15 (Cancellazione dei crediti), “la società cancella il credito dal bilancio quando: a) i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (parzialmente o totalmente); oppure b) la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito”.
Chiarito, dunque, che la perdita su crediti si verifica quando la sua irrecuperabilità diviene definitiva, per essere venuta meno qualsiasi possibilità di esigibilità e recupero, dell’art. 13, il richiamato comma 3 nell’ampliare l’art. 101, comma 5, del t.u.i.r., prevede, in relazione agli esercizi anteriori alla riforma del 2015, che le svalutazioni contabili dei crediti, deducibili a decorrere dall’esercizio in cui sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale o a istituto assimilato, ed eventualmente non dedotte in tali periodi, sono deducibili nell’esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili.
In pratica, viene consentito al contribuente di rinviare la deduzione come perdite delle svalutazioni relative a crediti vantati verso debitori assoggettati a procedure concorsuali e istituti assimilati al momento dell’eliminazione del credito stesso dal bilancio, evitando l’automatica trasformazione delle svalutazioni stesse in perdite e i connessi problemi di gestione.
4.13. Tale approdo trova piena conferma nella Relazione illustrativa laddove si chiarisce che “…al fine di non penalizzare i contribuenti che sulla base delle criticità operative prima evidenziate, nei periodi d’imposta antecedenti all’entrata in vigore delle nuove disposizioni, non hanno posto in essere l’automatica trasformazione delle svalutazioni in perdite fiscali e per garantire la parità di trattamento con le fattispecie rilevate successivamente all’entrata in vigore del presente provvedimento, si è ritenuto opportuno individuare un’univoca posizione interpretativa traslando le disposizioni in un apposito comma (il terzo) e attribuendo alle stesse l’espresso carattere di norma interpretativa”.
Del D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 13, il citato comma 3 che, avendo valenza interpretativa, opera anche per i periodi di imposta chiusi anteriormente a quello in corso al 7 ottobre 2015 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 147 del 2015), consente, quindi, di ritenere superato l’orientamento giurisprudenziale derivante dall’impostazione inizialmente delineata dall’Agenzia delle entrate, che poggia su una sorta di “automatismo” nell’applicazione delle deduzioni spettanti ai sensi dell’art. 101, comma 5, del t.u.i.r., e, quindi, di ovviare alle difficoltà applicative da esso derivanti, al fine precipuo di agevolare gli operatori economici e di non trascurare la necessità di armonizzazione de principi per la determinazione del reddito volti a favorire l’internazionalizzazione degli stessi operatori.
La stessa Amministrazione finanziaria, nella risposta n. 12 del 21 settembre 2018, riscontrando il quesito di una società che chiedeva di conoscere quale fosse il corretto periodo d’imposta di competenza al quale imputare la perdita su crediti per la fornitura di beni merce, effettuata nel biennio 2007-2008 a favore di altra società ammessa nel 2008 alla procedura di concordato preventivo, ha precisato, richiamando espressamente del citato D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, l’art. 13, comma 3, che “il corretto periodo temporale di competenza della perdita su crediti realizzata dal contribuente fosse l’arco temporale compreso tra l’apertura della procedura di concordato preventivo, avvenuta nel 2008, e l’esercizio in cui sarebbe dovuta avvenire la cancellazione dal bilancio del credito medesimo che, sulla base di quanto indicato dall’istante, sarebbe l’esercizio 2013”.
Per effetto della novella del 2015 e della evoluzione interpretativa dalla stessa introdotta, può, quindi enunciarsi il seguente principio di diritto: “In materia di perdite su crediti, ove il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali (per esempio, ove ne sia stato dichiarato il fallimento), la deduzione della perdita su crediti è ammessa, ai sensi dell’art. 101, comma 5, del t.u.i.r. – da interpretare alla luce del successivo comma 5-bis, introdotto dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 13, comma 1, lett. d), (cd. Decreto internalizzazione) – e dell’art. 13, comma 3 in tema di svalutazione contabile dei crediti, anche con riferimento agli esercizi anteriori al 2015, nel periodo di imputazione a bilancio, entro la “finestra temporale” che va dalla data della sentenza dichiarativa dii fallimento al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio”.
5. Passando all’esame del ricorso principale e di quello incidentale, la Commissione tributaria regionale, reputando illegittima la deduzione, nell’esercizio 2003, delle perdite su crediti vantati dalla contribuente nei confronti della società ***** s.r.l., a fronte della dichiarazione di fallimento intervenuta nell’anno 2001, e dichiarando legittima la deduzione della perdita su crediti nell’esercizio 2003 posteriore a quello in cui è stato dichiarato il fallimento della società ***** s.r.l., senza avere previamente verificato in quale periodo d’imposta, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, la contribuente avrebbe dovuto procedere alla cancellazione dei crediti dal bilancio, non ha fatto buon governo dei principi sopra enunciati.
6. La sentenza, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo del ricorso principale, va, pertanto, cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo motivo; accoglie il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021