Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22336 del 05/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25558 del ruolo generale dell’anno 2015 proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

S. Costruzioni s.r.l.;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 1340/7/2015, depositata in data 1 aprile 2015;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2021 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

RILEVATO

che:

dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a S. Costruzioni s.r.l. un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2007, aveva contestato, a seguito di mancata risposta al questionario, un maggior reddito ai fini Ires, Irap e Iva, nonché, con atto separato, le conseguenti sanzioni; la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Pavia; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate, in particolare ha ritenuto che: l’avviso di accertamento difettava di motivazione, non essendo stati allegati i processi verbali di constatazione in esso indicati;

avverso la suddetta pronuncia ha quindi proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a tre motivi di censura;

la contribuente è rimasta intimata.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132c.p.c., comma 2, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, art. 36, comma 2, n. 4), e art. 61;

in particolare, parte ricorrente censura la sentenza: a) per avere ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento per difetto di motivazione, nonostante il fatto che la contribuente, con il ricorso originario, non aveva contestato il suddetto vizio, sotto il profilo della mancata allegazione dei verbali di contraddittorio in esso richiamati, ma solo la non riferibilità a sé dei suddetti verbali; b) per avere deciso mediante affermazioni apodittiche ed illogiche;

il motivo è infondato;

con riferimento alla prima ragione di censura, si osserva che la questione del vizio di motivazione dell’avviso di accertamento, per mancata allegazione dei verbali di contraddittorio in esso citati, era entrato nel thema decidendum della controversia a seguito della pronuncia del giudice di primo grado, che, sul punto, aveva ritenuto (vd. pag. 5 e 6, ricorso) che: “detti verbali non risultano allegati all’avviso di accertamento né prodotti in atti”, evidenziando, inoltre, che non era possibile estendere alla contribuente quanto in essi riscontrabile perché ad essa non riferibile;

rispetto al contenuto della decisione del giudice di primo grado, sostanzialmente basato sul vizio di motivazione dell’atto per mancata allegazione dei processi verbali di constatazione non riferibili alla contribuente, la ricorrente aveva proposto appello, senza, tuttavia, evidenziare la non conferenza della ragione della statuizione con i motivi di doglianza prospettati con il ricorso originario;

anzi, risulta che la ricorrente, con l’atto di appello (vd. pag. 8, ricorso), aveva, piuttosto, diretto la linea difensiva rappresentando che: “Nell’atto impositivo non si sono allegati i verbali di contraddittorio con il B.G., in quanto atti già noti e conosciuti da quest’ultimo”, in tal modo entrando nel merito della questione della mancanza di allegazione all’avviso di accertamento, ma solo sotto il profilo, come visto, della sufficienza motivazionale dell’atto impositivo, avendo rappresentato che i processi verbali di constatazione, seppure non allegati, erano comunque noti alla contribuente;

la ragione di censura ora proposta, quindi, non tiene conto del fatto che la questione del vizio di motivazione era stata già configurata dal giudice di primo grado e su di essa parte ricorrente non aveva ritenuto di prospettare alcuna doglianza diretta ad evidenziare una eventuale non corrispondenza tra il contenuto della decisione ed i motivi di ricorso originario del contribuente;

con riferimento, poi, all’ulteriore ragione di censura, proposta con il presente motivo di ricorso, la stessa si basa sulla considerazione della natura apodittica ed illogica delle affermazioni contenute nella decisione impugnata sotto diversi profili: a) non è corretto ritenere che il giudice di prime cure aveva annullato l’avviso di accertamento per la riscontrata allegazione dei verbali di contraddittorio; b) si assume come certa la riferibilità ad altra società dei processi verbali di constatazione, nonostante il fatto che era stato fatto riferimento alla statuizione del giudice di primo grado che aveva evidenziato solo “il fondato sospetto che essi si riferivano ad altra società”; c) si assume come incontestato il fatto che il contenuto dei suddetti atti non era stato riportato, nei suoi elementi essenziali, nell’avviso di accertamento;

anche queste ragioni di censura non sono fondate;

il nucleo centrale della motivazione della sentenza censurata si basa sulla considerazione che il punto decisivo della controversia, sul quale la ricorrente aveva proposto appello, riguardava la questione dell’omessa allegazione dei verbali di contraddittorio in esso citati; e’, in particolare, sul motivo di appello con il quale la ricorrente aveva evidenziato per quale ragione i verbali di contraddittorio, sebbene citati nell’avviso di accertamento, non erano stati allegati, che si è pronunciato il giudice del gravame;

sotto tale profilo, il giudice del gravame, dopo avere dato atto del fatto che i verbali richiamati nell’avviso non erano stati allegati, ha evidenziato che nell’atto impositivo non risultava in alcun modo chiarito per quale ragione gli stessi erano stati citati nel suddetto atto, posto che riguardavano altra società e, sotto quest’ultimo profilo, che non poteva in alcun modo seguirsi la linea difensiva dell’amministrazione finanziaria secondo cui i suddetti atti erano pervenuti nella sfera di conoscenza della società contribuente;

inoltre, il giudice del gravame ha, altresì, evidenziato che non vi era contestazione sul fatto che il contenuto dei suddetti atti non era stato riportato, nei suoi elementi essenziali, nell’avviso di accertamento;

rispetto alla ragione della decisione, secondo l’iter logico seguito dal giudice del gravame, non può ritenersi che le affermazioni fondanti la decisione siano apodittiche o illogiche, sicché la ragione di censura in esame non può trovare accoglimento;

con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 25, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, e della L. n. 212 del 2000, art. 7;

in particolare, si evidenzia che: a) non correttamente il giudice del gravame ha ritenuto che l’avviso di accertamento era motivato per relationem ai processi verbali di constatazione, in quanto gli stessi, sebbene citati, avevano un contenuto meramente “narrativo” e non integrativo della motivazione; b) ove si volesse ritenere che l’avviso di accertamento fosse motivato per relationem ai processi verbali di constatazione, gli stessi riguardano dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società contribuente, non rilevando il fatto che le dichiarazioni erano state rese con riguardo ad altra società, essendo la medesima persona fisica e rivestendo la qualifica di legale rappresentante di entrambe le società; c) il giudice del gravame avrebbe apoditticamente escluso che l’avviso di accertamento non riproducesse il contenuto essenziale degli atti richiamati;

il motivo è fondato, per quanto di ragione;

con riferimento alla prima ragione di censura, la stessa si scontra con l’accertamento compiuto dal giudice del gravame secondo cui la mancata allegazione dei verbali richiamati nell’avviso di accertamento aveva comportato “riflessi negativi in ordine alla motivazione ed al diritto di difesa”;

questa affermazione, non presa in alcun modo in considerazione dalla ricorrente, ha invece una rilevanza decisiva, in quanto evidenzia come, secondo il giudice del gravame, il profilo relativo al contenuto dei verbali, citati e non allegati, assumeva una valenza di rilievo ai fini della esatta comprensione delle ragioni della pretesa, tanto da ledere il diritto di difesa della contribuente che, in difetto, non era quindi in condizioni di comprendere l’esatta portata delle ragioni di fatto sui quali si fondava la pretesa;

né può trovare accoglimento il secondo profilo di censura, relativo al fatto che il soggetto che aveva reso le dichiarazioni in sede di processo verbale di constatazione era la medesima persona fisica, in quanto rappresentante legale sia della società nei confronti della quale era stato emesso l’avviso di accertamento che della società nei confronti della quale era stato attivato il contraddittorio;

la ragione di censura in esame, in realtà, non tiene conto della necessaria distinzione ed autonomia dei soggetti giuridici coinvolti, sicché non può ritenersi che la coincidenza della persona fisica comporti l’estendibilità degli effetti della notifica del processo verbale di constatazione nei confronti di una persona giuridica ad altra persona giuridica;

fondato, e’, invece, il terzo profilo di censura, relativo al fatto che non correttamente il giudice del gravame ha ritenuto che mancasse la riproduzione del contenuto essenziale degli atti richiamati;

sul punto, va chiarito che, secondo questa Corte, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass. civ., 13 febbraio 2019, n. 4176);

con riferimento al caso di specie, si evince dall’avviso di accertamento, riprodotto dalla ricorrente (vd. pagg. 32-36), che era stato riportato, seppure in modo sintetico, il contenuto delle dichiarazioni rese da B.G. in sede di verbale di contraddittorio del 6 e 14 ottobre 2008 nonché da G.F. in sede di verbale di contraddittorio del 24 settembre 2008;

l’affermazione, quindi, del giudice del gravame, secondo cui gli atti richiamati non erano stati riportati nel loro contenuto essenziale nell’avviso di accertamento è viziata da violazione di legge, non essendo stata correttamente applicato alla fattispecie il paradigma normativo di riferimento;

l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, per quanto di ragione, comporta l’assorbimento del terzo motivo, con il quale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, consistente nel fatto che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice del gravame, l’avviso di accertamento riportava il contenuto essenziale degli atti da esso richiamati;

in conclusione, è infondato il primo motivo di ricorso, è fondato, per quanto di ragione, il secondo motivo, assorbito il terzo, con conseguente accoglimento del ricorso e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie, per quanto di ragione, il secondo motivo di ricorso, infondato il primo, assorbito il terzo, cassa la sentenza censurata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021

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