LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35526-2019 proposto da:
G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RIDOLFINO VENUTI, 30, presso lo studio dell’avvocato SILVIA CRETELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO CRETELLA;
– ricorrente –
contro
T.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI, 12, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA CALVANO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONELLA TRAMONTANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1215/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata l’11/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA ALDO ANGELO.
FATTI DI CAUSA
1.- Essendo stato escluso dalla s.a.s. “Sport e Scommesse” di G.G., di cui era socio accomandante, T.V. ha convenuto avanti al Tribunale di Nocera Inferiore la società e il socio accomandatario per conseguire la liquidazione della quota spettantegli.
Con sentenza n. 2070/2017, il Tribunale ha condannato la Sport e Scommesse e G.G., in solido tra loro, al pagamento di una somma in favore dell’attore, quale montante che a questi spettava a titolo di liquidazione della quota.
2.- Avverso questa decisione G.G. ha proposto appello avanti alla Corte di Salerno. Che lo ha respinto con sentenza depositata in data 11 settembre 2019.
3.- Per quanto qui ancora in interesse, la Corte territoriale ha ritenuto l’infondatezza del motivo di gravame con cui l’appellante G. veniva a lamentare l’erroneità della pronuncia impugnata, là dove questa aveva liquidato il “valore della quota sociale di T. al 31 dicembre 2002, data di chiusura del periodo di imposta dell’anno, e non al 6 agosto 2002, vale a dire con riguardo al momento in cui era stata deliberata l’esclusione dalla società”.
“L’incompletezza della documentazione” che la società aveva versato in giudizio – così si è argomentato – “aveva precluso la ricostruzione della situazione contabile e patrimoniale all’epoca dell’esclusione del socio”. Perciò, non avendo avuto il consulente tecnico la “possibilità di redigere sulla base degli atti fornitigli; un bilancio provvisorio alla data del 6 agosto 2002, la stima non poteva che essere ancorata ai dati emergenti al 31 dicembre 2002, vale a dire al momento della chiusura dell’esercizio annuale”.
Peraltro, l’appellante “non ha in alcun modo prospettato” – si è inoltre aggiunto – “il pregiudizio concretamente derivatogli dall’asserito errore commesso nella redazione degli elaborati peritali, nel senso che non ha neanche indicato il minor valore che la partecipazione societaria dell’appellato avrebbe avuto ove fosse stato determinato con riferimento alla data di esclusione di quest’ultimo dalla società e non già in relazione a quella di chiusura del bilancio di esercizio, non potendosi affatto escludere che, al 6 agosto 2002, la stima potesse risultare anche maggiore di quella espressa in rapporto al 31 dicembre 2002 e, dunque, più sfavorevole all’appellante”.
4.- Avverso questo provvedimento ha presentato ricorso G.G., affidandosi a un motivo.
Ha resistito, con controricorso, T.V..
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.- Il ricorso lamenta la violazione della norma dell’art. 2289 c.c., comma 2.
In questa prospettiva si assume che tale norma prevede che, nel caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi abbiano diritto a una somma di danaro che rappresenti il valore della quota, da liquidarsi in base alla situazione patrimoniale della società “nel giorno in cui si verifica lo scioglimento”.
D’altra parte – così si prosegue -, la “giustificazione della violazione della norma non è fondata su concreti elementi di fatto”; l'”errato calcolo della situazione patrimoniale non è affatto dipeso da mancanze o negligenze della società allora convenuta, la quale ha invece consegnato ricca e sufficiente documentazione, allo scopo di addivenire al calcolo secondo legge”.
Non può poi stimarsi corretta – si rileva ancora l’affermazione della sentenza per cui sarebbe stato onere della società e del socio accomandatario comprovare il pregiudizio derivante loro dalla erronea individuazione del tempo rispetto al quale fermare la valutazione della quota. Secondo quanto dispone la normativa di legge in materia, la liquidazione deve essere operata con riferimento non già alla chiusura dell’esercizio, bensì al momento in cui lo scioglimento ha preso effetto.
6.- Il motivo è fondato e merita quindi di essere accolto.
7.- In stretta aderenza a un testo normativo per la verità univoco, qual è quello di cui all’art. 2289 c.c., comma 2, la giurisprudenza di questa Corte ha stabilito che il diritto di credito del socio, che comunque sia “uscito” dalla società, corrisponde al valore della quota in base alla situazione patrimoniale esistente al momento in cui il relativo rapporto viene a cessare.
“Nessuna rilevanza” – si è pure opportunamente rilevato “possono avere le successive vicende societarie” sul diritto che così è maturato e perfezionato. Sarebbe un controsenso se il socio “uscito” dovesse “in ipotesi sopportare le conseguenze anche negative di una gestione societaria alla quale è rimasto totalmente estraneo” (cfr., in particolare, Cass., 27 aprile 2011, n. 9397).
8.- Ciò fermato, non potrebbe comunque ritenersi causa esimente – dal rispetto del dato temporale fissato dalla norma dell’art. 2289 c.c., comma 2 – l’ipotetica assenza di una documentazione nel concreto idonea. Posto l’effettivo manifestarsi di una simile eventualità, soccorrerà semmai il ricorso a criteri sostitutivi, quand’anche di carattere presuntivo (ove opportunamente giustificati, com’e’ naturale).
In altri termini, le carenze documentali non potranno mai consentire uno spostamento nel tempo della presa di efficacia della cessazione del rapporto sociale e/o di quello di determinazione del valore della quota del socio uscente, quando pure si facesse riferimento a un preteso criterio del “giorno più prossimo”. Tanto meno potrà essere utilizzato, perciò, il mero riferimento al tempo del (più vicino) bilancio di esercizio, come hanno erroneamente ritenuto, per la specie presente, i giudici del merito.
Le eventuali carenze documentali presenti in fattispecie potranno piuttosto condurre a un maggiore, più gravoso impegno per l’elaborazione della consulenza tecnica. O anche, e al limite, a una certa dose di più accentuata “elasticità” (o approssimazione) del risultato in tale modo raggiunto. Con la conseguente esigenza che occorrerà fornire puntuale giustificazione, in sede di elaborazione peritale prima di tutto, del verificarsi di simili problematiche e dei mezzi adottati per risolverle.
9.- Nemmeno merita condivisione l’ulteriore assunto svolto dalla Corte salernitana, per cui sarebbe onere della società e/o dell’accomandatario allegare e comprovare che l’utilizzo di un criterio temporale diverso (da quello stabilito dalla norma dell’art. 2289 c.c., comma 2) venga nel concreto a portare a loro un pregiudizio.
Un simile assunto sembrerebbe, in realtà, volere fare “diventare” vicenda processuale quello che, per contro, si pone come requisito sostanziale della fattispecie. Nei fatti, comunque, viene a giustapporre in modo indebito questi due aspetti.
Il punto non e’, in altri termini, se l’uso di un criterio temporale diverso da quello stabilito dalla legge comporti un aumento o una diminuzione del montante del credito spettante all’ex socio per la liquidazione della quota o anche, nel caso, lasci inalterata la relativa somma.
Il punto e’, invece, che – dal giorno stesso in cui si verifica lo scioglimento – l’ex socio non partecipa più all’impresa societaria e agli affari della stessa. Con la conseguenza che lo stesso non ha più titolo né per lucrare guadagni, né per sopportare perdite.
10.- All’accoglimento del ricorso segue che va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Salerno che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni relative alle spese dl giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Appello di Salerno che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni relative alle spese di giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 25 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021