LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
D.A., nato in *****, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Mariani, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Luciano Natale Vinci, in Roma, via Taranto 90;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, (*****) – Prefettura di Potenza –
Questura di Potenza, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliati nei suoi uffici di Roma, via dei Portoghesi 12;
– intimati –
avverso il decreto del Giudice di Pace di Melfi, depositato il 27/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/02/2021 dal consigliere Dott. Alessandro M.
Andronio.
FATTI DI CAUSA
1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Giudice di Pace di Potenza, vista la richiesta formulata dal Questore ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5, ha disposto la proroga per 30 giorni del trattenimento dell’interessato presso il centro di permanenza per i rimpatri.
2. Avverso il provvedimento l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo di doglianza, la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 2, sul rilievo che la questura non avrebbe fornito alcuna documentazione a conferma dello svolgimento di attività volte all’identificazione e al rimpatrio del ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di Pace.
3. L’amministrazione intimata si è costituita, senza formulare deduzioni, al solo scopo dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è inammissibile, perché solo formalmente riferito a violazione di legge, ma sostanzialmente diretto a contestare la motivazione del provvedimento impugnato; contestazione preclusa in sede di legittimità, perché non rientrante nel novero dei motivi consentiti dall’art. 360 c.p.c. Deve in ogni caso rilevarsi che il ricorrente si limita a generiche asserzioni circa una pretesa non necessità di ulteriori accertamenti da parte della pubblica amministrazione nei suoi confronti, senza considerare la necessità di proseguire quelli in corso a suo carico, sulla base della documentazione prodotta dalla Questura.
2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla è dovuto per le spese dal ricorrente soccombente, in mancanza di costituzione dell’amministrazione resistente.
Poiché dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021