Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.22405 del 05/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da M.M., nato in *****, rappresentato e difeso dall’avv. Mauro De Martino, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, via Bergamo 12/a;

– ricorrente –

contro

Prefettura di Milano;

– intimata –

avverso l’ordinanza del Giudice di Pace di Milano depositata il 04/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/02/2021 dal consigliere Dott. Alessandro M.

Andronio.

FATTI DI CAUSA

1. Con il provvedimento indicato in epigrafe” il Giudice di Pace ha rigettato il ricorso proposto dall’interessato avverso il decreto di espulsione dal territorio dello Stato emesso dal Prefetto di Milano il 16/12/2017, sul rilievo che l’espulsione era stata intimata per violazione del termine di 90 giorni previsto per i brevi soggiorni dalla L. n. 68 del 2007, art. 1, comma 3, e che non poteva essere ritenuto probante il passaporto esibito dal ricorrente – recante un timbro di ingresso nell’area Schengen in data 12 settembre 2019, uno di uscita in data 3 dicembre 2019 e uno di rientro in data 11 dicembre 2019 – in quanto rilasciato soltanto il 2 agosto, e dunque non recante traccia degli ingressi anteriori a tale data. Inoltre, il ricorrente aveva dichiarato nel foglio notizie da lui sottoscritto di essere entrato in Italia il 25 marzo 2017, sbarcando a Bari da una nave.

2. Avverso il provvedimento l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con unico motivo di doglianza, la violazione di legge, sul rilievo che non sarebbe certo il superamento del termine di legge di 90 giorni, in quanto, dai timbri sul passaporto in uscita in ingresso dell’area Schengen risultava un totale di 87 giorni di permanenza e il biglietto aereo prodotto in atti era indice presuntivo della volontà di rispettare la legge. Ne’ il giudice italiano avrebbe potuto valutare la circostanza che l’uscita avvenisse verso altro paese dell’area Schengen, non avendo questo competenza su paesi terzi.

3. L’amministrazione intimata non si è costituita.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile, perché formulato in modo non specifico.

Il ricorrente deduce solo formalmente una violazione di legge – senza peraltro indicare la disposizione che intende violata – ma dirige le sue censure sulla valutazione che il giudice di pace ha fatto della documentazione presentata. Egli non contesta, però, la ratio decidendi del provvedimento impugnato, che non si basa né sul periodo di soggiorno dell’interessato in Italia nel settembre-dicembre 2019, né su profili attinenti a rapporti fra i vari paesi dell’area Schengen, quanto sulla circostanza – non contestata neanche con il ricorso per cassazione – che l’interessato ha dichiarato di essere entrato in Italia il 25 marzo 2017, senza però specificare e documentare alcuna data di uscita e, quindi, lasciando presumere di essersi trattenuto sul territorio Nazionale per ben più di 90 giorni.

2. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla è dovuto per le spese dal ricorrente soccombente, in mancanza di costituzione della controparte.

Poiché dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021

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