LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35859-2018 proposto da:
C.J., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicoletta Masuelli, giusta procura rilasciata con separato atto allegato al ricorso;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale Torino, Ministero dell’interno;
– intimato –
nonché contro Ministero dell’interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 24/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/03/2021 dal cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso al Tribunale di Torino, C.J., cittadino della *****, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegatagli dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 5379/2018, depositato il 24 ottobre 2018, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.
2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al richiedente della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del medesimo, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesima specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.
3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso C.J. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a quattro motivi. il Ministero ha replicato con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, C.J. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 1.1. Si duole il ricorrente del fatto che il Tribunale – sebbene abbia regolarmente fisato l’udienza di comparizione – non abbia provveduto all’audizione dell’istante, in tal modo privandolo della possibilità di evidenziare i progressi fatti nel percorso di integrazione, e della possibilità di fornire chiarimenti e approfondimenti relativi alla sua situazione.
1.2. Il motivo è infondato.
1.2.1. Nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve, invero, necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio. Tale interpretazione è resa evidente non solo dalla lettura, in combinato disposto, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, commi 10 ed 11, che distinguono, rispettivamente, i casi in cui il giudice può fissare discrezionalmente l’udienza da quelli in cui egli deve necessariamente fissarla, ma anche dalla valutazione delle intenzioni del legislatore che ha previsto la videoregistrazione quale elemento centrale del procedimento, per consentire al giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali, anche in ragione della natura camerale non partecipata della fase giurisdizionale (Cass., 05/07/2018, n. 17717; Cass., 26/10/2018, n. 27182; Cass., 11/12/2018, n. 32029; Cass., 17/04/2019, n. 10786).
In materia di protezione internazionale, pertanto, ove venga impugnato il provvedimento di diniego della commissione territoriale e non sia disponibile la videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza di comparizione delle parti ma, se non sono dedotti fatti nuovi o ulteriori temi d’indagine, non ha l’obbligo di procedere anche all’audizione del richiedente, salvo che quest’ultimo non ne faccia espressa richiesta deducendo la necessità di specifici chiarimenti, correzioni e delucidazioni sulle dichiarazioni rese in sede amministrativa (Cass., 11/11/2020, n. 25439; Cass., 07/10/2020, n. 21584). Il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve, pertanto, contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass., 11/11/2020, n. 25312).
1.2.2. Nel caso di specie, a fronte dell’impugnata sentenza che ha ritenuto – facendo applicazione dell’insegnamento di questa Corte – che non fosse indispensabile richiedere alcun chiarimento al richiedente, l’istante si è limitato ad un riferimento, del tutto generico, alla possibilità di fornire chiarimenti sulle dichiarazioni già rese, che il giudice ha ritenuto superflui.
2. Con il secondo motivo di ricorso, C.J. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 5, 6,7, e 8, nonché art. 10 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
2.1. Lamenta l’istante che il Tribunale non gli abbia riconosciuto lo status di rifugiato, omettendo di “valutare la disperata condizione nella quale sono costretti gli invalidi in *****”.
2.2. Il motivo è inammissibile.
2.2.1. Il ricorso che prospetti questioni che non risultano in alcun modo trattate dalla pronuncia impugnata deve allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, riproducendone, altresì, il contenuto essenziale, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 30/11/2006, n. 25546; Cass. 22/04/2016, n. 8206);
2.2.2. Nel caso concreto, a tale onere non ha adempiuto il ricorrente, a fronte della motivazione dell’impugnato decreto che non menziona in alcun modo tale doglianza, per cui la censura non può sottrarsi alla valutazione di inammissibilità.
3. Con Il terzo motivo di ricorso, C.J. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
3.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) b) – non idonea a fondare la protezione internazionale la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata a lasciare il Paese di origine, senza operare alcun accertamento officioso al riguardo.
3.2. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, della situazione socio-politica del Paese di origine.
3.3. I motivi sono inammissibili. Nel caso di specie, il giudice adito ha, invero, adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto che le dichiarazioni del richiedente, aventi ad oggetto una vicenda privata fossero inidonee, sebbene credibili, a fondare una domanda di protezione, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b). A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, in concreto, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).
3.4. Per quanto concerne, poi, la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) decreto succitato, va rilevato che il giudice adito ha accertato – sulla base di fonti internazionali aggiornate citate nel provvedimento, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 – che la regione di provenienza dell’istante è immune da situazioni di violenza generalizzata derivante da un conflitto armato interno o internazionale. A fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonché nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.
4. Con il quarto motivo di ricorso, C.J. denuncia la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, , in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
4.1. Si duole il ricorrente del fatto che il Tribunale non abbia inteso concedere al medesimo neppure la protezione umanitaria, sebbene sussistessero, nella specie, evidenti ragioni di vulnerabilità.
4.2. Il motivo è inammissibile.
4.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019 – in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale, e che l’istante non ha allegato né problemi di salute – non essendo rilevante la menomazione ormai consolidata – né “seri profili di integrazione sociale. Del resto, il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455), operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019).
4.2.2. Ne’ il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.
5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2021