Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.22448 del 06/08/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo A. – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25144/2017 proposto da:

***** s.r.l., in persona del presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Sardegna n. 38, presso lo studio dell’avvocato Caporale Antonio Michele, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Frau Giovanni, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento ***** s.r.l., in persona del curatore Dott. G.E., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Spadaro Marco, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Cooperativa Liberi Imprenditori e Professionisti soc. coop.; Pubblico Ministero presso il Tribunale di Catania;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1546/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 07/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2021 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- Nel marzo del 2016, la s.r.l. ***** ha presentato domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo al Tribunale di Catania, che la ha ammessa. Nel marzo del 2017, il Tribunale ha peraltro revocato l’ammissione, ravvisando nei comportamenti della società gli estremi degli atti di frode di cui alla L.Fall., art. 173, per una serie di ragioni, relative sia all’inserimento nel piano di talune passività ritenute inesistenti, sia per la mancata esposizione nell’attivo di talune attività.

Dando seguito alle richieste formulate sia da un creditore, sia dal Pubblico Ministero, il Tribunale ha poi dichiarato il fallimento della società.

2.- La s.r.l. ***** ha proposto reclamo L.Fall., ex art. 18 avanti alla Corte di Appello di Catania. Che la ha respinta con sentenza depositata in data 7 settembre 2017.

3.- La sentenza ha osservato, in particolare, che non tutte le diverse rilevazione di atti di frode evidenziate dal Tribunale sono state fatte oggetto di censura nei motivi esposti nel reclamo dalla società: così, in specie, è accaduto per l'”appostazione al passivo di interessi accessori a finanziamenti fruttiferi del socio Euinvest s.r.l., quantificati nella relazione del commissario giudiziale nella misura di Euro 176.530,14, in violazione del disposto dell’art. 2467 c.c. che ne prevede la postergazione”.

Per questo fatto – che costituisce per sé “condotta potenzialmente decettiva” e tale da giustificare la valutazione del Tribunale in punto di atti di frode” – non si ritrova “censura nei motivi di reclamo in questa sede proposti”; sì che manca, al riguardo, “idonea e tempestiva contestazione da parte della società reclamante”.

“Sebbene al reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento non si applichino, per la specialità del mezzo di gravame caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, i limiti previsti per l’appello del codice di rito agli artt. 342 e 345 c.p.c. – ha argomentato la pronuncia -, tale effetto non implica che il reclamo possa prescindere dalla formulazione dei motivi di gravame”.

4.- “Per completezza”, la Corte ha poi esaminato anche le altre circostanze che il Tribunale aveva ritenuto integranti gli estremi dell’atto di frode.

In questa prospettiva, la sentenza ha ritenuto ingiustificata l'”appostazione al passivo concordatario di ***** di un debito residuo derivante da contratti di leasing stipulati con UBI Leasing s.p.a., nei quali era subentrata altra società (la Bycsa s.p.a., a ciò precedentemente obbligatasi); come pure la “mancata esposizione nell’attivo di un credito nei confronti della società Bycsa ai fini del recupero del corrispettivo versato dall’utilizzatrice unitamente ai canoni in vista del riscatto dei beni concessi in leasing; nonché l'”occultamento di attività relative al valore corrispondenti all’avviamento commerciale dell’azienda”.

4.- Avverso questo provvedimento, la s.r.l. ***** ha proposto ricorso per cassazione, articolandolo in quattro motivi.

Ha resistito con controricorso il Fallimento della società.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensive nel presente grado del giudizio.

5.- Le parti costituite hanno anche depositate memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

6.- I motivi di ricorso sono stati intestati nei termini che qui di seguito vengono riportati.

Primo motivo: “violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 18 e att. 342 e 345 c.p.c., nella parte in cui la sentenza dichiara che è inammissibile la deduzione di motivi di impugnazione nuovi e diversi rispetto a quelli tempestivamente addotti con l’atto introduttivo”.

Secondo motivo: “violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 173, comma 1, nella parte in cui la sentenza afferma rientrare nell’occultamento o nella dissimulazione di parte dell’attivo per avere omesso la comunicazione di fatti ritenuti rilevanti”.

Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 173, comma 1, nella parte in cui la sentenza ritiene che il debitore abbia esposto passività insussistenti e occultato e/o dissimulato parte dell’attivo per avere considerato il contratto di leasing non avente natura traslativa”.

Quarto motivo: “violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 173, comma 1, nella parte in cui la sentenza ritiene che il debitore abbia occultato e/o dissimulato parte dell’attivo per non avere considerato valori avviamentali riferiti a un’azienda di cui il debitore non ha dato evidenza”.

7.- Col primo motivo, il ricorrente dichiara di avere “impugnato la sentenza dichiarativa di fallimento nella sua interezza, contestando integralmente la ricostruzione svolta dal Tribunale di primo grado e, per l’effetto, tutti i motivi posti alla base della decisione”. Per sottolineare, in via consecutiva, che al giudizio di reclamo L.Fall., ex art. 18 è pacificamente riconosciuta la natura di mezzo di impugnazione con “effetto devolutivo pieno”.

“Questa devoluzione piena” – si aggiunge inoltre – “comporta, in capo alla Corte di Appello, un onere conoscitivo di tutte le censure dedotte nelle motivazioni del provvedimento impugnato e, quindi, non solo di quelle portate a conoscenza della Corte territoriale mediante la specificazione di appositi motivi di impugnazione da parte dell’appellante, ma anche di quelli dedotti in replica alla memoria di controparte”.

La sentenza di Cass., 18 gennaio 2017, n. 1169 – si segnala altresì nella detta prospettiva – ha rilevato che, nel procedimento L.Fall., ex art. 18, il giudice è tenuto a esaminate “tutti i temi oggetto di doglianza… anche quando il reclamante si limiti a riproporre le tesi difensive già addotte, senza contrastare altrimenti le motivazioni in base alle quali il Tribunale le ha respinte”.

8.- Il motivo non può essere accolto.

9.- Nei fatti, il motivo di ricorso si limita ad asserire di avere contestato – nella sede del reclamo L.Fall., ex art. 18 – la ricostruzione effettuata dal Tribunale nella sua “integralità”; e di avere poi “dedotto”, nella sede della memoria di replica, specifici “motivi” di impugnazione. Lo stesso non riporta, dunque, il tenore testuale di quanto contestato nel contesto del reclamo; così come neppure trascrive – si può pure aggiungere – i termini di quanto sarebbe stato specificato nell’ambito della memoria di replica.

Ne consegue che, prima di ogni altra cosa, il motivo risulta inammissibile, per mancato rispetto del pur necessario requisito dell’autosufficienza, di cui all’art. 366 c.p.c.

10.- Secondo la giurisprudenza di questa Corte – è opportuno ancora esplicitare a completamento del discorso -, il “reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento è caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, ma tale affermazione non implica che sia sufficiente e idonea a provocare il secondo giudizio la mera richiesta di riesame, perfino senza enunciazione dei motivi. Ne consegue che, pur se risulti attenuato il requisito dell’art. 342 c.p.c., nondimeno è inammissibile la deduzione di motivi di impugnazione nuovi e diversi da quelli tempestivamente addotti con l’atto introduttivo”. L'”effetto integralmente devolutivo trova comunque un limite altrettanto testuale” – così è argomentato – nell’art. 18, comma 2, n. 3 in ragione del quale il “reclamante deve esporre, fin dall’atto introduttivo “gli elementi di diritto si cui si basa l’impugnazione”” (cfr., così, Cass., 13 giugno 2014, n. 13505; v. altresì Cass., 22 dicembre 2016, n. 26771).

Non registra diversità di valutazioni sul punto – va anche annotato la decisione di Cass., n. 1169/2017, cui per contro intende affidarsi il motivo svolto dal ricorrente. In realtà, tale pronuncia si occupa di un profilo tematico affatto diverso: come attinente alla rilevabilità, in sede di giudizio di reclamo L.Fall., ex art. 18, di ulteriori ragioni di revoca L.Fall., ex art. 173 del concordato preventivo, perché “resi evidenti solo in corso di procedura”.

11.- Ciò posto, la Corte di Appello ha ravvisato nel comportamento del debitore ***** – come sostanziantesi nell’inserire nelle passività un debito inesistente, perché relativo a interessi per “finanziamenti fruttiferi del socio Euinvest s.r.l.”, malgrado la norma dell’art. 2467 c.c. – la sussistenza di uno atto di frode rilevante L.Fall., ex art. 173.

Il ricorso, che nel concreto è stato proposto, non risulta contestare il merito di questa censura, che del resto si manifesta del tutto ragionevole.

Ne segue, allora, che la dichiarazione di inammissibilità del primo motivo di ricorso non può non comportare l’assorbimento degli altri motivi, perché in ogni caso inidonei a comportare, nel concreto, l’annullamento della sentenza impugnata.

12.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472