LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 7509/2015 r.g. proposto da:
DISCAVA s.r.l., (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore A.S., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’avvocato Luca Sannio, con cui elettivamente domicilia in Roma, via Giuseppe Avezzana n. 8, presso lo studio dell’Avvocato Paolo Grassi;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO di L.E., (cod. fisc. *****), in persona del curatore Dott.ssa C.N., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’avvocato Franco Tului, con il quale elettivamente domicilia in Roma, alla via Mercadante n. 9, presso lo studio dell’avvocato Adriano Aureli;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari, depositata in data 13 gennaio 2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/5/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. La Corte di Appello di Cagliari ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, l’appello avanzato da Discava s.r.l. contro la sentenza emessa in data 26.7.2013 dal Tribunale di Lanusei, con la quale, in accoglimento delle domande revocatorie separatamente proposte, e successivamente riunite, dal Fallimento di L.E. nei confronti dell’appellante, erano stati dichiarati inefficaci il contratto di locazione registrato in data 12.1.2010 ed il contratto di cessione di ramo d’azienda stipulato con atto pubblico del 5.8.2008 tra l’imprenditore in bonis e la società, con condanna di quest’ultima alla restituzione in favore del Fallimento dei beni oggetto dei predetti contratti.
La corte del merito, a sostegno della decisione, ha evidenziato che: i) in primo grado il difensore costituitosi per Discava s.r.l. in entrambi i giudizi, aveva dato atto di essere iscritto all’ordine professionale del foro di Nuoro, e cioè fuori del circondario dell’adito Tribunale di Lanusei, ed aveva eletto domicilio in *****; ii) secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, il procuratore esercente la propria professione al di fuori del circondario del tribunale competente per il giudizio ha l’obbligo di eleggere domicilio presso il luogo ove detto tribunale ha sede e l’elezione di domicilio in luogo diverso deve essere considerata “tamquam non esset”, con l’effetto che essa si intende avvenuta “ope legis” presso la cancelleria del medesimo tribunale; iii) sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, a partire dalle modifiche introdotte dalla L. 12 novembre 2013, n. 183, art. 25, degli artt. 125 e 366 c.p.c., occorre ritenere che la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., per gli atti di parte, e dall’art. 366 c.p.c., specificatamente per il solo giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine; iv) nel caso in esame, il procuratore costituito per Discava s.r.l. aveva sostenuto, all’udienza del 19.9.2014, di aver comunicato alla cancelleria del Tribunale di Lanusei il proprio indirizzo di posta elettronica certificata; v) tuttavia di tale comunicazione non vi era traccia negli atti del giudizio di primo grado, non avendo l’appellante neanche indicato in quale data e con quale mezzo l’avesse effettuata; vi) l’appellante non aveva neanche dimostrato di aver provveduto a comunicare tale indirizzo Pec alla controparte, ovvero che quest’ultima ne fosse venuta a conoscenza dagli atti del giudizio; vii) la sentenza appellata era stata pertanto ritualmente notificata, l’8.10.2003, dal Fallimento al procuratore costituito per Discava s.r.l. presso la Cancelleria del Tribunale di Lanusei, mentre l’atto di citazione in appello era stato notificato il 13.3.2014, in data ben successiva allo scadere del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c..
2. La sentenza, pubblicata il 13 gennaio 2015, è stata impugnata da Discava s.r.l. con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui il Fallimento di L.E. ha resistito con controricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. Con il primo ed unico motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Evidenzia che la corte d’appello ha posto a base della decisione un accertamento contrastante con le risultanze del fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado, dal quale emergeva che la cancelleria del Tribunale di Lanusei, a partire dal 15 ottobre 2012, aveva effettuato tutte le comunicazioni previste dalla legge all’indirizzo PEC del suo procuratore: da tale fatto, a dire della ricorrente, il giudice avrebbe dovuto pertanto trarre la prova non solo logica, ma finanche documentale, che il difensore aveva provveduto a indicare alla cancelleria il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.
1.1 Il motivo è inammissibile.
1.1 E’ pacifico che, nel caso qui in esame, non si applica il nuovo regime normativo dettato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, (conv. con modif. in L. n. 221 del 2012), come modificato dal D.L. n. 90 del 2014 (conv., con modif., in L. n. 114 del 2014), secondo cui la notificazione dell’atto di appello deve essere eseguita all’indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo, con la conseguenza che è nulla la notificazione effettuata – ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, – presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra anche la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (cfr. anche Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 14140 del 23/05/2019).
La sentenza oggetto di appello è stata infatti emessa in data 26.7.2013.
1.2 Soccorrono pertanto i principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità sotto l’egida applicativa del precedente regime normativo.
Sul punto questa Corte ha affermato che il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto di quest’ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione “ex lege” presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c., specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine (Sez. U, Sentenza n. 10143 del 20/06/2012; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21335 del 14/09/2017 Sez. 2 -, Ordinanza n. 28374 del 28/11/2017).
1.2 Ciò posto, osserva il collegio che, se da un lato, la decisione impugnata è conforme ai predetti principi di diritto, dall’altro, il motivo risulta formulato in modo inammissibile, posto che – a fronte dell’esplicito accertamento compiuto dalla corte del merito della mancanza di prova, in sede di gravame, dell’avvenuta comunicazione alla cancelleria dell’indirizzo pec del procuratore della ricorrente – non chiarisce né dove, né quando la comunicazione sarebbe stata invece effettuata e resa nota alla controparte, né specifica se la questione della presunzione (in tesi) ricavabile, in senso contrario a detto accertamento, dalle comunicazioni inviate in via telematica dalla cancelleria (che ben potrebbe aver operato di propria iniziativa, atteso che l’art. 136 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, già contemplava tale possibilità) sia stata dibattuta in sede di merito.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo ed in favore dello Stato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 133 (essendo stato ammesso il fallimento al patrocinio a spese dello Stato: cfr. pag. 4 memoria).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore dello Stato in Euro 5.000 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021
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