Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22466 del 06/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9996-2020 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO IPPOLITO D’AVINO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5452/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE.

RILEVATO

che M.M., cittadino del Mali, propone ricorso per cassazione avverso sentenza della Corte d’appello di Venezia del 2 dicembre 2019, che aveva rigettato il gravame avverso il decreto impugnato di rigetto della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria (egli riferiva di essere perseguitato dallo zio, capo villaggio, che non gli perdonava di avere sposato una donna appartenente alla casta degli schiavi);

che la Corte ha condiviso la valutazione del tribunale circa la non credibilità della narrazione, comunque non riconducibile ad alcuna tra le forme di protezione invocate.

CONSIDERATO

che il primo motivo, riguardante la valutazione di non credibilità del racconto, è formulato in modo del tutto generico, nel tentativo di sovvertire un incensurabile apprezzamento di fatto espresso dai giudici di merito;

che anche il secondo motivo, riguardante il giudizio di non compromissione dei diritti umani nel paese di origine, è inammissibile: esso contiene generiche critiche indirizzate a incensurabili apprezzamenti di fatto operati dai giudici di merito e non coglie la ratio decidendi – l’insussistenza di ragioni di vulnerabilità personali – posta a fondamento del rigetto della domanda di protezione umanitaria;

che il ricorso è inammissibile;

che non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

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