LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
E.J., nato in *****, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Mariani, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Luciano Natale Vinci, in Roma, via Taranto 90;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, (*****) – Prefettura di Ferrara –
Questura di Ferrara, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliati nei suoi uffici di Roma, via dei Portoghesi 12;
– intimati –
avverso l’ordinanza del Giudice di Pace di Ferrara, depositata il 19/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/02/2021 dal consigliere Dott. Alessandro M.
Andronio.
FATTI DI CAUSA
1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Giudice di Pace di Ferrara ha rigettato il ricorso proposto dall’interessato avverso il decreto del Prefetto di Padova del 19 febbraio 2019, con il quale ne era stata disposta la espulsione, per la sua irregolare presenza sul territorio nazionale.
2. Avverso il provvedimento l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo: 1) la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 nonché della L. n. 241 del 1990, art. 3 lamentando che il Giudice di Pace avrebbe rigettato la censura di nullità del decreto di espulsione per mancanza di firma del Prefetto, senza considerare che è ammessa in sostituzione solo la firma del Viceprefetto vicario e che dagli allegati non risulta un atto di delega ad altro funzionario; ci sarebbe, inoltre, una violazione dell’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo di espulsione; 2) la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 2, commi 6 e 7, art. 5, comma 6, art. 13, comma 7, sul duplice rilievo che vi sarebbe un vizio di omessa traduzione del decreto di espulsione nella lingua del ricorrente, l’inglese, essendo il medesimo cittadino nigeriano, e che l’espulsione non avrebbe potuto essere disposta in pendenza di domanda di protezione internazionale.
3. L’amministrazione intimata non si è costituita.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo di doglianza è in parte infondato e in parte inammissibile.
Deve rilevarsi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è legittimo il provvedimento di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato emesso dal vice prefetto aggiunto a ciò delegato dal vice prefetto vicario, in quanto la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia (prefetto, vice-prefetto vicario e vice-prefetto aggiunto), ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è del tutto irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato (ex plurimis, Sez. 6 – 1, ord. n. 28330 del 28/11/2017, Rv. 646780; Sez. 6 – 1, ord. n. 25271 del 14/12/2010, Rv. 615179; Sez. 1, ord. n. 7698 del 30/03/2009, Rv. 607449). A ciò deve aggiungersi che chi impugni il provvedimento del prefetto – deducendone l’illegittimità per insussistenza della delega di firma in capo al funzionario che, in sostituzione del prefetto o del vice-prefetto vicario, ha emesso il provvedimento – ha l’onere di provare detto fatto negativo, con la conseguenza che, nel caso in cui non riesca a procurarsi la pertinente relativa attestazione da parte dell’amministrazione, è tenuto comunque a sollecitare il giudice ad acquisire informazioni ex art. 213 c.p.c. ovvero ad avvalersi dei poteri istruttori di cui alla L. 24 novembre 1989, n. 689, art. 23, comma 6, presso l’Amministrazione medesima, la quale non può esimersi dalla relativa risposta. Ne consegue che, se il ricorrente rimane del tutto inerte processualmente, la presunzione di legittimità che assiste il provvedimento sanzionatorio non può reputarsi superata (principio affermato in relazione all’analoga fattispecie del provvedimento prefettizio di ordinanza-ingiunzione di pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria; ex plurimis, Sez. 2, ord. n. 20972 del 22/08/2018, Rv. 650028; Sez. 1, n. 23073 del 11/11/2016, Rv. 642652). Detti principi trovano applicazione anche nel caso di specie, in cui il ricorrente non ha provato il fatto negativo dell’insussistenza della delega di firma in capo al funzionario che ha emesso il provvedimento di espulsione.
Quanto alla censura relativa alla mancanza di motivazione del provvedimento amministrativo di espulsione, deve rilevarsi che la stessa è formulata in modo del tutto generico, perché non tiene conto di quanto affermato sul punto dall’ordinanza del Giudice di Pace, che esclude motivatamente la sussistenza di tale vizio del provvedimento prefettizio.
1.2. Anche il secondo motivo di doglianza è in parte inammissibile e in parte infondato.
In particolare, è inammissibile la censura di omessa traduzione del provvedimento di espulsione in lingua inglese, perché la stessa non tocca la ratio decidendi dell’ordinanza impugnata, secondo la quale la traduzione non era necessaria, avendo il ricorrente adeguata padronanza della lingua italiana.
E’ invece infondata la censura relativa agli effetti della domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato. Infatti, nel caso – come quello di specie – in cui la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta dopo l’adozione del decreto di espulsione del medesimo, detto decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità, restandone soltanto sospesa l’efficacia, con la conseguenza che il giudice di pace adito a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 8, non può, in ragione della proposizione della menzionata domanda, pronunciarne l’annullamento (ex plurimis, Sez. 1, ord. n. 5437 del 27/02/2020, Rv. 657039; Sez. 6, ord. n. 28860 del 12/11/2018, Rv. 651500).
2. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Nulla è dovuto per le spese da parte del ricorrente soccombente, in mancanza di costituzione dell’amministrazione resistente.
Poiché dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021