Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.22484 del 06/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10322/2020 proposto da:

A.E., elettivamente domiciliato in Petilia Policastro (KR), alla via Arringa n. 60, presso lo studio dell’avv. G. Scordamaglia, che lo rappresenta e difende, per procura in atti.

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno *****, Procura Della Repubblica Di Catanzaro;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1907/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 03/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/03/2021 dal cons. SOLAINI LUCA.

RILEVATO IN FATTO

che:

La Corte d’appello di Catanzaro ha respinto il gravame proposto da A.E., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato alla richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di aver lasciato il proprio paese per recarsi in Benin dopo essere stato scoperto da alcune persone mentre aveva un rapporto omosessuale con un amico. Ha aggiunto di essere stato processato e tenuto in prigione per 4 mesi e, infine, di essere riuscito a scappare con il denaro procurato dalla madre.

A supporto della decisione di rigetto, la Corte d’appello ha ritenuto il ricorrente non credibile perché la vicenda descritta non aveva trovato riscontro davanti alla Commissione ed era stata riportata dal richiedente asilo in modo contraddittorio e poco attendibile. La Corte distrettuale non ha, quindi, riconosciuto né lo status di rifugiato né la protezione internazionale. In particolare, la Corte d’appello ha accertato l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata in Nigeria per l’assenza di conflitti armati. Infine, la Corte d’appello non ha ravvisato la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario.

Contro la sentenza della medesima Corte d’appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (1) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 con riferimento ai profili di credibilità e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10 e 27, per inottemperanza dell’obbligo di cooperazione istruttoria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; (2) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 6,7 e 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato riconoscimento dello status di rifugiato; (3) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 3 e art. 14, comma 1, lett. a) e b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento al timore si subire torture o trattamenti degradanti; (4) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento ai seri motivi di carattere umanitario e alla violazione dei diritti fondamentali nel paese d’origine.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto solleva censure sul merito della valutazione di non credibilità che è discrezionale (anche se non arbitraria), quindi, incensurabile in cassazione se congruamente motivata come nella specie.

Il secondo e terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono inammissibili, perché contestano l’accertamento di fatto condotto dalla Corte d’appello sia sulla situazione personale del richiedente che sulla situazione generale della Nigeria e della zona di provenienza del ricorrente, profili (sui quali la Corte non può entrare) che quest’ultimo censura, pur con distinte fonti (report del Dipartimento di Stato Usa 2016-2017, v. p. 10 del ricorso) ma in termini di mero dissenso.

Il quarto motivo è in primo luogo, inammissibile, perché solleva censure sul merito dell’accertamento delle distinte situazioni di vulnerabilità, riferibili al ricorrente. In ogni caso, è infondato, perché è stato reso il giudizio comparativo, da parte della Corte d’appello, in senso sfavorevole al ricorrente.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2021

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