LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 38307-2019 proposto da:
P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ROMEO RODRIGUEZ PEREIRA 41, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PIROZZI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTA NESTO;
– ricorrente –
contro
PA.MI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO MAGNO, 23/A, presso lo audio dell’avvocato GIAMPIERO PROIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO PANIZ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 483/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 10/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PARISE CLOTILDE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con sentenza n. 567/2018 il Tribunale di Pordenone, dato atto della declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto in data 1-6-2009 tra P.A. e Pa.Mi. pronunciata con sentenza parziale n. 327/2017 dello stesso Tribunale, confermava l’affido della figlia minore B., nata il 15-12-2008, ai Servizi Sociali, con compiti di sostegno e monitoraggio nei rapporti tra le parti e di ciascun genitore con la figlia, autorizzandoli ad avvalersi della collaborazione del Consultorio Familiare territorialmente competente per l’effettuazione di incontri mensili o bimestrali con i genitori e con la minore, finalizzati a verificare lo stato psico-fisico della bambina e a relazionarne ai Servizi, disponeva la prevalente collocazione della minore presso l’abitazione materna, in Concordia Sagittaria, con possibilità per il padre di tenerla con sé a Belluno a fine settimana alterni, dalla fine della scuola alla domenica sera, ed a Concordia Sagittaria per un paio di pomeriggi infrasettimanali, dalla fine della scuola fino alla sera dopo cena, regolamentando le frequentazioni tra la bambina e i genitori durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive, nonché confermando a carico del Pa. l’onere di contribuire al mantenimento di B. con un assegno mensile di Euro 3.500,00, da versare alla madre in forma tracciabile, rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat, nonché di farsi carico del 100% delle spese straordinarie mediche e scolastiche e del 70% di quelle ludico-ricreative.
2. Con sentenza n. 483/2019 pubblicata il 10-7-2019 la Corte d’Appello di Trieste ha parzialmente accolto l’appello proposto da Pa.Mi. avverso la citata sentenza, ha ridotto il contributo mensile dovuto dal padre per il mantenimento della figlia minore ad Euro 1.750, rivalutabile annualmente secondo indici Istat, ponendo integralmente a carico del padre le spese di carattere straordinario di qualunque genere. La Corte d’appello ha dichiarato inammissibile la domanda di modifica della sentenza di primo grado proposta ai sensi dell’art. 337 quinquies c.c. e L. n. 898 del 1970, art. 6 dalla madre, ritenendo che il procedimento previsto dal citato art. 337 quinquies c.c. non potesse essere introdotto per la prima volta davanti al giudice d’appello in sede di gravame avverso la stessa sentenza, ma solo avanti al Tribunale che aveva emesso la sentenza, e ciò in ogni tempo, quindi indipendentemente dalla formazione del giudicato.
2. Avverso la suddetta sentenza, la ricorrente P.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti di Pa.Mi., che ha resistito con controricorso.
In data 4-8-2020 la ricorrente ha depositato istanza di fissazione quanto prima possibile dell’udienza, anche non partecipata o mediante trattazione da remoto, previa assegnazione del ricorso alla sezione, facendo rilevare che il ricorso dalla stessa proposto ex art. 373 c.p.c. era stato rigettato dalla Corte d’appello di Trieste e che la minore necessitava di adeguata tutela.
Con memoria ex art. 378 c.p.c. notificata il 30-3-2021 e depositata il 2-4-2021 il controricorrente ha dato conto di sopravvenute iniziative giudiziali intraprese dalla ricorrente, come da documenti allegati alla memoria, e ha chiesto l’urgente fissazione dell’udienza di trattazione del ricorso.
In data 7-5-2021 a mezzo PCT parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., dichiarando di rinunciare al quinto motivo di ricorso, in relazione al quale ha chiesto accertarsi la cessazione della materia del contendere, e chiedendo accogliersi gli altri motivi.
In data 11-5-2021 a mezzo PCT il controricorrente ha depositato memoria di replica chiedendo dichiararsi l’inammissibilità della rinuncia al quinto motivo di ricorso formulata dalla ricorrente, rilevando essere preclusa alla ricorrente stessa la facoltà di rinuncia agli atti del giudizio con conservazione del potere di riproporre la domanda oggetto di quel motivo, a suo avviso concernente la competenza della Corte d’appello a conoscere della modifica delle condizioni di divorzio concernenti l’affidamento della figlia per fatti sopravvenuti, senza limiti temporali. Il controricorrente ha, inoltre, ribadito le deduzioni già in atti, chiedendo dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso.
3. La ricorrente denuncia, con il primo motivo, la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata stabilisce che l’importo di Euro 3.500 mensili a titolo di mantenimento ordinario, rimasto invariato dal 2014, anno di pronuncia della sentenza di separazione, sia eccessivo per le necessità di una bambina di 10 anni in base alle presumibili spese che la madre si trova a dover affrontare, risultando, ad avviso della ricorrente, la motivazione del tutto priva di argomentazioni logiche a sostegno del convincimento espresso, al punto da essere del tutto apparente e pertanto nulla.
3.1. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 337 ter c.c., censurando la parte della sentenza ove si stabilisce la riduzione del mantenimento della minore sulla base delle presumibili spese che la madre si trova ad affrontare mensilmente per una bambina di 10 anni, per avere la Corte d’appello adottato un criterio presuntivo – non previsto dalla legge – per la commisurazione dell’assegno di mantenimento per la minore senza rispettare i criteri stabiliti dall’art. 337 ter c.c. per la determinazione del predetto assegno.
3.2. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, in relazione all’art. 2697 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la madre, attuale ricorrente, avesse l’onere di dimostrare in sede di appello il diritto della minore di mantenere un assegno di mantenimento invariato rispetto a quanto stabilito in sede di separazione, con una sentenza antecedente di 5 anni.
3.2. Con il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 115 c.p.c., censurando la parte della sentenza in cui si fa riferimento generico a particolari risorse economiche dell’appellata attribuendole, oltre che la professione di avvocato, anche la carica di sindaco, per avere la Corte territoriale omesso di valutare le prove relative alle reali consistenze reddituali della parte appellata ed aver completamente travisato il fatto della carica di sindaco per errore di percezione (errata lettura di un atto di causa), considerando reale un dato di fatto inesistente. 3.3. Con il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 337 quinquies c.c., art. 710 c.p.c. e art. 9 L. n. 898 del 1970, censurando la parte della sentenza con cui è stata dichiarata inammissibile la richiesta di modifica delle condizioni di divorzio in sede d’appello, per avere la Corte di merito violato le norme e la giurisprudenza consolidata in tema di competenza funzionale del Giudice d’Appello sulla modifica delle condizioni di divorzio ex art. 337 quinquies c.c. per fatti accaduti successivamente alla pronuncia di primo grado, depositata il 12-7-2018.
4. In via pregiudiziale, deve dichiararsi inammissibile la memoria di replica depositata tramite PCT in data 11-5-2021 dal controricorrente, e ciò in quanto atto processuale non previsto dal codice di rito.
Sempre in via pregiudiziale, devono essere esaminate le questioni processuali sollevate dal controricorrente con la memoria illustrativa notificata il 31-3-2021, nonché la correlata questione relativa all’ammissibilità della rinuncia al quinto motivo di ricorso formalizzata dalla ricorrente con la memoria illustrativa depositata tramite PCT il 7-5-2021.
4.1. Occorre premettere che, come si è detto, il quinto motivo riguarda la domanda di modifica delle condizioni di affidamento della figlia minore, che è stata proposta in sede d’appello dall’attuale ricorrente in conseguenza di fatti sopravvenuti dopo la sentenza del Tribunale, depositata il 12-7-2018. La Corte di merito ha ritenuto di non poter provvedere sulle domande formulate dalla P. di affidamento esclusivo della minore (cfr. pag.n. 24 e 25 del ricorso, in cui l’illustrazione del motivo è riferita solo al regime di affidamento) e le ha perciò dichiarate inammissibili. A detto motivo di gravame, che è l’unico concernente l’affidamento, la ricorrente ha rinunciato, dopo aver chiesto ed ottenuto, in pendenza del presente giudizio, dal Presidente del Tribunale di Pordenone in data 1711-2020 un provvedimento emesso inaudita altera parte contingibile ed urgente ex art. 333 c.c., avente decorrenza dal novembre 2020, di parziale modifica del provvedimento di affidamento della minore, e, di conseguenza, del provvedimento in essere di mantenimento della stessa minore, in relazione ad una situazione sopravvenuta dopo la sentenza d’appello impugnata nel presente giudizio (cfr. doc. allegato alla memoria illustrativa della ricorrente e a quella del controricorrente notificata il 31-3-2021, la cui produzione ai sensi dell’art. 372 c.p.c. è da ritenersi ammissibile perché necessaria ai fini della valutazione dell’ammissibilità della rinuncia al quinto motivo di ricorso e della persistenza di interesse alle censure formulate con gli altri motivi di ricorso -cfr. Cass. n. 26862/2016).
4.2. Ciò posto, secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, la rinuncia ad uno o più motivi di ricorso rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure ed implica una valutazione tecnica da parte del difensore in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione, essendo, pertanto, la suddetta rinuncia rimessa alla discrezionalità del difensore stesso e, quindi, sottratta alla disciplina di cui all’art. 390 c.p.c. per la rinuncia al ricorso (Cass.n. 414/2021; Cass. n. 17893/2020).
Nella specie, la rinuncia al quinto motivo di ricorso è stata ritualmente formalizzata nei termini di cui si è detto e ne consegue, in applicazione dei principi di diritto suesposti, l’inammissibilità dello stesso motivo per sopravvenuta carenza d’interesse ad impugnare.
4.2.1. Non ha fondamento quanto sostenuto nella memoria illustrativa dal controricorrente, secondo cui la nuova iniziativa giudiziaria della ricorrente, ossia il successivo giudizio instaurato dalla stessa ex art. 333 c.c. avanti al Tribunale di Pordenone, potrà determinare sovrapposizione o eventuale contrasto o interferenza tra giudicati.
La rinuncia di cui si è detto e, di conseguenza, la sopravvenuta inammissibilità del quinto motivo di ricorso concernono una statuizione in rito (inammissibilità della richiesta della madre di modifica del regime di affidamento della minore per fatti sopravvenuti dopo la sentenza del Tribunale), che, in quanto tale, è idonea ad acquisire l’autorità e gli effetti interni del solo giudicato formale, ed è invece priva di ogni efficacia esterna, tale da poter “fare stato” al di fuori del processo in cui si sia formata, giacché risolve questioni riguardanti il singolo processo in cui è pronunciata. Dunque, solo la decisione di rito è passata ora in giudicato, per la sopravvenuta carenza di interesse ad agire dell’attuale ricorrente, e si tratta, per l’appunto, di un giudicato non sostanziale, ossia incidente sui diritti e pretese azionati, ma solo formale, perciò, nella specie, inidoneo a realizzare un potenziale conflitto di giudicati, sul piano sostanziale, con il procedimento di revisione (cfr. Cass. n. 18160/2015; Cass. n. 7185/2010). In altri termini, nel presente giudizio non si può più discutere dell’affidamento della minore, oggetto del motivo di gravame rinunciato, essendo venuto meno l’interesse della ricorrente alla prosecuzione del presente processo con riferimento a quella pretesa, sicché non può determinarsi con l’altro giudizio alcuna eventuale interferenza, che deve valutarsi con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della pronuncia e, dunque, tenuto conto anche degli eventi processuali sopravvenuti (Cass.n. 26862/2016).
4.3. Gli altri motivi di gravame, non rinunciati, sono diretti a censurare la statuizione d’appello sulla quantificazione del contributo di mantenimento, che è stata ridotta dalla Corte di merito ad Euro 1.750 mensili, in luogo dell’importo di Euro 3.500 stabilito dal Tribunale.
Sotto un primo profilo, occorre rilevare che si tratta di doglianze con ambito contenutistico diverso da quella rinunciata (quinto motivo), di tal che deve ritenersi ancora sussistente l’interesse all’impugnazione in relazione alle stesse. Secondariamente, non può sostenersi, contrariamente a quanto afferma il controricorrente, che processualmente “convivano due autonome e contrastanti iniziative giudiziali” (pag.6 memoria del controricorrente) idonee a determinare eventuale conflitto di giudicati, atteso che il procedimento di revisione instaurato avanti al Tribunale di Pordenone concerne fatti sopravvenuti alla sentenza d’appello, in base a quanto si legge nel provvedimento dello stesso Tribunale allegato dalle parti, ossia riguarda, necessariamente, circostanze e periodi diversi da quelli oggetto dei motivi non rinunciati (cfr. Cass. n. 283/2020), all’evidenza non suscettibili di trovare ingresso nella presente fase di giudizio. Non può, pertanto, esservi interferenza con la regolamentazione, in punto mantenimento, stabilita con la sentenza d’appello oggetto dell’attuale impugnazione per il periodo anteriore, rimasta vigente in pendenza del presente giudizio, e le doglianze espresse con i motivi non rinunciati troveranno, di conseguenza, limite temporale nella data del nuovo provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale di Pordenone (17-11-2020).
5. Posto, dunque, che i motivi di ricorso non rinunciati devono essere scrutinati, il primo è fondato.
5.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando, pur se graficamente esistente, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (Cfr.Cass. n. 13248/2020; Cass. S.U. n. 8053/2014).
5.2. La Corte d’appello ha motivato la statuizione censurata affermando che la somma di Euro3.500 mensili posta a carico del padre per il mantenimento della figlia minore è “sicuramente eccessiva rispetto alla presumibile spesa che la P. si trova ad affrontare mensilmente per il mantenimento ordinario di una bambina di 10 anni, che, anche alla luce delle difese svolte dalla stessa appellata, non appare caratterizzato da particolari e sostenute esigenze di vita quotidiana. Inoltre deve considerarsi la non insignificante capacità reddituale della stessa P.- avvocato libero professionista e sindaco di una piccola cittadina- che senz’altro le consente di contribuire ulteriormente al mantenimento della figlia, anche in misura più contenuta rispetto a quel che riguarda il Pa.”.
La Corte di merito, nel riformare la statuizione del Tribunale sul contributo di mantenimento, rimasto invariato dalla pronuncia della sentenza di separazione del 2014, secondo quanto affermato in ricorso e non contraddetto dal controricorrente, non ha esplicitato le ragioni in base alle quali non è stata ritenuta condivisibile la decisione di primo grado, pur fondata sulle medesime risultanze istruttorie, ed ha ancorato la valutazione sulla quantificazione “sicuramente eccessiva” del contributo di mantenimento a carico del padre a generiche ed astratte affermazioni (“spesa” presumibile affrontata dalla madre per le “esigenze di vita quotidiane” della minore), avulse dall’esame specifico del caso concreto, che va effettuato con riferimento ad ogni elemento di rilevanza ai fini che qui interessano, come costantemente precisato da questa Corte. Infatti, il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall’art. 147 c.c., obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fino a quando la loro età lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione. Tale principio trova conferma nel nuovo testo dell’art. 155 c.c., come sostituito dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 1, il quale, nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza, secondo uno standard di soddisfacimento correlato a quello economico e sociale della famiglia, e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti (tra le tante Cass.n. 17089/2013).
Dal tenore testuale della motivazione della sentenza impugnata sopra riportato non è dato evincere quali elementi specifici e concreti siano stati posti a base del convincimento espresso dalla Corte d’appello, né si rinviene disamina, ed invero neppure menzione, di tutti i parametri di rilevanza enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte, sìcché non è consentito alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio.
Pertanto ricorre il vizio motivazionale denunciato e merita accoglimento il primo motivo, restando assorbiti gli altri motivi non rinunciati.
6. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, nei limiti contenutistici e temporali precisati (cfr. p.4.3.), dichiarati assorbiti il secondo, il terzo e il quarto, nonché dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse il quinto, con la cassazione della sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
PQM
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso, dichiarati assorbiti il secondo, il terzo e il quarto, nonché dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse il quinto, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2021