Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22560 del 10/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FASANO Anna Maria – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

nel procedimento n. 22657/2017 ha pronunciato la seguente:

C.P. nato il ***** a Ferrara elettivamente domiciliato in Roma viale Bruno Buozzi 99 presso lo studio dell’avv. Fabrizio Criscuolo che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Vittorio Dalloca.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (c.f. *****) in persona del Direttore pro tempore; rappresentata e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici in Roma via dei Portoghesi 12 è

domiciliata.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, n. 808/2017, depositata il 23 febbraio 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20.05.2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa RUSSO RITA.

RILEVATO

CHE:

Il contribuente ha impugnato l’avviso di liquidazione registro e sanzioni notificatogli in relazione all’atto di mutuo che aveva stipulato il 25 giugno 2009, assoggettato ad imposta sostitutiva agevolata in quanto collegato ad un acquisto di immobile dichiarato come prima casa. L’Agenzia ha accertato che al momento dell’acquisto il contribuente era proprietario di altra casa di abitazione sita nel Comune di Ferrara, acquistata nel 1999 con i benefici per la prima casa e che, un mese prima dell’acquisto dell’immobile per il quale era stato erogato il mutuo, aveva mutato la destinazione d’uso, da abitazione ad ufficio, della casa acquistata nel 1999. Il contribuente deduceva il difetto di motivazione dell’avviso e comunque che al momento dell’acquisto egli non era più titolare di alcuna casa di abitazione. In primo grado il ricorso è stato accolto. Ha proposto appello l’Agenzia delle entrate deducendo che il mutamento di destinazione d’uso era stato fatto per eludere le norme agevolative e che il contribuente tre anni dopo aveva nuovamente variato la destinazione d’uso dell’immobile acquistato nel 1999 da ufficio a casa. La CTR dell’Emilia Romagna ha accolto l’appello ritenendo che nella fattispecie vi siano una pluralità di elementi che dimostrano la strumentalità del mutamento di destinazione d’uso ai fini dell’elusione della normativa in tema di agevolazione prima casa; ha ritenuto che il contribuente all’atto dell’acquisto dell’immobile di cui si tratta aveva già una casa di abitazione (acquistata con le agevolazioni prima casa), e che detta casa fosse la effettiva casa di abitazione del contribuente stesso e che il mutamento d’uso fosse soltanto fittizio, per fruire per la seconda volta delle agevolazioni fiscali.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a tre motivi. L’Agenzia, si è costituita resistendo con controricorso. Il contribuente ha depositato memoria. La causa è stata trattata udienza camerale non partecipata del 20 maggio 2021.

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 la violazione del D.L. n. 155 del 1993, art. 16 convertito in L. n. 249 del 1993 modificativo del T.U. imposta di registro, tariffa, art. 1, parte prima, nota II bis, lett. c) allegata.

Il contribuente deduce che al momento della stipula l’immobile acquistato era effettivamente prima casa in ragione della modificazione di uso dell’altro; ciò che rileva è infatti la destinazione catastale e l’agevolazione può essere concessa anche quando l’utilizzazione di fatto dell’altro immobile non è conforme alla destinazione catastale. All’atto di acquisto di questa seconda casa cui afferisce il mutuo il ricorrente egli non aveva una casa di abitazione nel Comune perché l’immobile già acquistato con le agevolazioni prima casa aveva perso le caratteristiche di abitazione.

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione del TUR, nota II bis, comma 1, lett. b), art. 1 della tariffa, parte prima allegata. Il contribuente deduce che non è impedita la richiesta di agevolazioni per la prima casa in presenza nel suo patrimonio di quote di proprietà o di diritti reali e in particolare non è impedita laddove l’applicazione precedentemente acquistata sia stata trasformata in un immobile diverso; le agevolazioni prima casa si applicano al momento dell’atto di trasferimento della proprietà immobiliare mentre i mutamenti successivi sono irrilevanti.

Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 l’omessa motivazione della sentenza dell’impugnata su un punto decisivo; secondo il contribuente il giudice d’appello ha omesso di considerare il costante orientamento giurisprudenziale in virtù del quale ha diritto all’agevolazione prima casa chi al momento dell’acquisto di un immobile sia proprietario di un altro utilizzato come studio professionale I motivi primo e secondo, da esaminarsi congiuntamente perché connessi, sono fondati.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, nota II bis, allegata alla tariffa prevede che ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione deve ricorrere, tra le altre, la condizione che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare. La norma prevede inoltre (comma IV) che in caso di dichiarazione mendace sono dovute le imposte in misura ordinaria nonché una sovrattassa. Ora, è pacifico che al momento dell’acquisto il contribuente era proprietario di un immobile la cui destinazione abitativa era già stata modificata, sicché la sua dichiarazione non può considerarsi mendace.

Questa Corte ha infatti già affermato il principio cui il Collegio intende dare continuità secondo il quale ai fini della fruizione dei benefici per l’acquisto della prima casa, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, nota seconda bis, tariffa allegata, nel testo ratione temporis applicabile alla stipula qui in esame (2009) condiziona l’agevolazione alla non titolarità del diritto di proprietà di altra “casa di abitazione” nel territorio del Comune ove è situato l’immobile da acquistare senza più menzionare anche il requisito dell’idoneità dell’immobile, presente invece nella precedente formulazione della norma, sicché non assume rilievo la situazione soggettiva del contribuente o il concreto utilizzo del bene, assumendo rilievo il solo parametro oggettivo della classificazione catastale dello stesso(Cass. n. 25646 del 2015; Cass. n. 25521 del 2016).

La circostanza che il contribuente avesse già goduto della prima agevolazione non può ostare alla seconda, e pur se l’intera operazione può apparire preordinata a beneficiare due volte della stessa agevolazione, questo risultato può essere contrastato dall’erario, in quanto l’Agenzia avrebbe potuto dichiarare la decadenza dalla prima agevolazione al momento del cambio di destinazione e revocare i benefici concessi con riferimento al precedente acquisto, in quanto la modifica della destinazione d’uso determina la revoca del beneficio (Cass. n. 19255 del 2017; sulla possibilità di fruire più volte della agevolazione cfr. Cass. n. 2072 del 2016).

Ne consegue in accoglimento del primo e secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari altri accertamenti in fatto può decidersi nel merito accogliendo l’originario ricorso del contribuente. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza mentre le spese dei gradi di merito possono essere compensate.

PQM

Accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso del contribuente.

Condanna parte controricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.800,00 per compensi, Euro 200,00 per spese non documentate oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge. Compensa le spese del doppio grado di merito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021

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