Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.22640 del 10/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14145-2020 r.g. proposto da:

O.P., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avvocato Pasquale D’Incecco, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Pescara, Viale Amerigo Vespucci n. 19;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna, depositato in data 8.4.2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1/6/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Bologna ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da O.P., cittadino *****, dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato a *****, nel *****, ma di essere vissuto a ***** (*****); ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché il padre era stato coinvolto in una faida della comunità locale, in seguito alla quale era stata incendiata l’abitazione familiare.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile, lacunoso e contraddittorio e perché le ragioni della migrazione erano in realtà prettamente economiche; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla *****, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano né una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. Il decreto, pubblicato l’8.4.2020, è stato impugnato da O.P. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, e ciò in relazione al profilo contestato della dichiarata mancata integrazione sociale del richiedente, fondata erroneamente da parte del tribunale sull’accertamento del suo attuale stato di disoccupazione.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, comma 1, lett. e, ed f, e artt. 7 e 8, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, comma 1, lett. g e h, e art. 14, in relazione a quanto previsto dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 2, comma 1, lett. f e g. Si evidenzia l’erronea valutazione delle predette norme laddove il tribunale non aveva riconosciuto la sussistenza di atti di persecuzione politica in danno del padre.

4. Prima di esaminare i motivi di doglianza proposti dalla parte ricorrente, la Corte rileva la nullità della procura alle liti apposta al ricorso, con conseguente declaratoria di inammissibilità di quest’ultimo.

Occorre invero ricordare che le Sezioni Unite civili, pronunciando su questione di massima di particolare importanza oggetto di contrasto in tema di protezione internazionale (cfr. sent. n. 15177 del 1.6.2021), hanno affermato che il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Nella procura predetta, pertanto, deve essere contenuta in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato ed il difensore può certificare, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente. Tale interpretazione della portata precettiva della norma citata – hanno chiarito le SS.UU. cit. supra risulta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Facendo applicazione dei principi di diritto qui ricordati (e riaffermati), il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente è dunque inammissibile.

Nel caso di specie, infatti, la procura speciale rilasciata al difensore a margine del ricorso per cassazione (neanche dettagliata nel contenuto con indicazione del decreto di rigetto adottato dalla sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Bologna e della sua data) – pur recando, accanto alla firma del conferente, la data di rilascio della procura successiva a quella del decreto impugnato – non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato, recando unicamente l’autenticazione della firma.

Non occorre provvedere sulle spese, non essendosi costituita la parte intimata.

Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza (cfr. sempre ss.uu., n. 15177/2021, cit. supra).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 01 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021

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