LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TORRICE Amelia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13053-2015 proposto da:
C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER 36, presso lo studio dell’avvocato SIMONA GHIONNI, rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELE SALVATORE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso il cui Ufficio domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrente –
e contro
ISTITUTO TECNICO NAUTICO L. ACCIAIUOLI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 464/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 19/05/2014 R.G.N. 1468/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte d’Appello di L’Aquila – giudice del rinvio all’esito della sentenza di questa Corte del 30 novembre 2011 n. 25413 – con sentenza del 19 maggio 2014 n. 464, in riforma della sentenza del Tribunale di Chieti, respingeva la domanda proposta da C.D. – appartenente al personale ATA Enti Locali, trasferito ex lege n. 124 del 1994, art. 8 nei ruoli del personale del Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca (in prosieguo: MIUR)- diretta ad accertare il proprio diritto a vedersi riconoscere nei ruoli dello Stato l’intera anzianità di servizio maturata presso l’ente Locale ed alla condanna del MIUR al pagamento delle conseguenti differenze di retribuzione.
2. La Corte territoriale, richiamate le statuizioni della sentenza rescindente ed i principi affermati nella sentenza della Corte di Giustizia UE del 6 settembre 2011 in causa C- 108/10 Scattolon, che ne costituivano il fondamento, dava altresì atto della sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo del 7 giugno 2011 Agrati; sulla base delle suddette pronunce della Corte di Giustizia e della Corte EDU disapplicava la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, ritenendolo contrastante con la normativa comunitaria sul trasferimento di impresa e con il principio di parità delle armi in ambito processuale.
3. Osservava, tuttavia, che la sentenza rescindente non aveva accertato in via definitiva il diritto del ricorrente al riconoscimento integrale dell’anzianità di servizio ma aveva soltanto affermato, richiamando la sentenza della Corte di Giustizia, che il mancato integrale riconoscimento della pregressa anzianità sarebbe stato illegittimo se ed in quanto ne fosse derivato per il lavoratore un peggioramento retributivo sostanziale.
4. Il giudice del rinvio escludeva detto peggioramento.
5. Evidenziava che il ricorrente non lamentava di avere subito dal gennaio 2000 un peggioramento retributivo rispetto a quanto percepito presso l’ente locale ma si doleva del fatto che se gli fosse stata riconosciuta l’integrale anzianità di servizio maturata all’atto del trasferimento nei ruoli del MIUR gli sarebbe stata attribuita una retribuzione maggiore di quella riconosciutagli.
6. Sin dall’origine la domanda era diretta ad ottenere un inquadramento stipendiale più elevato mentre il peggioramento retributivo vietato dalla direttiva 77/187/CEE poteva sussistere soltanto nel caso in cui la retribuzione goduta presso l’ente di provenienza fosse superiore a quella riconosciuta presso l’ente di destinazione. Il ricorrente neppure aveva dedotto detto peggioramento; dai documenti prodotti dalla amministrazione resistente emergeva, al contrario, un miglioramento, per effetto del riconoscimento dei compensi individuali accessori.
7. Non poteva essere valorizzato il mancato riconoscimento di talune indennità previste dalla contrattazione collettiva per il personale del comparto enti locali: da un lato la eccezione, diretta a contestare la individuazione del maturato economico complessivo erogato dall’ente di provenienza, risultava del tutto nuova e dunque inammissibile; dall’altro, il lavoratore non forniva alcuna prova del carattere fisso e continuativo delle indennità invocate, limitandosi a dedurre solo l’ammontare complessivo percepito nel 1999.
8. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza C.D., affidato ad un unico motivo, al quale ha opposto difese il MIUR con controricorso. L’istituto scolastico Tecnico Nautico “L. Acciaiuoli” di ***** è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 -” falsa applicazione della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 8, dell’art. 2112 c.c. e della direttiva 77/187 CEE”.
2. Ha dedotto che il giudice del rinvio, dopo avere ritenuto di dovere disapplicare la norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218, aveva errato nel ritenere applicabile la normativa generale dell’art. 2112 c.c. e la direttiva 77/187/CEE laddove la controversia avrebbe dovuto essere decisa sulla base della disposizione speciale dettata dalla L. n. 124 del 1999, art. 8 e secondo i principi di diritto affermati da questa Corte di legittimità prima dell’intervento della suddetta norma di interpretazione autentica (tra le altre, Cass. sez. lav. n. 4722 del 4/3/2005 e nnrr. 18652-18657 del 23/9/2005; n. 18829/2005). La norma del suddetto art. 8 era chiara nel prevedere l’integrale riconoscimento della anzianità di servizio all’atto dell’inquadramento nei ruoli ministeriali.
3. Il ricorso è infondato.
4. La sentenza rescindente, pubblicata il 30 novembre 2011, ha accolto l’impugnazione del ricorrente sulla base dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia Europea, Grande sezione, nella sentenza del 6 settembre 2011 in causa C-108/10 ed ha demandato al giudice del rinvio di “decidere la controversia nel merito verificando la sussistenza o meno di un peggioramento retributivo sostanziale all’atto del trasferimento”. Ha altresì dettato i criteri in base ai quali procedere a tale verifica (attraverso i punti dal numero 1 al numero 3 riportati nel corpo della motivazione).
5. Il giudice del rinvio nella definizione della controversia ha compiuto l’accertamento demandato, rilevando innanzitutto che l’attuale ricorrente non aveva mai dedotto di avere subito, per effetto del trasferimento nei ruoli del Ministero, un decremento della retribuzione, avendo solo allegato di avere diritto ad un inquadramento stipendiale più elevato rispetto a quello riconosciuto al momento del passaggio. Ha ritenuto, in piena conformità sul punto con i principi ed i criteri contenuti nella sentenza rescindente, che il mancato riconoscimento integrale dell’anzianità di servizio ai fini dell’applicazione degli istituti previsti dal CCNL per il comparto della scuola non integra di per sé il peggioramento retributivo vietato dalla Direttiva 77/187 CEE, che in tanto può sussistere in quanto si dimostri che la retribuzione goduta presso l’ente di provenienza sia superiore a quella riconosciuta presso l’Ente di destinazione. Con un accertamento di merito, ha affermato, da ultimo, che il lavoratore non aveva subito un peggioramento retributivo sostanziale all’atto del trasferimento.
6. Il ricorrente non censura questa ratio decidendi della pronuncia e, nell’insistere sul rilievo decisivo della disapplicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 218 operata dal giudice del rinvio e sulla valorizzazione ai fini della decisione della L. n. 124 del 1999, art. 8 finisce sostanzialmente per sollecitare una revisione del principio di diritto affermato nella sentenza rescindente.
7. Quest’ultima ha ribadito l’efficacia retroattiva della L. n. 266 del 2005, art. 1; ha richiamato i quattro interventi del Giudice delle leggi, che hanno escluso profili di illegittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica; ha ritenuto che il complesso normativo fosse appunto costituito dalle L. n. 124 del 1999 e L. n. 266 del 2005 e che, sulla base del diritto Eurounitario, come interpretato dalla Corte di Lussemburgo, la domanda potesse trovare accoglimento solo nell’ipotesi di accertato peggioramento retributivo sostanziale.
8. A norma dell’art. 384 c.p.c., comma 1, l’enunciazione del principio di diritto vincola il giudice di rinvio che ad esso deve uniformarsi, con conseguente preclusione della possibilità di rimettere in discussione questioni, di fatto o di diritto, che siano il presupposto di quella decisione, non essendo consentito in sede di rinvio sindacare l’esattezza del principio affermato dal giudice di legittimità (cfr. fra le tante Cass. n. 11290/1999; Cass. n. 16518/2004; Cass. n. 23169/2006; Cass. n. 17353/2010; Cass. n. 1995/2015). Dall’irretrattabilità del principio di diritto discende che la Corte di Cassazione, nuovamente investita del ricorso avverso la sentenza pronunziata dal giudice di merito, deve giudicare muovendo dalla regula iuris in precedenza enunciata, perché l’efficacia vincolante, che si estende anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata oggetto di giudicato implicito interno (Cass. n. 17353/2010 e Cass. n. 20981/2015) viene meno solo qualora la norma, in epoca successiva alla pubblicazione della pronuncia rescindente, sia stata dichiarata costituzionalmente illegittima ovvero sia divenuta inapplicabile per effetto di ius superveniens (cfr. fra le tante Cass. n. 20128/2013; Cass. n. 13873/2012; Cass. n. 17442/2006).
9. Tali ultime condizioni non ricorrono nel caso di specie, perché il quadro normativo è rimasto immutato rispetto a quello apprezzato dalla sentenza rescindente, che ha con chiarezza indicato i limiti del giudizio di rinvio, subordinando l’accoglimento (o il rigetto) dell’originaria domanda all’esito di uno specifico accertamento di fatto, effettuato dalla Corte territoriale in senso sfavorevole alla pretesa del ricorrente.
10. Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.
11. Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
12. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 4.000 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021