LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2816-2020 proposto da:
A.E., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA SCHERA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro pro tempore rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui uffici domicilia ex lege in ROMA ALLA VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 03/12/2019 R.G.N. 28567/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.
RILEVATO
CHE:
1. il Tribunale di Torino, con decreto pubblicato il 3 dicembre 2019, ha respinto il ricorso proposto da A.E., cittadino *****, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale’ proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;
2. il Collegio ha ritenuto il narrato “incoerente e non credibile” e comunque legato ad una vicenda privata, prendendo altresì atto che “parte ricorrente non insiste per il riconoscimento della protezione internazionale i cui presupposti comunque non sussistono”; circa la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, il Tribunale l’ha respinta, in difetto di individualizzazione dei motivi umanitari posti a fondamento dell’istanza;
3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 2 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO
CHE:
1. in primo luogo il ricorso viola palesemente il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – secondo cui “Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità,… l’esposizione sommaria dei fatti di causa” – così come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte che hanno rilevato come la prescrizione sia preordinata allo scopo di agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa, l’esito dei gradi precedenti con eliminazione delle questioni non più controverse, ed il tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (Cass. SS. UU. n. 16628 del 2009); nella specie in ricorso, dopo l’indicazione del provvedimento impugnato, si passa direttamente all’illustrazione dei motivi;
2. peraltro risulta inammissibile anche la formulazione dei motivi di impugnazione: il primo deduce la violazione e la falsa applicazione di innumerevoli norme di diritto, contenute in disposizioni di legge, oltre che nella Costituzione e nella Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo; il secondo genericamente lamenta “carenza di istruttoria e di motivazione”;
essi sono privi di adeguata specificità, in quanto la formulazione delle censure risulta del tutto astratta, risolvendosi in una mera elencazione di norme, senza l’osservanza del fondamentale principio secondo cui i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non articoli specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa, avendo il ricorrente l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del giudizio di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione di identificare la critica mossa ad una parte ben specificata della decisione espressa (v., da ultimo, Cass. n. 2959 del 2020; conf. Cass. n. 1479 del 2018); pertanto, se nel ricorso per cassazione si sostiene l’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo, si deve chiarire a pena di inammissibilità l’errore di diritto imputato al riguardo alla sentenza impugnata, in relazione alla concreta controversia (Cass. SS.UU. 21672 del 2013); in caso contrario, la censura – pur formalmente formulata come vizio di violazione di norme legge – nella sostanza si traduce in una inammissibile denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, effettuata nell’esercizio di un sindacato non censurabile in sede di legittimità;
3. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla per le spese in difetto di attività difensiva dell’amministrazione intimata;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nella per le spese;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021