Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.22688 del 11/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2875-2020 proposto da:

O.H., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CATERINA BOZZOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2227/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/05/2019 R.G.N. 3934/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 30 maggio 2019, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da O.H., cittadino *****, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte ha premesso che “l’impugnazione risulta priva del benché minimo requisito di specificità”, considerando per questo l’appello “manifestamente infondato”, in quanto “consistente nella riproduzione di precedenti giurisprudenziali di merito favorevoli, senza peraltro alcuna illustrazione delle ragioni per le quali essi si attaglierebbero al caso specifico”; ha comunque confermato il giudizio di “scarsa verosimiglianza” del racconto del richiedente, peraltro legato a vicende private; quanto al riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) ha escluso che nel paese di origine dell’istante, *****, posta “a sud del Paese, nell’area del *****”, vi fosse una situazione di violenza indiscriminata per un conflitto armato interno o internazionale sulla scorta del rapporto COI del novembre 2018; circa la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, la Corte ha considerato che non sussistessero le condizioni per il riconoscimento di tale diritto, non essendo stati allegati fattori di rischio e non potendo essere valorizzate le condizioni di instabilità politica della *****;

3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 2 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

CHE:

1. il primo motivo di ricorso denuncia “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, comma 1, lett. c”, sostenendo chi la Corte veneziana non avrebbe “motivato adeguatamente in merito al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, con riferimento alla situazione del paese di origine, incorrendo nel vizio di apparenza e contraddittorietà della motivazione e violazione dell’obbligo di cooperazione”;

il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge ed omesso esame di fatto decisivo per avere la Corte territoriale negato la protezione umanitaria, nonostante “la giovane età del richiedente” e “la violenza indiscriminata che affligge il Paese di provenienza”;

2. orbene, come riportato nello storico della lite, occorre evidenziare che la sentenza impugnata risulta ancorata a due distinte rationes decidendi, autonome l’una dalla altra, e ciascuna, da sola, sufficiente a sorreggerne il dictum: da un lato, la preliminare statuizione che “l’impugnazione risulta priva del benché minimo requisito di specificità”; dall’altro, il rilievo che comunque le pretese risultavano infondate nel merito; come noto, nella giurisprudenza di questa Corte, rappresenta principio condiviso quello per il quale qualora la sentenza impugnata sia basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per sé solo, idoneo a supportare il relativo dictum, la resistenza di una di queste rationes agli appunti mossigli con l’impugnazione comporta che la decisione deve essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratio non, o mal, censurato privando in tal modo l’impugnazione dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (cfr., in merito, ex multis, Cass. 26 marzo 2001 n. 4349, Cass. 27 marzo 2001 n 4424, Cass. 20 novembre 2009 n. 24540);

applicando siffatto principio al caso di specie consegue che, poiché la statuizione processuale della Corte territoriale di difetto di specificità dell’appello non risulta in alcun modo censurata dai motivi di ricorso per cassazione, detta autonoma ratio decidendi “resiste” all’impugnazione proposta da ricorrente ed è del tutto ultronea la verifica di detta resistenza rispetto all’alternativa e distinta ratio decidendi;

3. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla per le spese in difetto di attività difensiva dell’amministrazione intimata;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

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