Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22692 del 11/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29862-2019 proposto da:

FALLIMENTO ***** SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona dei Curatori pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.P. DA PALESTRINA.

N. 55, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO IZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO SCALA;

– ricorrente –

contro

C.U., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 2, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI MALANDRINO, rappresentato e difeso da se stesso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cronol. 2909/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD, depositata il 31/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte:

rilevato che:

con decreto del 31/7/2019 il Tribunale di Napoli Nord ha accolto parzialmente il ricorso proposto dall’avvocato C.U. avverso il provvedimento del 19/3/2018 del giudice delegato del fallimento di ***** in liquidazione s.p.a. che aveva accolto solo in parte le sue domande di ammissioni allo stato passivo per ottenere il compenso di prestazioni professionali rese in ambito giudiziale e stragiudiziale a favore della società fallita;

in particolare il Tribunale, a) quanto alla domanda di ammissione al passivo n. 211, ha confermato l’ammissione in prededuzione della somma di Euro 11.743,80, oltre i.v.a. e c.p.a. per la procedura di fallimento, ha ammesso in privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2, il credito di Euro 239.707,60, oltre i.v.a. e c.p.a. e ha ammesso in chirografo l’ulteriore credito di Euro 26.594,39, oltre i.v.a. e c.p.a.;

b) quanto alla domanda di ammissione al passivo n. 213, ha ammesso in privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2, il credito di Euro 76.176,55, oltre i.v.a. e c.p.a. e ha ammesso in chirografo l’ulteriore credito di Euro 42.509,40, oltre i.v.a. e c.p.a.;

avverso il predetto decreto del 31/7/2019, in pari data comunicato e notificato dall’avv. C., con atto notificato il 30/9/2019 ha proposto ricorso per cassazione il Fallimento ***** in liquidazione s.p.a., svolgendo due motivi, al quale ha resistito con controricorso notificato il 28/10/2019 l’avv. C.U., chiedendone l’inammissibilità o il rigetto;

e’ stata proposta ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c. la trattazione in camera di consiglio non partecipata.

RITENUTO

che:

con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia nullità del decreto e violazione o falsa applicazione del contratto sottoscritto tra la ***** e l’avv. C. con contestuale lesione degli artt. 1362 e ss. c.c. in tema di interpretazione del contratto;

il ricorrente premette che il testo del predetto contratto prevedeva che “per la consulenza, che comprendeva i pareri e l’assistenza nell’attività stragiudiziale, vi sarà addebitato l’importo di e 3.000,00 oltre IVA e CPA per ogni trimestre”;

in tal modo – prosegue il ricorrente – le parti avevano inteso solamente predeterminare il quantum del compenso, sempre che l’attività fosse stata effettivamente svolta dall’avvocato, e non vi era alcuno spazio per sostenere, come era stato fatto nel provvedimento impugnato, che l’addebito fosse stato pattuito per la mera messa a disposizione da parte dell’avv. C. della sua disponibilità a prestare la consulenza, a prescindere dal suo svolgimento in concreto;

tale interpretazione sarebbe in flagrante contrasto con il contenuto letterale del contratto e quindi con l’art. 1362 c.c., nonché esporrebbe il contratto a nullità per mancanza di causa dell’attribuzione economica e quindi si porrebbe anche in violazione dell’art. 1367 c.c.;

il riferimento in rubrica alla nullità del decreto è del tutto privo di base argomentativa e pertanto deve essere ritenuto pro non scriptum;

il primo motivo di ricorso, riguardante la violazione dell’art. 1362 c.c. e le regole di interpretazione del contratto, appare inammissibile;

la denunzia della violazione dei canoni legali in materia d’interpretazione del contratto non può costituire lo schermo, attraverso il quale sottoporre impropriamente al giudizio di legittimità valutazioni che appartengono in via esclusiva al giudizio di merito;

non è quindi certamente sufficiente la mera enunciazione della pretesa violazione di legge, volta a rivendicare il risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito, ma è necessario, per contro, individuare puntualmente e specificamente il canone ermeneutico violato, in stretta correlazione con il materiale probatorio acquisito;

ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso, non è idonea, quindi, la mera critica del convincimento espresso nella sentenza impugnata mediante la frontale contrapposizione d’una difforme interpretazione, trattandosi di argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità (ex multis, Sez.2, n. 30686 del 25/11/2019; Sez. 3, n. 13603 del 21/05/2019, Rv. 653922 – 01; Sez. 3, n. 11254 del 10/05/2018, Rv. 648602 – 01; Sez. 1, n. 29111 del 05/12/2017, Rv. 646340 – 01; Sez. 3, n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649 – 01; Sez. 1, n. 27136 del 15/11/2017, Rv. 646063 – 02; Sez. 2, n. 18587, 29/10/2012; Sez. 6-3, n. 2988, 7/2/2013);

infine l’assunto della nullità del contratto per mancanza di causa, ove il corrispettivo pattuito fosse stato volto solo a compensare forfettariamente la disponibilità permanente dell’avv. C. a rendere alla società fallita pareri legali e ad assisterla stragiudizialmente a richiesta appare del tutto apodittico, senza commisurarsi, come sarebbe stato necessario, alla meritevolezza di tutela degli interessi sottesi ad una simile atipica pattuizione ex art. 1322 c.c.;

con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. per aver ritenuto provata l’attività giudiziale allegata dall’avv. C., che era gravato dal relativo onere, in virtù della ritenuta non contestazione da parte del fallimento che invece aveva contestato l’avversaria pretesa;

anche il secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. e del principio di non contestazione appare inammissibile;

infatti in virtù del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione o almeno da una adeguata sintesi degli atti processuali che ne integrerebbero i presupposti (Sez.3, 05/03/2019, n. 6303; Sez. 6 – 3, n. 12840 del 22/05/2017, Rv. 644383 – 01; Sez. 3, n. 20637 del 13/10/2016, Rv. 642919 – 01; Sez. 1, n. 9843 del 07/05/2014, Rv. 631136 -01; Sez. 1, n. 324 del 11/01/2007, Rv. 596093 – 01); ciò vale anche nel caso – qui configurabile – in cui il ricorrente lamenti l’erronea qualificazione da parte del giudice del merito di un fatto come non contestato da parte sua, mentre sarebbe stato invece effettivamente e specificamente contestato, in cui il ricorrente è tenuto a esporre con precisione e specificità le sue difese che avrebbero concretato la pretesa contestazione asseritamente sfuggita al giudice del merito;

attività, questa, completamente carente nel ricorso, che si limita a pag. 10 ad una argomentazione del tutto generica;

ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del contro ricorrente, liquidate nella somma di Euro 5.000,00 per compensi, Euro 100,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

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