LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22361-2019 proposto da:
U.G., domiciliato in ROMA, piazza Cavour n. 1, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, difeso dell’Avv. Simona Giannangeli del foro di L’Aquila, che lo rappresenta con procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici a Roma, via dei Portoghesi 12, domicilia per legge;
– resistente –
avverso il DECRETO n. 1593/2019 del TRIBUNALE DI L’AQUILA, depositato il 13/6/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 7/10/2020 dal Consigliere Dott.ssa Milena FALASCHI.
FATTI DI CAUSAFATTI DI CAUSA Ritenuto che:
– la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona con provvedimento notificato il 17 aprile 2018 rigettava la domanda del ricorrente volta all’ottenimento dello status di rifugiato, della protezione c.d. sussidiaria o in subordine di quella umanitaria;
– avverso tale provvedimento interponeva opposizione U.G., che veniva respinta dal Tribunale di L’Aquila con decreto del 13.06.2019;
– la decisione impugnata evidenziava l’insussistenza dei requisiti previsti dalla normativa, tanto per il riconoscimento dello status di rifugiato quanto per la protezione sussidiaria e umanitaria, evidenziando che dalla narrazione emergeva la non credibilità del richiedente, che oltre a non avere circostanziato il racconto, aveva riferito di avere ricevuto una prima visita da uomini vestiti di rosso e di nero, che gli avevano intimato di unirsi a loro, a scuola nell’anno 2014, laddove poco prima aveva affermato di avere studiato per otto anni, con la conseguenza che iniziando il ciclo scolastico in Nigeria all’età di cinque anni, nel 2014 il ricorrente non frequentava più la scuola da diversi anni, contraddizione molto grave che minava grandemente l’attendibilità del richiedente, il quale non aveva neanche intrapreso un serio percorso di integrazione in Italia;
– propone ricorso per la cassazione avverso tale decisione I’ U. affidato a due motivi;
– il Ministero dell’Interno intimato ha depositato solo “atto di costituzione” per eventualmente partecipare alla discussione.
Atteso che:
– è preliminare l’esame dell’ammissibilità del ricorso.
Invero la procura in calce al ricorso non contiene l’indicazione della data di rilascio per cui, in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, quinto periodo, non risulta la prescritta certificazione, da parte del difensore, della “data del rilascio in suo favore”, imposta al fine di dar conto, a pena di inammissibilità del ricorso, del suo conferimento “in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato”.
Questa Corte, del resto, ha statuito che “e’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poiché tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3” (Cass. n. 17717 del 2018).
In fattispecie analoga, poi, questa Corte ha ritenuto l’inammissibilità della “procura su foglio separato e spillato in calce” ove “niente consente di dire che la procura sia stata giustappunto rilasciata dopo la comunicazione del provvedimento impugnato, atteso che sulla procura anzidetta non risulta apposta né la data di conferimento, né attestazione veruna” (Cass. n. 30620 del 2019).
In effetti, in materia di protezione internazionale, vale il principio per cui, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, il conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato, va certificato nella sua data di rilascio dal difensore, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso nel quale la procura (nella specie, apposta in calce all’atto) non indica la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, né il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all’atto steso a fianco o dalla sequenza notificatoria (Cass. n. 1047 del 2020).
Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo il Ministero svolto concreto alcuna attività difensiva.
La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto. Tale importo, peraltro, è dovuto dal difensore: in effetti, in caso di ricorso per cassazione dichiarato inammissibile per difetto, come nella specie, di una valida procura rilasciata al difensore, deve provvedersi alla dichiarazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come novellato dalla L. n. 228 del 2012, ma, trattandosi di attività processuale della quale il legale assume esclusivamente la responsabilità, la pronuncia relativa alle spese del giudizio, compreso il raddoppio dell’importo dovuto a titolo di contributo unificato, grava sul difensore e non sulla parte (Cass. n. 32008 del 2019).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 7 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021