Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.22742 del 11/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10305-2019 proposto da:

D.P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE BELLE ARTI, n. 7, presso lo studio dell’avvocato DOMITILLA AMBROSIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI TISATO;

– ricorrente –

contro

D.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO GIUSEPPE SERAFIN;

– controricorrente –

contro

D.P.R. & G. SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 406/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 19/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 19 febbraio 2018, ha rigettato i gravami incrociati avverso l’impugnata sentenza che aveva accolto le reciproche domande di esclusione dalla ” D.P.R. & G. s.n.c.”, proposte dagli unici due soci, R. e D.P.G., e comunicato la decisione al pubblico ministero per la nomina del curatore speciale e del liquidatore, a causa dei gravi inadempimenti reciproci.

Avverso questa sentenza ricorre per cassazione D.P.R., cui resiste D.P.G. con controricorso. Il ricorrente ha depositato una memoria.

CONSIDERATO

che:

Con un unico motivo il ricorrente D.P.R. denuncia violazione dell’art. 2286 c.c., lamentando inadeguatezza della motivazione a sorreggere la pronuncia di esclusione del socio, cui erano imputati comportamenti non gravi né ingiustificati rispetto allo scopo sociale.

Il motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata ha accertato che i comportamenti imputati a D.P.R. (mancata emissione degli scontrini fiscali ai clienti abituali; essersi avvalso di altra società, riferibile a lui e alla moglie, per evadere un ordine diretto alla società; avere omesso il pagamento dei canoni di locazione dell’immobile) evidenziavano la sostanziale assenza di affectio societatis, essendo idonei a compromettere la fiducia che deve intercorrere tra i soci di una società di persone e ad integrare la causa di esclusione, a norma dell’art. 2286 c.c.

Con apprezzamento di fatto incensurabile, la Corte territoriale ha giudicato inattendibili le giustificazioni fornite dall’interessato (la prassi delle vendite in nero ostacolava la verifica dell’altro socio in ordine agli effettivi ricavi sociali e favoriva manovre distrattive; l’utilizzo della società per evadere gli ordini alla società denotava una disinvolta gestione della stessa; il mancato tempestivo pagamento dei canoni di locazione, sebbene imputabile anche all’altro socio, aveva esposto la società al rischio di fallimento).

Il profilo della censura concernente la violazione di legge è inammissibile, mirando il ricorrente, in realtà, ad una impropria rivisitazione dei fatti operata dai giudici di merito. La parte ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici di merito, essendo queste attività precluse in sede di legittimità (cfr., tra le tante, Cass. 29404 e 19547 del 2017).

Il ricorso è dunque inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in 3100,00, di cui Euro 3000,00 per compensi.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. n 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

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