Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.22758 del 12/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10954-2018 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO, 11, presso lo studio dell’avvocato SIMONE BECCHETTI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO MAIORANA;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ COOP NEXT PROJECT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TUSCOLANA 1178, presso lo studio dell’avvocato NELIDE CACI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE DANILE;

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4856/2017 della COMM. TRIB. REG. SICILIA, depositata il 12/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2021 dal Consigliere Dott. RAFFAELE MARTORELLI;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. DE MATTEIS STANISLAO che ha chiesto che la Corte rigetti il primo motivo, accolga il secondo e dichiari assorbito il terzo; Conseguenze di legge.

FATTI DI CAUSA

La società Next Project, cooperativa sociale, a r.l., impugnava la sentenza n. 753/17 sez. 4, con la quale la CTP di Agrigento aveva ritenuto la parziale legittimità della cartella di pagamento n. 296120150016375390 a mezzo della quale, tramite la Concessionarie Riscossione Sicilia s.p.a. l’Ufficio provinciale di Agrigento dell’Agenzia delle Entrate aveva proceduto al recupero di tributi erariali relativi all’annualità 2012. Con il ricorso, la contribuente aveva eccepito il mancato esperimento del tentativo di conciliazione stragiudiziale, a mezzo l’invio della comunicazione di cui alla L. n. 212 del 2000 e la nullità della notificazione della cartella per essere state violate le disposizioni contenute nel codice dell’amministrazione digitale, introdotto con il D.Lgs. n. 82 del 2005. La Commissione adita accogliendo parzialmente il ricorso aveva dichiarato l’illegittimità della cartella solo limitatamente alle pretese calcolate sulle somme corrisposte dalla società cooperativa ai propri dipendenti con tassazione separata.

Nel giudizio di appello, introdotto dalla Next Project l’esattore non si costituiva; si costituiva, invece, l’Agenzia delle Entrate di Agrigento, con appello incidentale, con cui veniva chiesta la conferma integrale della legittimità della cartella impugnata.

La CTR Sicilia accoglieva l’appello. Quanto al quanto il mancato invio di inviti alla definizione bonaria, la Commissione non riteneva si trattasse di un motivo di illegittimità della pretesa creditoria non essendo le norme che lo prevedevano collegate ad effetti sanzionatori.

Veniva, invece, accolta l’eccezione relativa alla inesistenza della notificazione della cartella. Riteneva la CTR che, secondo il D.Lgs. n. 82 del 2005, artt. 23 e 23 bis, le copie su supporto analogico di documento informatico, anche se sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale avevano la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui erano tratte, se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti era attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato; che le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, avevano la stessa efficacia probatoria dell’originale se le loro conformità non era espressamente disconosciuta; che i duplicati informatici avevano il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui erano tratti, se prodotti in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71; che le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti regole tecniche, avevano la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui erano tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, era attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non era espressamente disconosciuta.

Pertanto, se attraverso la PEC veniva inviata al contribuente una copia informatica dell’originale documento, quest’ultimo riceveva notizia di un atto di attestazione di conformità e, dunque, attraverso procedura inidonea a costituire notificazione a sensi di legge, perché inadatta a garantirgli la corrispondenza della copia all’originale oltre che a fornire certezza sia della data di spedizione, che di quella di ricezione. Tutto ciò, rilevavano i giudici, tenuto anche conto che l’ufficio non si era costituito non consentendo né l’acquisizione né dell’originale, né della prova che la copia inviata via pec fosse assistita dalla estensione “p7m”, tipica dei files firmati digitalmente, non poteva che condurre alla inesistenza della notificazione dell’atto ed all’accoglimento dell’appello con rigetto dell’appello incidentale dell’Ufficio.

Avverso la sentenza proponeva impugnazione la Riscossione Sicilia spa.

Fissato all’udienza pubblica del 4 giugno 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, sopravvenuto art. 23, comma 8-bis, inserito dalla L. di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del primo motivo, l’accoglimento del secondo, l’assorbimento del terzo, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

Si costituiva con controricorso la soc. Next Project che chiedeva la conferma della sentenza impugnata e l’Agenzia delle Entrate che chiedeva l’accoglimento del ricorso.

La Riscossione Sicilia S.p.A. depositava memoria ex art. 378 c.p.c. e D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis (inserito nella L. di conversione n. 176 del 2020), con cui insisteva nell’accoglimento del ricorso, con i provvedimenti conseguenti in tema di spese, da porre a carico la soc. Next Project a r.l..

La Riscossione Sicilia spa, a sostegno del ricorso, deduceva:

1. Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione di norma di legge, ovvero del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4.

Contrariamente a quanto evidenziato in sentenza, la Riscossione Sicilia spa si era regolarmente costituita in primo grado ed aveva depositato la documentazione, peraltro esaminata dal giudice di primo grado. Pertanto la sentenza risultava carente nell’illustrazione delle controdeduzioni della Riscossione Sicilia e nella valutazione della documentazione prodotta.

2. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, inserito dal D.L. n. 78 del 2010, art. 38, comma 4, lett. b, conv. in L. n. 122 del 2010, del D.P.R. n. 68 del 2005 e dell’art. 156 c.p.c., comma 3 e dell’art. 160 c.p.c., nonché D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR con la motivazione, aveva violatole norme di legge, in quanto doveva ritenere, nella fattispecie, raggiunta la certezza legale della conoscibilità dell’atto; inoltre la disciplina sulla firma digitale nella fattispecie non aveva alcuna rilevanza. Infatti, la Next Project non aveva mai contestato di aver ricevuto l’atto, come attestato dalla tempestiva proposizione del ricorso, dalla produzione dello stesso in giudizio, per cui ogni forma di nullità era sanata nel momento in cui la contribuente aveva impugnato la cartella di pagamento. Inoltre, la società Next Project non aveva lamentato nessuno specifico pregiudizio al suo diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente e quello effettivo della cartella di pagamento da lei prodotta. Contestava, inoltre, la circostanza che la notifica potesse essere considerata nulla. Sul punto richiamava il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 2, che escludeva espressamente l’applicabilità dell’art. 149-bis c.p.c., ove si prevedeva che l’ufficiale giudiziario dovesse trasmettere copia informatica dell’atto sottoscritto con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche” amministrazioni.

3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 97 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente contestava, infine, la condanna alle spese processuali subita in grado di appello.

RAGIONI DELLA DECISIONE

primo motivo è infondato.

Sul punto questa Corte (Cass. 23519/2015) ha osservato che l’erronea dichiarazione della contumacia di una parte non determina un vizio della sentenza deducibile in cassazione, se non abbia cagionato in concreto alcun pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva (Cass. S.U. n. 2881 del 2002; Cass. n. 2953 del 2006). Tale pregiudizio nel caso in esame, non risulta, in concreto, nemmeno dedotto, per cui motivo va rigettato.

Va accolto, invece, il secondo motivo. Con riferimento alla questione dedotta, la ricorrente ha sostenuto che la CTR aveva errato nel ritenere non regolare la notifica delle cartelle effettuate a mezzo PEC con estensione “.pdf”.

Sul punto, di recente, questa Corte ha avuto modo di precisare (Cass. 30948/19): “Com’e’ noto, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 2, come aggiunto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 38, comma 4, lett. b), convertito con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che la notifica della cartella di pagamento “può essere eseguita, con le modalità di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’art. 149-bis c.p.c.”. A sua volta il D.P.R. n. 68 del 2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”. L’art. 1 CAD, lett. i-ter) – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c) – poi, definisce “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” come “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico”; mentre l’art. 1 medesimo CAD, lett. i-quinquies), inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c) – nel definire il “duplicato informatico” parla dli “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.

“Dunque – sempre secondo la citata sentenza – alla luce della disciplina surriferita, la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”), come è avvenuto pacificamente nel caso a mano, dove il concessionario della riscossione ha provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici -, realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta. Va esclusa, allora, la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico.”

Con la stessa sentenza, sotto altro profilo, si evidenzia, con riguardo alla “inesistenza”, affermata dal giudice di merito, che “Le Sezioni Unite di questa Corte hanno già affermato, in tema, che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna in via telematica dell’atto ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. S.U. 28/09/2018, n. 23620; Cass. S.U. 18/04/2016, n. 7665). E proprio con riferimento alla notifica di una cartella di pagamento, si è chiarito che la natura sostanziale e non processuale dell’atto non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicché il rinvio operato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c. (Cass. 05/03/2019, n. 6417).”

Non vi è quindi, ragione per non estendere detto principio anche alla cartella di pagamento, ritenendo, peraltro, la inesistenza della notificazione categoria del tutto residuale, in ogni caso inapplicabile al caso esaminato. Infine, va aggiunto che, sempre secondo l’ordinanza n. 30948 del 2019, “In caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso”. Da ciò si desume con chiarezza l’erroneità della statuizione d’appello che ha ritenuto necessaria una comunicazione pec con estensione “.p7m” del file in quanto solo tal modo verrebbe attestata la certificazione della sottoscrizione.

La Commissione Tributaria Regionale non si e’, quindi, attenuta ai suddetti principi laddove, nel ritenere non corretta la notifica della cartella da parte dell’Agenzia delle Entrate avvenuta mediante file con estensione pdf anziché “p7m” e non si è poi posta il problema del se tale notifica potesse ritenersi non inesistente, ma sanata per raggiungimento dello scopo, in ragione della successiva conoscenza e impugnazione della cartella da parte della contribuente.

Il terzo motivo, relativo alle spese di lite, resta assorbito.

Va pertanto rigettato il primo motivo, accolto il secondo e ritenuto assorbito il terzo. La sentenza impugnata va pertanto cassata per l’esame delle altre questioni non esaminate, con rinvio adl altra sezione della CTR Sicilia che provvederà anche sulle spese del presente grado di giudizio.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo, ritenuto assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia il procedimento ad altra sezione della CTR Sicilia che provvederà anche sulle spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 4 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021

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