Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22762 del 12/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FASANO Anna Maria – Presidente –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29507-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EDILPORTO COSTRUZIONI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIBIA 25, presso lo studio dell’avvocato LUCA BONTEMPI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO VINCENZO VANNUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 692/2016 della COMM. TRIB. REG. MARCHE, depositata il 02/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/04/2021 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. BASILE TOMMASO che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza n. 692/2/16 della CTR di Ancona che, in riforma della sentenza n. 446/2015 della CTP di Ascoli Piceno – che aveva respinto il ricorso della Edil porto costruzioni srl avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, dando seguito alla revoca delle agevolazioni previste dalla L. n. 168 del 1982, art. 5 – aveva annullato anche il predetto avviso, riconoscendo dovuta l’agevolazione.

1.1 La CTR delle Marche, rilevato che la Edil Porto Costruzioni Srl, aveva acquistato un immobile di vaste proporzioni, ricompreso in zona di recupero, il cui piano definitivo era stato definitivamente approvato, in data successiva all’atto notarile di acquisto degli immobili, ed i cui lavori non erano stati completati nel termine triennale, aveva ritenuto fondato l’appello della società che aveva rappresentato di aver effettuato due tipologie di interventi edilizi, ossia la demolizione dell’antico fabbricato, eseguito nei tempi prestabiliti, e successivamente, edificazione del nuovo, come documentato dalla parte anche con perizia.

1.2 La CTR, in particolare, aveva ravvisato che sussistevano entrambi i requisiti, quello oggettivo dell’inserimento dell’immobile in un piano di recupero e quello soggettivo dell’effettuazione del recupero ad opera dell’acquirente, necessari per il riconoscimento del beneficio agevolativo di cui alla L. n. 165 del 1982, art. 5. I giudici di appello rilevavano, inoltre, che la norma agevolativa non prevede alcun termine per la realizzazione del recupero e che, comunque, l’intervento di recupero era stato realizzato, perché alcuni lavori erano stati effettuati e per altri erano state chieste ed ottenute le autorizzazioni.

1.3 La società contribuente ha proposto controricorso, con il quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione per decorso dei termini di impugnazione.

1.4 La Procura Generale presso la Corte Suprema di Cassazione ha depositato memorie scritte concludendo per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO

che:

2. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione avanzata dalla resistente con controricorso.

2.1 In base alla legislazione di settore, i termini per l’impugnazione con ricorso per cassazione devono tener conto della sospensione di sei mesi, prevista dal D.L. n. 50 del 2017, art. 11, comma 9, conv. L. n. 96 del 2017. Tale comma prevede che: “9. Per e controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo fino al 30 settembre 2017. ”

2.2 Essendo quella in esame controversia definibile ed essendo stata pronunciata la sentenza in questione il 03.10.2016 e depositata il 02.11.2016, i termini per il ricorso sono rimasti sospesi sino al 2 maggio 2017,in virtù della sospensione D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11, comma 9, data dalla quale sono iniziati a decorrere i termini semestrali ordinari, previsti dall’art. 327 c.p.c., post riforma 2009, per il ricorso per cassazione. Tali termini sono stati interessati dalla sospensione feriale dei termini processuali (L. n. 742 del 1969, art. 1, vigente ratione temporis: decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1 al 31 agosto di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo.).

2.3 Di conseguenza i termini per la proposizione del ricorso per cassazione sono decorsi il 02.12.2017, che è anche la data di notifica del ricorso alle controparti. ricorso deve intendersi, pertanto, tempestivo. (Cass. n. 10252/2020).

2.4 L’Ufficio, con l’unico motivo di ricorso lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione della L. n. 168 del 1982, art. 5, in quanto sebbene la norma agevolativa non preveda un termine entro cui realizzare il recupero edilizio, la Corte di legittimità avrebbe fissato come termine quello triennale previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, per i controlli dell’Ufficio (cfr. Cass. n. 3608/2003, Cass. n. 5044/2003).

L’Agenzia delle entrate argomenta che è pacifico che i lavori relativi al piano di recupero non erano stati completati al 29.9.2011, data di scadenza del triennio tanto e che nella stessa sentenza impugnata si legge “la società segnalava l’inizio di attività al 13.1.2011 e in data 13.9.2013 “l’Ufficio comunale ha rilasciato “permesso di costruzione in variante” in data 13 settembre 2013"”. L’Ufficio ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, ha trascritto in ricorso stralci salienti dell’avviso di liquidazione oggetto di impugnazione, in ordine alla incompletezza dei lavori: ” dall’analisi delle tempistiche degli strumenti urbanistici che si sono succeduti e da ‘esito del sopralluogo effettuato dal ‘Ufficio Provinciale del Territorio emerge che allo scadere del termine triennale di decadenza (29/9/2011) i lavori non erano stati ultimati; ancor più nella nota prot. n. 21739 del 17.6.2014 si legge che “i lavori dichiarati come ultimati in data 30.12.2013 non possono essere considerati tali in quanto tuttora in corso e nella quasi totalità riproposti nella successiva SCIA del 25.2.14….”

2.5. I motivi sono fondati e, pertanto, il ricorso deve essere accolto.

La norma di cui alla L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 5, comma 1, dettata in materia di piani di recupero (di iniziativa pubblica, o di iniziativa privata purché convenzionati) previsti dalla L. 5 agosto 1978, n. 457, artt. 27 e ss., subordina l’agevolazione fiscale -consistente nell’applicazione, agli atti di trasferimento di immobili, delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa – all’esistenza di un duplice requisito: uno, di carattere oggettivo, costituito appunto dall’inserimento dell’immobile in un piano di recupero di iniziativa pubblica o privata convenzionato; l’altro, di carattere soggettivo, costituito dall’essere l’acquirente uno dei soggetti che attuano il recupero. Da questa prospettiva, in coerenza con le finalità perseguite dal legislatore, discende: 1) che il beneficio spetti soltanto quando si realizzino tutti gli elementi che integrano la fattispecie normativa; 2) che, perciò, l’agevolazione sia correlata alla effettiva attuazione del piano di recupero previsto all’atto del trasferimento dell’immobile, e pertanto ne sia giustificata la revoca ove si accerti l’insussistenza dei prescritti requisiti.

Tanto vale persino nell’ipotesi in cui a mancata attuazione in concreto del piano di recupero previsto nell’atto di trasferimento del cespite non sia imputabile a comportamento omissivo del contribuente (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 11786 del 12/05/2008, n. 14478 del 2003).

2.6 E’ stato anche affermato da questa Corte (Cass. n. 13703/2013) che:” L’assenza di una pianificazione degli interventi, in generale, impone di rilevare l’inapplicabilità,al trasferimento del bene, del beneficio di cui alla L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 5, ogni volta che l’acquirente, all’atto del trasferimento, non risulti si fosse in concreto vincolato nei confronti del Comune, con le forme prefigurate dalla L. n. 457 del 1978, art. 27, u.c., (atto unilaterale o convenzione), all’attuazione del recupero edilizio delle aree. Del resto, è noto, in tema di agevolazioni tributarie, i benefici fiscali, previsti dalla L. 22 aprile 1982, n. 168, possono essere conservati soltanto se la finalità, dichiarata dal contribuente nell’atto di acquisto, venga da questo realizzata entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell’Ufficio in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire di tali benefici, che in generale, con riferimento all’imposta di registro, è di tre anni dalla registrazione dell’atto, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, ex art. 74, poi D.P.R. 22 aprile 1986, n. 131, art. 76). Di conseguenza, deve ritenersi che il detto termine decadenziale, dell’azione dell’ufficio inizi a decorrere dal momento in cui l’intento del contribuente sia rimasto definitivamente ineseguito e quindi – giacché il termine a disposizione del medesimo non potrà essere giammai più ampio di quello in sé previsto per i controlli – al massimo dalla scadenza del triennio dalla registrazione dell’atto (Cfr. anche Cass. n. 3608 del 12/03/2003, n. 5044 del 2003)….”.

2.7 Questo collegio condivide e fa propria la giurisprudenza di legittimità, in punto di termine decadenziale dal beneficio di cui alla L. n. 168 del 1982, art. 5, perché coerente con il principio di stretta osservanza che informa le agevolazioni fiscali.

Nella specie, non è contestato che l’atto di compravendita è stato registrato nel 2008 mentre la stessa Commissione Tributaria Regionale con accertamento in fatto ha verificato che “la società appellante ha effettuato sia lavori di ristrutturazione di alcune porzioni immobiliari sia interventi di nuova costruzione, con segnalazione certificata di inizio attività del 13 gennaio 2011 e dell’8 aprile 2011, sulla base delle quali l’Ufficio ha rilasciato permesso di costruzione in variante in data 13.9.2013.” Emerge, all’evidenza, che i lavori non sono stati completati nel triennio, in quanto l’Ufficio comunale aveva rilasciato permesso di costruzione in variante in data 13 settembre 2013, oltre al fatto che, per come si evince dalla motivazione dell’atto impositivo (il cui contenuto è stato riportato in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza): “nella nota prot. n. 21739 del 17.6.2014 si legge che “i lavori dichiarati come ultimati in data 30.12.2013 non possono essere considerati tali in quanto tuttora in corso e nella quasi totalità riproposti con successiva SCIA del 25.2.2014 ad eccezione dei lavori relativi a ampliamenti dei balconi e ristrutturazione del piazzale con la realizzazione di posti auto”.

3. Per i motivi che precedono, il ricorso deve essere accolto con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere cassata, senza rinvio, non residuando necessità di accertamento di fatto, a norma dell’art. 384 c.p.c.; decidendo pertanto nel merito la Corte rigetta l’originario ricorso proposto dalla società contribuente. Le spese di lite dei gradi di merito vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, mentre e spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata;

decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla società contribuente.

Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna la soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, tenuta con modalità da “remoto”, il 6 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021

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