LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2782-2020 proposto da:
S.O., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO ALMIENTO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI LECCE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 4523/2019 del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 10/12/2019 R.G.N. 11433/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
CHE:
1. Il Tribunale di Lecce, con il provvedimento n. 4523 del 10.12.2019, ha rigettato il ricorso proposto da S.O., cittadino del Gambia, avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria.
2. Il richiedente, di fede cristiana e appartenente al gruppo etnico di Jola, celibe e senza figli, aveva dichiarato, in sintesi, di avere lasciato il suo Paese di origine nel novembre del 2015 e di essere arrivato in Italia il 12.6.2016; aveva specificato di essere partito perché aveva iniziato una relazione sentimentale con un ragazzo senegalese dello stesso sesso e per tale ragione era stata tratto in arresto in quanto in Gambia i rapporti omossessuali non sono consentiti; aveva precisato che, durante la prigionia, era stato oggetto di maltrattamenti e destinato ai lavori forzati; dopo cinque mesi di prigionia era riuscito ad evadere e, dopo avere attraversato vari Paesi, era arrivato in Italia; aveva sottolineato, infine, di temere, in caso di rimpatrio, di essere ucciso in ragione della sua omosessualità.
3. A fondamento della decisione il Tribunale ha rilevato la inattendibilità e la non plausibilità della vicenda narrata: inattendibilità che precludeva il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b); ha sottolineato che, dalle fonti consultate, nello Stato del Gambia, dopo anni di dittatura, la situazione era in netto miglioramento con il nuovo governo che aveva intrapreso azioni per la tutela dei diritti fondamentali degli individui e non vi era una condizione di conflitto armato tale da giustificare la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); ha ritenuto, poi, che non vi erano neanche le condizioni di vulnerabilità per la concessione della protezione umanitaria atteso che: a) non era stata documentata una sufficiente integrazione sul territorio dello Stato; b) non era stata fornita la prova che il richiedente svolgesse attività lavorativa regolare dalla quale traeva il proprio sostentamento, non essendo sufficiente a tal fine la sussistenza di un rapporto di lavoro della durata di circa sette mesi nell’anno 2018, svolto senza continuità, e con la produzione di una sola busta paga recante un importo molto al di sotto del minimo che potesse garantire una esistenza dignitosa.
4. Avverso il suddetto provvedimento del Tribunale S.O. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
CHE:
1. I motivi possono essere così sintetizzati 2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 7, 14, 16 e 17; D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 10; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 10 Cost., per avere il Tribunale omesso di svolgere alcuna istruttoria in ordine alla situazione socio-politica del Paese e per avere tratto conclusioni generiche, senza valutare le prove documentali di parte ricorrente e, conseguentemente, omettendo di svolgere una valutazione oggettiva all’attualità nonostante l’obbligo di cooperazione istruttoria incombente sul giudice della protezione internazionale; si evidenzia, nella censura, che l’unica fonte riportata nel decreto era un generico richiamo ad un report di Amnesty International dell’aprile del 2017, senza alcun riferimento e/o valutazione circa la situazione attuale per gli omosessuali in Gambia e/o la cancellazione delle leggi promulgate dal governo precedente.
3. Con il secondo motivo si obietta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, anche in relazione alle previsioni di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1, alla L. n. 110 del 2017, all’art. 10 Cost. e art. 3 CEDU, rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere errato il Tribunale a non riconoscere al richiedente la protezione umanitaria, non considerando il divieto di espulsione per lo straniero che possa essere perseguitato nel suo Paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi per la sua condizione personale.
4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 8 della CEDU, ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine alla mancata sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria: in particolare, la situazione di vulnerabilità dell’istante e la sua avvenuta integrazione in Italia.
5. I primi due motivi, da trattare congiuntamente per connessione logico giuridica, sono fondati.
6. In primo luogo, deve precisarsi che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, una volta assolto da parte del richiedente asilo il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale nella quale siano presenti aspetti contraddittori che ne mettano in discussione la credibilità, in quanto è finalizzato proprio a raggiungere il necessario chiarimento su realtà e vicende che presentano una peculiare diversità rispetto a quelle di altri paesi e che, solo attraverso informazioni acquisite da fonti affidabili, riescono a dare una logica spiegazione alla narrazione del richiedente (Cass. n. 3016/2019; Cass. n. 24010/2020).
7. In secondo luogo, va osservato che il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13255/2020).
8. Nel caso in esame il Tribunale, a fronte della indicazione di problematiche che evidenziavano una situazione di pericolosità tale da fondare il riconoscimento della protezione internazionale con riguardo alla condizione soggettiva del richiedente, non poteva limitarsi ad una valutazione solo generica sulla situazione socio-politica in Gambia (indicando, peraltro, fonti non aggiornate e non attinenti alle questioni concernenti il thema decidendum) ma avrebbe dovuto, in considerazione del ruolo attivo che sia l’autorità amministrativa che il giudice di merito svolgono nella istruzione della domanda in questa materia, effettuare ogni verifica tanto nell’accertare come e se in Gambia fosse punita o tollerata socialmente la omosessualità, quanto sull’effettivo orientamento sessuale dichiarato dal richiedente, senza ritenere ostativo a tali attività la generica considerazione di inattendibilità del racconto (Cass. n. 7778/2021; Cass. n. 5829/2021).
9. Alla stregua di quanto esposto, la sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione ai primi due motivi, assorbita la trattazione del terzo concernente il rilascio del permesso di soggiorno per la asserita integrazione sociale raggiunta dal richiedente, e il giudice del rinvio dovrà procedere ad un nuovo esame secondo le indicazioni di cui in motivazione, oltre a provvedere sulle spese anche del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbito il terzo; cassa il provvedimento in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Lecce, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021