Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.22833 del 12/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2890-2020 proposto da:

R.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONELLA MACALUSO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 369/2019 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 03/06/2019 R.G.N. 374/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di Appello di Caltanissetta, con sentenza pubblicata il 3 giugno 2019, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da R.A., cittadino pakistano, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte ha confermato il giudizio di inattendibilità del primo giudice in ordine alla versione esposta dal richiedente asilo – connessa ad una pretesa persecuzione politica nel Paese di origine – per la sua genericità e contraddittorietà; quanto al riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la Corte ha escluso che nel luogo di provenienza dell’istante (parte settentrionale della regione del Punjab pakistano) vi fosse una situazione di violenza indiscriminata per un conflitto armato interno o internazionale sulla scorta di fonti internazionali specificamente indicate; circa la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria, la Corte non ha ravvisato una situazione di vulnerabilità soggettiva, argomentando che “la non credibilità del racconto impedisce di avere contezza di uno sradicamento dell’appellante dal suo territorio di origine piuttosto che della scelta di emigrare per motivi economici”;

3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 3 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa;

CONSIDERATO

CHE:

1. il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra e dell’art. 2, comma 1, lett. e, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5, 7 e 8, anche alla luce del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, criticando la sentenza impugnata per avere ritenuto inattendibile la versione del richiedente asilo;

la censura, per come formulata, non può trovare accoglimento;

qualora le dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale siano giudicate inattendibili secondo i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), ed in applicazione dei canoni di ragionevolezza e dei criteri generali di ordine presuntivo, l’accertamento così compiuto dal giudice di merito integra un apprezzamento di fatto, riservato al giudice cui esso è devoluto e censurabile in sede di legittimità nei limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. (v. ex multis Cass. n. 30105 del 2018; Cass. n. 3340 del 2019; Cass. n. 29279 del 2019; Cass. n. 8020 del 2020); nel caso, la Corte d’Appello ha confermato la valutazione già compiuta in prime cure dell’esame delle dichiarazioni del richiedente ritenendole non credibili perché generiche e contraddittorie, sicché la doglianza che non individua la violazione del parametro legale in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nella valutazione di credibilità, costituisce una mera contrapposizione alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure sufficientemente censurata sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 novellato, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. nn. 8053 e 8054 del 2014);

2. parimenti inammissibile il secondo motivo, con cui si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 ed omesso esame di fatto decisivo per avere la Corte territoriale negato la protezione sussidiaria, pur perdurando nella regione di provenienza “una violenza indiscriminata”;

la Corte, citando fonti internazionali attendibili (pag. 5 e 6 della sentenza) ha accertato in fatto che nella regione di provenienza dell’istante non fosse in atto una situazione assimilabile a quella di un conflitto armato generatore di violenza indiscriminata; lo stabilire se tale accertamento sia corretto o meno è questione di fatto, come tale incensurabile in questa sede se non evidenziando l’omesso esame di un fatto decisivo o la manifesta irrazionalità della decisione, censure neanche prospettate dall’odierno ricorrente (di recente: Cass. n. 6897 del 2020); in realtà chi ricorre si limita a prospettare una diversa valutazione della situazione del Paese di provenienza, con una censura che attiene chiaramente ad una quaestio facti che non può essere riesaminata innanzi alla Corte di legittimità, perché si esprime un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e si invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse (da ultimo, tra molte, v. Cass. n. 2563 del 2020);

3. il terzo -motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2 e dell’art. 5, comma 6, art. 19, comma 1, in ordine al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, nonché omesso esame di fatto decisivo; si critica la sentenza impugnata per aver trascurato, sulla base della mera inattendibilità del racconto del richiedente, “la situazione di generale insicurezza del suo Paese e la violazione dei diritti umani che in esso costantemente avvengono”, anche in relazione all’integrazione nel tessuto sociale italiano ed alle difficoltà che il R. incontrerebbe per un reinserimento sociale e lavorativo in Pakistan, da cui manca dal 2015;

il motivo è fondato, in quanto la Corte territoriale nega la protezione umanitaria sostanzialmente sulla base solo della non credibilità del racconto del richiedente;

tanto in contrasto con i principi sanciti da questa Corte, in base ai quali, in tema di protezione internazionale, il difetto d’intrinseca credibilità sulla vicenda individuale e sulle deduzioni ed allegazioni relative al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, non estende i suoi effetti anche sulla domanda riguardante il permesso umanitario, poiché essa è assoggettata ad oneri deduttivi ed allegativi in parte diversi, che richiedono un esame autonomo delle condizioni di vulnerabilità, dovendo il giudice attivare anche su tale domanda, ove non genericamente proposta, il proprio dovere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 7985 del 2020); l’inattendibilità, in particolare, non può impedire detto accertamento officioso, relativo all’esistenza ed al grado di deprivazione dei diritti umani nell’area di provenienza del richiedente, in ordine all’ipotesi di protezione umanitaria fondata sulla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione raggiunto nel nostro paese ed il risultato della predetta indagine officiosa (Cass. n. 16122 del 2020) né può precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di “vulnerabilità”, da effettuarsi su base oggettiva (Cass. n. 10922 del 2019);

4. conclusivamente, dichiarati inammissibili i primi due motivi di ricorso, deve essere accolto il terzo, con cassazione del provvedimento impugnato limitatamente al motivo accolto e rinvio al giudice indicato in dispositivo, che si uniformerà a quanto statuito, provvedendo a nuovo esame ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Caltanissetta, anche per le spese, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021

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