LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MELONI Marina – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19348/2020 proposto da:
R.M., rappresentato e difeso dall’avv. Caterina Bozzoli, del foro di Padova;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno; Commissione Territoriale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato di Padova, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domiciliano per legge;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4485/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 18/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/05/2021 dal consigliere Dott. EUGENIA SERRAO.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte d’Appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa in data 1/06/2017 dal Tribunale di Venezia, che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dal cittadino ***** R.M., il quale aveva dichiarato alla Commissione territoriale di essere fuggito dal suo Paese a causa della situazione di grave disagio economico nella quale era costretto a vivere con la propria famiglia. Al riguardo aveva riferito di essersi trasferito nel 2006 a Dacca alla ricerca di un lavoro ma, permanendo la condizione di disagio economico, aveva chiesto un prestito per emigrare in Libia e da qui, a causa della situazione di conflitto, si era allontanato per raggiungere l’Italia.
Il Tribunale aveva escluso la sussistenza di una situazione personale rilevante ai fini della protezione richiesta, non aveva attribuito importanza alla situazione politica, economica e sociale del Paese di provenienza ed aveva negato la protezione umanitaria.
2. La Corte d’Appello, premessa l’indicazione dei requisiti elencati nella Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato politico, verificata l’insussistenza del rischio di danno grave alla persona per le ragioni specificamente indicate dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 ai fini della protezione sussidiaria e rimarcato quali siano i gravi motivi che consentono la protezione umanitaria ovvero il permesso regolato dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, ha rilevato che nessuna previsione normativa assume a presupposto di tutela ragioni economiche o situazioni di criminalità comune non riconducibili ad una oggettiva situazione emergenziale temporanea, ha ricordato che l’interessato deve fornire elementi, ancorché in via presuntiva, circa il concreto pericolo al quale andrebbe incontro in caso di rimpatrio e deve, quantomeno, dimostrare di essere credibile.
2.1. La Corte di Appello è pervenuta al rigetto del gravame ritenendo che la vicenda narrata non fosse inquadrabile in alcuna ipotesi di protezione internazionale, dando atto dell’omessa produzione del verbale della Commissione territoriale pur dopo l’invito ad integrare rivolto in tal senso con ordinanza del 27 novembre 2017.
2.2. Sulla censura per cui il giudice non avesse assunto d’ufficio le informazioni relative alla situazione del Paese d’origine, la Corte ha ritenuto che nessuna allegazione fosse stata fatta con riguardo alla situazione generale del Paese e che, in ogni caso, dal C.O.I. Report relativo al ***** aggiornato al 2017 non risultava che nella zona di Dacca vi fosse una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato, né erano state fornite allegazioni idonee a definire la presumibile durata di un’esposizione a rischio ai fini del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3.
Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. L’intimato Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
CHE:
3. Va preliminarmente scrutinata la questione, rilevabile d’ufficio, relativa alla tempestività del ricorso per cassazione.
3.1. La sentenza impugnata risulta pubblicata il 18/10/2019 e comunicata in pari data al ricorrente dalla cancelleria della Corte d’Appello di Venezia, a mezzo pec. Conseguentemente, il ricorso notificato telematicamente in data 29/06/2020 (cfr. documentazione informatica relativa alla notifica a mezzo PEC prodotta dal ricorrente in allegato al ricorso) risulta tardivo, poiché “nelle controversie in materia di protezione internazionale celebrate ratione temporis secondo il rito sommario introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello deve essere proposto nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della decisione, come previsto in via generale dall’art. 327 c.p.c., comma 1, non essendovi disposizioni particolari che riguardino l’impugnazione delle pronunce di gravame all’esito di un procedimento sommario, e non trovando applicazione il disposto dell’art. 702 quater c.p.c., che attiene alla proposizione dell’appello contro le ordinanze di primo grado” (Cass. 14821/2020).
3.2. Il ricorso risulta per tale profilo, pur tenuto conto della sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio 2020 disposta dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dal D.L. 8 aprile 2020 n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40, inammissibile.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.
5. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater (Sez. U, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021