Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.22858 del 12/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16131-2019 r.g. proposto da:

V.D., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Edy Guerrini, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Ravenna, Via Viazza n. 19/g;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna, depositato in data 11.4.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1/6/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Bologna ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da V.D., cittadino della *****, dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato a *****, nella *****; di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché accusato del reato di appropriazione indebita dei fondi di un’associazione costituita per la sensibilizzazione della comunità dei rischi dell’epidemia di ebola.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile, lacunoso e fortemente contraddittorio e comunque perché non erano stati allegati fatti rientranti nel paradigma applicativo dell’invocata protezione internazionale; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla *****, stato africano di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perché il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano, non rilevando a tal fine lo svolgimento di attività lavorativa a tempo determinato, né una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. Il decreto, pubblicato il 11.4.2019, è stato impugnato da V.D. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, con contestuale vizio di motivazione in ordine al profilo della valutazione di non credibilità del racconto e l’omessa attivazione dei doveri informativi officiosi.

2. Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 7 e 11. Osserva il ricorrente che, diversamente da quanto rilevato nel decreto impugnato, il giudice del merito avrebbe dovuto valutare tutti gli elementi del caso concreto, tra cui anche la conoscenza di fatti pertinenti che riguardano il paese di provenienza del richiedente, non potendosi basare solo sulla ritenuta credibilità o meno del soggetto richiedente.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 14 e 17.

4. Il quarto mezzo denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativamente alla domanda di protezione umanitaria”. Si evidenzia che la ***** è un paese a rischio, quanto alla violenza indiscriminata che lo attraversa, con il conseguente pericolo di danno grave in caso di un suo rimpatrio. Osserva ancora il ricorrente che il tribunale non avrebbe neanche considerato un ulteriore profilo di rischio in caso di suo forzoso rientro in patria, e cioè la presenza, anche nel mese di gennaio 2019, di focolai di infezione di ebola. Evidenzia da ultimo che è inserito nel contesto sociale italiano ove lavora ed ha una residenza stabile.

5. Prima di esaminare i motivi di doglianza proposti dalla parte ricorrente, la Corte rileva la nullità della procura alle liti apposta al ricorso, con conseguente declaratoria di inammissibilità di quest’ultimo.

Occorre invero ricordare che le Sezioni Unite civili, pronunciando su questione di massima di particolare importanza oggetto di contrasto in tema di protezione internazionale (cfr. sent. n. 15177 del 1.6.2021), hanno affermato che il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Nella procura predetta, pertanto, deve essere contenuta in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato ed il difensore può certificare, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente. Tale interpretazione della portata precettiva della norma citata – hanno chiarito le SS.UU. cit. supra – risulta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Facendo applicazione dei principi di diritto qui ricordati (e riaffermati), il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente è dunque inammissibile.

Nel caso di specie, infatti, la procura speciale rilasciata al difensore in calce al ricorso per cassazione su foglio congiunto (neanche dettagliata nel contenuto con indicazione del decreto di rigetto adottato dalla sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Bologna e della sua data) – pur recando, accanto alla firma del conferente la data di rilascio della procura successiva a quella del decreto impugnato – non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato, recando unicamente l’autenticazione della firma.

Non occorre provvedere sulle spese, non essendosi costituita la parte intimata.

Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza (cfr. sempre ss.uu., n. 15177/2021, cit. supra).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021

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