LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 16134-2019 r.g. proposto da:
B.O., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Edy Guerrini, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Ravenna, Via Viazza n. 19/g;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro.
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di Bologna, depositato in data 11.4.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1/6/2021 1/6/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
RILEVATO
CHE:
1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Bologna ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da B.O., cittadino della *****, dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.
Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in *****; di essere stato costretto a fuggire dal suo paese per sfuggire alla epidemia di ebola.
Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, perché, pur essendo credibile la vicenda personale raccontata dal richiedente, non ricorrevano tuttavia i presupposti applicativi dell’invocata protezione internazionale, anche in ragione dell’accertata circostanza che era già termina l’emergenza sanitaria in ***** dal 17.3.2016, come confermato dalle organizzazioni internazionali; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla *****, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perché il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano né una condizione di soggettiva vulnerabilità.
2. Il decreto, pubblicato il 11.4.2019, è stato impugnato da B.O. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, con contestuale vizio di motivazione in ordine all’omessa attivazione dei doveri informativi officiosi. Evidenzia il ricorrente che, nonostante il tribunale avesse ritenuto credibile la sua vicenda personale, aveva poi omesso di cooperare nell’acquisizione della prova, con particolare riguardo all’acquisizione di aggiornate informazioni sul paese di origine del richiedente, e cioè la *****, avendo in realtà il tribunale acquisito informazioni solamente sullo stato attuale della diffusione del virus ebola in *****
2. Il secondo mezzo denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativamente alla domanda di protezione umanitaria”.
Prima di esaminare i motivi di doglianza proposti dalla parte ricorrente, la Corte rileva la nullità della procura alle liti apposta al ricorso, con conseguente declaratoria di inammissibilità do quest’ultimo.
Occorre invero ricordare che le Sezioni Unite civili, pronunciando su questione di massima di particolare importanza oggetto di contrasto in tema di protezione internazionale (cfr. sent. n. 15177 del 1.6.2021), hanno affermato che il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo làvore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Nella procura predetta, pertanto, deve essere contenuta in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato ed il difensore può certificare, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente. Tale interpretazione della portata precettiva della norma citata – hanno chiarito le SS.UU. cit. supra – risulta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e coni principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
Facendo applicazione dei principi di diritto qui ricordati (e riaffermati), il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente è dunque inammissibile.
Nel caso di specie, infatti, la procura speciale rilasciata al difensore in calce al ricorso per cassazione su foglio congiunto (neanche dettagliata nel contenuto con indicazione del decreto di rigetto adottato dalla sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Bologna e della sua data) – pur recando, accanto alla firma del conferente la data di rilascio della procura successiva a quella del decreto impugnato – non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato, recando unicamente l’autenticazione della firma.
Non occorre provvedere sulle spese, non essendosi costituita la parte intimata.
Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza (cfr. sempre ss.uu., n. 15177/2021, cit. supra).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 1 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021