LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14174/2020 proposto da:
A.R.I., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Vincenzo Vitello, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, *****;
– resistente –
avverso la sentenza n. 120/2020 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 20/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/06/2021 da Dott. CAPRIOLI MAURA.
FATTO E DIRITTO
La Corte di appello di Caltanissetta ha rigettato, l’appello proposto da A.R.I. avverso l’ordinanza del 5.5.2018 del Tribunale di Caltanissetta che aveva rigettato il ricorso rivolto contro il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
Il richiedente asilo aveva riferito di essere nato ***** (*****) in data ***** e di aver lavorato nella polizia e di aver lasciato il Paese una prima volta nell’anno 2009 e una seconda nel 2014 1:emendo ritorsioni da parte di un gruppo terroristico *****, responsabile di diverse uccisioni verso gli appartenenti alle forze dell’ordine.
Avverso la predetta sentenza del 20.2.2020, A.R.I. ha proposto ricorso per cassazione svolgendo due motivi cui non ha replicato il Ministero degli Interni.
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per non avere la Corte distrettuale dato adeguato conto delle conclusioni cui perviene omettendo di effettuare un esame dei fatti prospettai alla luce delle condizioni socio-politiche del *****,Paese di provenienza del ricorrente e per non aver assolto al dovere di cooperazione istruttoria.
Con un secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere il giudice del gravame affermato in modo apodittico l’insussistenza dei presupposti idonei a giustificare la misura della protezione umanitaria.
L’esame delle censure porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Infatti – al di là del formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nell’intestazione dei motivi – nella sostanza le censure proposte si risolvono nella denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, posta alla base del rigetto delle domande di protezione internazionale e di protezione umanitaria.
Si tratta, quindi, di censure che finiscono con l’esprimere un mero dissenso rispetto alle motivate valutazioni delle risultanze probatorie effettuate dalla Corte d’appello, che come tale è di per sé inammissibile (Cass. n. 14678 del 2020).
A ciò va aggiunto che in base all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. n. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis – la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia meramente apparente, oppure sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). Evenienze che qui non si verificano.
Ne’ va omessa di sottolineare la genericità delle argomentazioni che sostengono i motivi, le quali – risultano prive di specifica attinenza con le statuizioni della sentenza di appello impugnata che rappresentano le rationes decidendi idonee a sorreggere la sentenza nei punti cui si riferiscono le contestazioni del ricorrente.
Tali statuizioni sono rispettivamente costituite: a) dalla genericità delle censure rispetto alle argomentazioni addotte dal Tribunale in merito alla non veridicità del narrato b) dal rigetto della domanda della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), da un accurato esame delle fonti aggiornate e debitamente richiamate, che hanno escluso di ravvisare una situazione di violenza indiscriminata nel Paese di origine; d) dal rigetto della domanda di protezione umanitaria, dalla mancata allegazione di elementi che possano dimostrare la sussistenza di situazioni di vulnerabilità soggettiva ovvero il radicamento e l’inserimento sociale in Italia.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Nessuna determinazione in punto spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.
PQM
La corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; nulla per le spese; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021