LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 425-2015 proposto da:
D.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALENTO N. 73, presso lo studio dell’avvocato CHIARA LIETO, rappresentato e difeso dagli avvocati PATRIZIA SILVESTRI, e ALFONSO VASILE;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI CITTA’ SANT’ANGELO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI N. 3, presso lo studio dell’avvocato DANIELE VAGNOZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIO CERCEO;
– controricorrente –
nonché contro P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI N. 11, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLO PATANE’, rappresentato e difeso dall’avvocato UGO DI SILVESTRE;
– controricorrente –
nonché contro FARMACIA COMUNALE DI CITTA’ SANT’ANGELO S.R.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 612/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 25/06/2014 R.G.N. 757/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/03/2021 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, visto il D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di L’Aquila ha respinto l’appello di D.L. avverso la sentenza del Tribunale di Pescara che aveva rigettato il ricorso, proposto nei confronti del Comune di Città Sant’Angelo, di P.M. e della s.r.l. Farmacia Comunale di Città Sant’Angelo, volto ad ottenere: l’accertamento dell’illegittimità del passaggio dal Comune alla società da questo controllata; la dichiarazione del diritto a rimanere inserito nell’organico dell’ente locale o, quanto meno, ad essere trasferito solo a seguito di comparazione con altro dipendente assegnato al medesimo servizio; la condanna del Comune al risarcimento del danno.
2. La Corte territoriale ha premesso che l’appellante aveva contestato il passaggio alle dipendenze della società controllata facendo leva sulla circostanza che altro dipendente, egualmente assegnato al servizio di trasporto scolastico, non aveva subito la stessa sorte.
Il giudice d’appello, analizzate le deposizioni testimoniali, ha ritenuto che detto presupposto di fatto non fosse stato dimostrato, perché dall’istruttoria non era emersa la stabile adibizione del P. al servizio di scuolabus, ossia all’attività oggetto di esternalizzazione.
3. Ha aggiunto che sull’interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31 si sono formate opinioni contrapposte quanto alla possibilità che l’ente possa trasferire solo parte del personale assegnato al settore interessato dal trasferimento. Richiamate le ragioni poste a fondamento dell’una e dell’altra tesi, ha evidenziato che in nessun caso l’appello avrebbe potuto trovare accoglimento, perché il mancato trasferimento del P., del quale il D. poteva dolersi solo se avesse pregiudicato la sua posizione, era stato giustificato da una ragione oggettiva, ossia dal possesso di una qualifica e di un profilo professionale diversi da quelli posseduti dall’appellante, unico dipendente inserito nella dotazione organica dell’ente quale autista di scuolabus.
4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.L. sulla base di due motivi, illustrati da memoria, ai quali hanno resistito con tempestivo controricorso il Comune di Città Sant’Angelo e P.M.. E’ rimasta intimata la s.r.l. Farmacia Comunale di Città Sant’Angelo.
La Procura Generale ha concluso D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8 bis, convertito in L. n. 176 del 2020, per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 228 c.p.c., artt. 2730 e 2733 c.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e sostiene che ha errato la Corte territoriale nel ritenere non provata la stabile assegnazione del P. al servizio di trasporto scolastico. Rileva che il giudice d’appello non poteva disattendere la confessione resa dallo stesso resistente nel corso dell’interrogatorio formale, in occasione del quale il P. aveva ammesso di avere svolto per cinque o sei anni l’attività di autista scuolabus. Aggiunge che detta assegnazione risultava anche dalla produzione documentale perché nella riunione sindacale del 21 gennaio 2008 il Vice Segretario aveva dichiarato che al servizio esternalizzato erano assegnati due dipendenti.
2. La seconda censura, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, addebita alla sentenza impugnata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31 e della L. n. 244 del 2007, art. 3, comma 30, oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio perché la modificazione soggettiva del rapporto che si determina in caso di trasferimento dell’attività non è automatica e opera unicamente se ed in quanto l’amministrazione ritenga di trasferire tutto il personale addetto al servizio. Qualora ciò non avvenga l’ente è tenuto a scegliere i dipendenti sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, che non possono essere ravvisati nel solo profilo professionale quando questo è assolutamente fungibile con altri profili e comporta, come gli altri, lo svolgimento di mansioni riferibili all’attività ceduta.
3. Il primo motivo è inammissibile perché, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, censura l’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito e ciò fa oltre i limiti del riformulato art. 360 c.p.c., n. 5.
Occorre premettere che l’interrogatorio formale reso in un processo con pluralità di parti, essendo volto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli alla parte confitente e favorevoli al soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante, non può essere deferito su un punto dibattuto in quello stesso processo tra il soggetto deferente ed un terzo diverso dall’interrogando, non avendo valore confessorio le risposte, eventualmente affermative, fornite dall’interrogato. La confessione giudiziale, infatti, produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze dii prove dirette. (Cass. n. 10254/2021; Cass. n. 25035/2019; Cass. n. 22453; Cass. n. 20476/2015; Cass. n. 4486/2011; Cass. n. 22753/2004; Cass. n. 6072/1981; Cass. n. 65/1972).
Non a caso il legislatore, nel disciplinare la confessione giudiziale, ha espressamente previsto, all’art. 2733 c.c., comma 3, che in caso di litisconsorzio necessario la confessione giudiziale resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice.
3.1. Dal principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, discende che nei confronti del Comune di Città Sant’Angelo, parte diversa da quella alla quale l’interrogatorio formale è stato deferito, le ammissioni fatte da quest’ultima non possono avere l’invocato valore di prova legale e, pertanto, il mancato apprezzamento delle risposte date dal P. si risolve nell’omesso esame di una risultanza probatoria, non denunciabile nel giudizio di cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, quando il fatto controverso sia stato comunque preso in esame dal giudice del merito.
Da tempo le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che con la riformulazione del richiamato art. 360 c.p.c., n. 5, ad opera del D.L. n. 83 del 2012 (applicabile alla fattispecie in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata il 25 giugno 2014), il legislatore ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne solo l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo. A detto vizio non può essere ricondotto l’omesso esame di elementi istruttori, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (si rimanda alla motivazione di Cass. S.U. n. 34476/2019 che richiama Cass. S.U. n. 8053/2014, Cass. S.U. n. 9558/2018 e Cass. S.U. n. 33679/2018).
D’altro canto è ius receptum il principio secondo cui una censura relativa all’errata applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può essere formulata per lamentare un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice d’appello (cfr. fra le più recenti Cass. n. 18092/2020; Cass. n. 1229/2019, Cass. n. 23940/2017, Cass. n. 27000/2016) e ciò perché, altrimenti, si finirebbe per legittimare una “trasformazione” in error in procedendo del precedente vizio di motivazione per “insufficienza od incompletezza logica”, vizio non più denunciabile in sede di legittimità (Cass. n. 23940/2017) in quanto, all’esito delle modifiche apportate al codice di rito, “il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. n. 11892/2016 e negli stessi termini Cass. n. 23153/2018).
Dai richiamati principi di diritto, qui ribaditi, discende l’inammissibilità del primo motivo perché il ricorrente, nell’addebitare al giudice d’appello di avere valorizzato la sola prova testimoniale, senza esaminare la documentazione in atti e le dichiarazioni rese dal P., finisce per sollecitare questa Corte ad esprimere una valutazione di merito, che esula dai limiti e dallo scopo del giudizio di legittimità, che resta quello di assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto delle diverse giurisdizioni”.
4. L’inammissibilità del primo motivo è assorbente e non consente di esaminare la seconda censura inerente l’interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31.
Nello storico di lite si è evidenziato che il D. aveva contestato il disposto passaggio alle dipendenze della società controllata muovendo dal presupposto fattuale che ad altro dipendente, assegnato al medesimo servizio esternalizzato, era stato riservato un diverso trattamento, non giustificato in quanto il Comune nella scelta dei dipendenti da trasferire avrebbe dovuto attenersi a criteri predeterminati, nel rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede.
La Corte territoriale, una volta escluso che fosse stata offerta la prova della stabile assegnazione del P. al servizio di scuolabus, avrebbe potuto omettere ogni altra statuizione, essendo già l’accertamento in fatto sufficiente a sorreggere la pronuncia di rigetto della domanda. Ha, invece, ritenuto di dovere esaminare comunque il motivo d’appello inerente l’interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31 e, così argomentando, ha posto a fondamento della decisione più rationes decidendi, che vanno ravvisate allorquando il giudice, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, illustri una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea (cfr. fra le più recenti Cass. n. 17182/2020, Cass. n. 13880/2020 e la giurisprudenza ivi richiamata).
E’, pertanto, applicabile l’orientamento secondo cui, qualora la sentenza impugnata risulti sorretta da due diverse rationes decidendi, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’inammissibilità del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare la cassazione della sentenza impugnata, una volta consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile (Cass. n. 15399/2018; Cass. n. 11403/2018; Cass. n. 9752/2017).
5. In via conclusiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida per ciascun controricorrente in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021
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