Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.22904 del 13/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16422/2020 proposto da:

S.T., elettivamente domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. D. Verlato, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno *****, Questura di Vicenza;

– resistenze –

avverso la sentenza n. 5224/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/04/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame proposto da S.T., cittadino moldavo, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che confermava il provvedimento della Questura di Vicenza che aveva negato al predetto, il rinnovo del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare.

La Corte d’appello ha evidenziato che il tribunale si era posto la questione di valutare se la sentenza penale di condanna fosse sufficiente a giustificare il diniego del rinnovo a fronte della situazione familiare, sociale e lavorativa dello straniero, ritenendo che: 1) i reati commessi erano di elevata gravità (favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina, induzione alla prostituzione aggravata dall’uso di violenza e minaccia e partecipazione ad associazioni dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione) e gli accertamenti fotodattiloscopici escludevano che vi fosse stato un errore di persona. Tali accertamenti erano stati svolti solo a seguito dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, che non sarebbe mai stato rilasciato in precedenza se la Questura fosse stata a conoscenza della condanna; 2) la previsione dei reati ostativi, D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 4, comma 3, non ha finalità sanzionatorie ma di tutela della collettività ed è irrilevante che la disposizione sia stata modificata con l’introduzione dei predetti reati ostativi nel 2002, in epoca successiva ai reati commessi dal S.; 3) la gravità dei reati rende irrilevante l’unicità della condanna e costituisce indice di pericolosità sociale, che deve prevalere rispetto all’unità familiare.

Il tribunale ha emesso, pertanto, ordinanza con cui ha respinto il ricorso proposto avverso il decreto di rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari. La Corte d’appello ha rigettato il gravame.

A supporto dei propri assunti, la Corte del merito rileva che non vi era prova che al momento della richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di famiglia, la Questura di Vicenza fosse a conoscenza del precedente penale ritenendolo non ostativo, per poi modificare il proprio orientamento in occasione del suo rinnovo.

Inoltre, la Corte d’appello nel confermare la decisione dell’autorità amministrativa, rileva non era stato applicato nessun automatismo tra commissione dei reati sopra indicati e diniego di rinnovo di permesso, essendosi tenuto conto della natura dei delitti di cui lo straniero si era reso responsabile (reati particolarmente odiosi, di sfruttamento della prostituzione ed altro), per cui nel bilanciamento fra la tutela dei legami familiari e l’interesse pubblico ad evitare che gli stranieri dotati di elevata capacità a delinquere potessero permanere sul suolo italiano, la Corte d’appello aveva dato prevalenza a quest’ultimo interesse.

Contro la sentenza della Corte d’appello, S.T. propone ricorso in cassazione sulla base di due motivi, mentre, l’amministrazione statale non risulta costituita.

Con il primo motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione di norme di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per quanto attiene al principio del legittimo affidamento del privato nei confronti dell’operato della pubblica amministrazione.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione di norme di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alle richieste contenute nel ricorso di primo grado e nell’atto di appello, al fine della concessione di un permesso per motivi di famiglia.

Il primo motivo è inammissibile, perché non censura la ratio decidendi del rigetto del primo motivo d’appello con il quale veniva posta la questione della conoscenza della condanna penale dello straniero da parte della Questura già all’atto del primo rinnovo del permesso di soggiorno, ratio consistente nel difetto di prova della conoscenza di tale dato, da parte della Questura, già all’atto del precedente rinnovo del permesso di soggiorno.

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto sulla censura secondo cui non potrebbe tenersi conto dei reati ostativi di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4, comma 2, perché commessi dal richiedente in epoca anteriore alla introduzione della previsione della ostatività, si era già pronunciato il tribunale – disattendendola peraltro correttamente – e la stessa non risulta riproposta in grado di appello (per quanto emerge dagli atti, non avendo il ricorrente riproposto la relativa censura), sicché si è in proposito formato il giudicato interno. La mancata costituzione della pubblica amministrazione esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso il Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021

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