LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MELONI Marina – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23309/2020 proposto da:
D.E., rappresentato e difeso dall’avv. Caterina Bozzoli, del foro di Padova;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno; Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Padova, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domiciliano per legge;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4575/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 23/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/05/2021 dal consigliere Dott. EUGENIA SERRAO.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte d’Appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa in data 28/12/2017 dal Tribunale di Venezia, che aveva rigettato l’opposizione avverso il provvedimento della Commissione Territoriale che aveva negato la protezione internazionale richiesta dal cittadino del Gambia D.E..
2. L’appellante lamentava che il giudice di primo grado aveva errato nel ritenere inverosimile il suo narrato ed, in ogni caso, aveva trascurato di approfondire la situazione complessiva del Gambia.
2.1.La Corte d’Appello, premessa l’indicazione dei requisiti elencati nella Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato politico, esaminati i rischi di danno grave alla persona per le ragioni specificamente indicate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 ai fini della protezione sussidiaria e rimarcato quali siano i gravi motivi che consentono la protezione umanitaria ovvero il permesso regolato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, ha rilevato che nessuna previsione normativa assume a presupposto di tutela ragioni economiche o situazioni di criminalità comune non riconducibili ad una oggettiva situazione emergenziale temporanea, ha ricordato che l’interessato deve fornire elementi, ancorché in via presuntiva, circa il concreto pericolo al quale andrebbe incontro in caso di rimpatrio e deve, quantomeno, dimostrare di essere credibile.
2.2. La Corte di Appello è pervenuta al rigetto del gravame ritenendo che la vicenda narrata non fosse credibile in ragione delle incongruenze ed illogicità del suo racconto rilevate sia dalla Commissione Territoriale che nel giudizio di primo grado e che nell’atto di gravame non vi fosse specifica contestazione dei rilievi mossi dal giudice di primo grado.
2.3. Sulla censura per cui il giudice non avesse esaminato le informazioni relative alla situazione del Paese d’origine, la Corte ha ritenuto che dal 2016, quando è salito al potere A.B., sia condivisibile quanto indicato nel provvedimento impugnato circa l’assenza di una situazione di violenza indiscriminata, desunta da una serie di fonti qualificate specificamente elencate (pag.9).
2.4. La Corte ha, quindi, escluso che sussistessero i presupposti per la protezione umanitaria, in difetto della pur minima allegazione a tal fine, ed ha escluso che il richiedente versi in condizione di vulnerabilità sia in relazione al dettato del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 1 bis sia in relazione al principio di non refoulement sancito dall’art. 19, comma 2, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’intimato Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
CHE:
3. Va preliminarmente scrutinata la questione, rilevabile d’ufficio, relativa alla tempestività del ricorso per cassazione.
3.1. La sentenza impugnata risulta pubblicata il 23/10/2019 e comunicata in pari data al ricorrente dalla cancelleria della Corte d’Appello di Venezia, a mezzo pec. Conseguentemente, il ricorso notificato telematicamente in data 29/07/2020 (cfr. documentazione informatica relativa alla notifica a mezzo PEC prodotta dal ricorrente in allegato al ricorso) risulta tardivo, poiché “nelle controversie in materia di protezione internazionale celebrate ratione temporis secondo il rito sommario introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello deve essere proposto nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della decisione, come previsto in via generale dall’art. 327 c.p.c., comma 1, non essendovi disposizioni particolari che riguardino l’impugnazione delle pronunce di gravame all’esito di un procedimento sommario, e non trovando applicazione il disposto dell’art. 702 quater c.p.c., che attiene alla proposizione dell’appello contro le ordinanze di primo grado” (Cass. 14821/2020).
3.2. Il ricorso risulta per tale profilo, pur tenuto conto della sospensione dei termini processuali dal 9 marzo all’11 maggio 2020 disposta dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dal D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40, inammissibile.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.
5. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater (Sez. U, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021