LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2784-2020 proposto da:
S.H., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO ALMIENTO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BARI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 4439/2019 del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 10/12/2019 R.G.N. 11839/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
CHE:
1. Il Tribunale di Lecce, con il provvedimento n. 4439 del 10.12.2019, ha rigettato il ricorso proposto da S.H., cittadino della Nigeria (Delta State, Agbo), avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria.
2. Il richiedente, di fede cristiana, aveva dichiarato, in sintesi, di non essere sposato e di avere lasciato il suo paese nel febbraio del 2016 arrivando in Italia il 18.6.2017; aveva precisato che, nel 2010, constatò che ogni anno moriva uno dei figli primogeniti della famiglia del padre a causa di una maledizione e ciò lo indusse a partire; aveva affermato di temere, in caso di rientro, di morire in quanto figlio primogenito.
3. A fondamento della decisione il Tribunale, premesso che non era necessaria una nuova audizione del richiedente, ha rilevato la inattendibilità dalla vicenda narrata, la mancanza di elementi idonei ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) trattandosi di vicenda di natura personale; ha sottolineato che, dalle fonti consultate, la regione di provenienza della Nigeria non si trovava in una situazione di conflitto armato tale da giustificare la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); ha ritenuto, poi, che non vi erano neanche le condizioni di vulnerabilità per la concessione della protezione umanitaria atteso che: a) non era stata documentata una sufficiente integrazione sul territorio dello Stato; b) l’attività lavorativa asseritamente espletata era insufficiente per intraprendere seriamente un percorso di integrazione in Italia, essendo stato allegato solo un contratto lavorativo per sei giorni, privo della documentazione attestante la regolarità del rapporto ed una busta paga di Euro 93,00; c) non risultavano patologie di rilievo né situazioni familiari che potessero integrare profili di vulnerabilità; d) in ordine al problema della Febbre di Lassa e alle recenti morti avvenute in Nigeria, il sistema sanitario locale si era già efficientemente organizzato per contrastare e limitare i contagi.
4. Avverso il suddetto provvedimento del Tribunale S.H. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
5. Il Ministero dell’Interno si è costituito al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
CHE:
1. I motivi possono essere così sintetizzati 2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di una norma giuridica sostanziale o processuale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per radicale carenza di motivazione in ordine alle ragioni espresse nell’originario provvedimento di diniego impugnato.
3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la nullità del decreto e/o del procedimento, per violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per omesso esame del ricorrente.
4. Con il terzo motivo si censura la nullità del decreto o del procedimento per la violazione del potere-dovere officioso del giudice di acquisire informazioni e documenti rilevanti, in base al diritto vivente della giurisprudenza di legittimità, al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e alla Direttiva 2004/83/CE, nonché per il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e per l’omessa, erronea e/o insufficiente valutazione della situazione epidemica rappresentata dalla Febbre di Lassa.
5. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata concessione della protezione sussidiaria cui aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese di origine.
6. Con il quinto motivo si obietta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 anche in relazione alle previsioni di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1 alla L. n. 110 del 2017, agli artt. 10 Cost. e 3CEDU, rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale “errato a non applicare al ricorrente la protezione, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonché essendo vietata l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che ivi possa correre gravi rischi”.
7. Con il sesto motivo si eccepisce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 8 della CEDU, la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nonché la mancata valutazione della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.
8. Il primo motivo è inammissibile.
9. Si ha carenza di motivazione quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento (Cass. n. 25866 del 2010).
10. Nella fattispecie in esame, invece, dalla disamina logico-giuridica dei giudici di merito traspare chiaramente il percorso argomentativo seguito in ordine a tutte le domande e richieste avanzate da parte ricorrente.
11. Il secondo motivo è infondato.
12. L’obbligo di procedere ad una nuova audizione del richiedente, in presenza della fissazione dell’udienza, nel caso di specie non contestata, sorge solo se sono dedotti fatti nuovi o ulteriori temi di indagine ovvero se sia allegata la necessità di specifici chiarimenti, correzioni e delucidazioni sulle dichiarazioni rese in sede amministrativa (Cass. n. 25439/2020): circostanze queste escluse espressamente dal Tribunale nel rigettare la istanza di nuovo colloquio.
13. Il terzo motivo è inammissibile.
14. La doglianza circa la mancata spendita, da parte del Tribunale, dei poteri officiosi è del tutto generica: a fronte delle fonti informative menzionate nel decreto, l’istante non ha indicato quali siano le notizie che lo stesso giudice di merito avrebbe dovuto in concreto acquisire per istruire la propria domanda di protezione internazionale. Non meritevole di accoglimento e’, poi, la censura con cui si imputa al Tribunale di essere incorso in un vizio motivazionale: il provvedimento impugnato non presenta, infatti, alcuna anomalia argomentativa riconducibile al contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, come delineato dalla sentenza di questa Corte n. 8053 del 2014.
15. Quanto alla censura di “omesso esame”, in primo luogo, va osservato che il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13255/2020).
16. Nella fattispecie in esame, si evince che il Tribunale, in ossequio al potere-dovere officioso su di esso incombente, ha valutato le condizioni della regione del sud della Nigeria, da cui proveniva il richiedente, richiamando fonti accreditate ed aggiornate ed escludendo che, sebbene vi fossero numerosi episodi di conflitti e instabilità nella parte settentrionale, nel sud del Paese vi era una situazione di violenza generalizzata tale da comportare, per i civili, per la sola presenza nell’area in questione, il concreto rischio della vita.
17. In secondo luogo, quanto alla doglianza sull’omesso esame della questione sulla Febbre di Lassa, deve rilevarsi quanto segue.
18. Anche se nel gennaio del 2019 il centro nigeriano per il controllo delle malattie ha dichiarato che l’epidemia della Febbre di Lassa in Nigeria rappresenta una emergenza, tuttavia va rilevato che il sistema sanitario nigeriano, come condivisibilmente sottolineato dal Tribunale, è in condizione di fronteggiare il problema.
19. In una circolare del Ministero della Salute italiano, del febbraio del 2019, da ultimo, si dà, infatti, atto che in tutti gli Stati della Nigeria è in corso una sorveglianza rafforzata ed un trattamento particolareggiato in appositi centri in tutto il Paese; nell’atto amministrativo si evidenzia, inoltre, che in tutti gli stati della Nigeria continuano le attività di comunicazione del rischio e di partecipazione comunitaria con un livello di consapevolezza, a livello nazionale, rafforzato con una conferenza ad hoc sulla malattia suddetta.
20. Correttamente, pertanto, il provvedimento impugnato, citando fonti accreditate internazionali (debitamente indicate nel decreto) e attraverso una valutazione completa e documentata (ex officio) della problematica, ha affermato che era stata predisposta, in Nigeria, una organizzazione sanitaria per contrastare e limitare i contagi; e altrettanto giustamente è stato escluso, pertanto, che l’epidemia possa rappresentare una condizione di vulnerabilità rilevante ai fini del chiesto permesso di soggiorno.
21. Le denunciate censure di violazioni di legge e di vizi della motivazione sono, quindi, insussistenti.
22. Il quarto motivo è inammissibile perché oppone, in sostanza, la mancata considerazione, da parte del giudice di merito, della situazione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) relativamente alla Nigeria, quando, invece, come sopra detto, il Tribunale ha svolto correttamente tale accertamento con riguardo alla Regione di provenienza del richiedente.
23. Il quinto ed il sesto motivo, da trattar congiuntamente per connessione, sono infondati.
24. Con riferimento alla domanda di protezione umanitaria il Tribunale ha rilevato che non erano stati rappresentati fattori soggettivi di vulnerabilità, inerenti alla mancanza, nel paese di origine, delle condizioni minime che garantissero al richiedente un’esistenza dignitosa, tale da non esporre lo stesso al rischio della privazione dei diritti fondamentali.
25. Ne’ può attribuirsi rilievo esclusivo al fatto, in astratto ipotizzabile, che la precarietà del permesso di soggiorno per motivi umanitari non consentirebbe una occupazione a tempo indeterminato perché, nella fattispecie, è stata fornita una prova inidonea dell’integrazione con la dimostrazione del solo espletamento dell’attività lavorativa (effettuata per soli sei giorni in virtù di documentazione non attestante la regolarità del rapporto), di talché il problema non si rivela decisivo ai fini del presente ricorso.
26. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
27. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.
28. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 17 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 agosto 2021