Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.22955 del 16/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24534-2019 proposto da:

A.D., rappresentato e difeso dall’avvocato Flavio Grande, del foro di Torino e domiciliato in Roma, piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione ovvero all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato sempre ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– intimato –

avverso il decreto n. 2990/2019 del Tribunale di Bologna, depositato il 27/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/07/2020 dal Consigliere Dott.ssa Milena FALASCHI.

OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO Ritenuto che:

– con provvedimento notificato il 24.02.2018 la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bologna rigettava la domanda del ricorrente, volta all’ottenimento dello status di rifugiato, della protezione c.d. sussidiaria o in subordine di quella umanitaria;

– avverso tale provvedimento interponeva opposizione A.D., che veniva respinta dal Tribunale di Bologna con decreto n. 2990 del 27.06.2019;

– la decisione evidenziava l’insussistenza dei requisiti previsti dalla normativa, tanto per il riconoscimento dello status di rifugiato quanto per la protezione sussidiaria e umanitaria, in quanto, pur esprimendo una valutazione di credibilità del richiedente asilo, in particolare in riferimento alla protezione internazionale, non erano neppure stati allegati fattori di persecuzione, né egli aveva paventato il rischio di subire, in caso di rientro nel Paese di origine una delle forme tipizzate di danno grave, essendosi egli limitato ad addurre problematiche di salute e difficoltà economiche che tuttavia non si palesavano come condizioni di vita inumane. Aggiungeva che la specifica situazione della regione di provenienza, alla luce delle più accreditate COI, non evidenziava l’esistenza in Gambia di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, sì da esporre la popolazione civile ad un grave pericolo per la vita o l’incolumità fisica per il solo fatto di soggiornarvi. Ne’ ricorrevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria svolgendo lavoro il richiedente solo in maniera saltuaria e non essendo le problematiche di salute dedotte ostative al rientro in Patria essendo egli affetto da rachialgia cronica per la quale non era sottoposto a terapica farmacologica specifica (v. certificato medico prodotto dallo stesso DANSO del 28.05.2019);

– propone ricorso per la cassazione avverso tale decisione – notificato in data 29.07.2019 – il DANSO affidato ad un unico motivo;

– il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Atteso che:

– con l’unico motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 111 Cost., comma 7, con riferimento al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 per avere la Corte di merito affermato che nella regione di provenienza dello stesso non sussistevano i pericoli paventati per non avere l’Italia, nel recepire la direttiva 2011/95/UE con il D.Lgs. n. 18 del 2014, essersi avvalsa della facoltà di limitarla ove anche solo una parte del Paese di origine consentiva di non correre rischio di essere perseguitati o di subire un danno grave.

La doglianza è inammissibile.

La Corte di merito, avvalendosi dei rapporti EASO, ha escluso che nella zona di provenienza del ricorrente – peraltro nemmeno dal medesimo chiaramente indicata – fosse in atto una situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato.

Orbene, questa Corte (cfr., amplius, Cass. n. 32064 del 2018, in motivazione) ha chiarito che la nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), deve essere interpretata in conformità alla fonte Eurocomunitaria di cui è attuazione (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE), in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014, C-542/13, par. 36), secondo cui i rischi, cui è esposta in generale la popolazione di un paese o di una parte di essa, di norma non costituiscono, di per sé, una minaccia individuale da definirsi come danno grave (cfr. 26 Considerando della direttiva n. 2011/95/UE).

Ciò in quanto l’esistenza di un conflitto armato interno potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solo se il grado di violenza indiscriminata, che caratterizza gli scontri tra le forze governative di uno Stato ed uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, raggiunga un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, rinviato nel paese o nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (cfr., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakite’, C285/12; Cass. n. 13858 del 2018).

Una specifica situazione di tal tipo, però, è stata esclusa dal giudice di merito e questo accertamento costituisce un’indagine di fatto che può esser censurata in sede di legittimità nei limiti consentiti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: il che non è stato effettuato, sicché l’odierna doglianza deve reputarsi come semplicemente finalizzata a sovvertire l’esito della decisione.

Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.

Nessuna pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità stante la mancata difesa dell’Amministrazione.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 agosto 2021

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