Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22966 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19932/2017 R.G. proposto da:

Comune di Campobasso, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Matteo Carmine Iacovelli dell’Avvocatura Comunale, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.L.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Regionale del Molise (Campobasso), Sez. 2, n. 735/02/16, del 28 novembre 2016, depositata il 20 dicembre 2016, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 aprile 2021 dal Consigliere Raffaele Botta;

Preso atto che il P.G. non ha depositato conclusioni scritte e che le parti non hanno depositato memorie.

FATTO E DIRITTO

1. La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di pagamento per TARSU 2007 relativa all’attività di agriturismo svolta dalla contribuente che veniva equiparata alle attività di ristorazione. Il ricorso era accolto sia in primo grado che in appello sulla base della ritenuta non assimilabilità alle attività di ristorazione dell’attività di agriturismo, che dovrebbe invece trovare spazio nel quadro delle attività agricole cui essa è più strettamente complementare. Avverso la sentenza d’appello il Comune popone ricorso per cassazione con due motivi. La contribuente non si è costituita;

2. Con il primo motivo il Comune censura sotto il profilo di diverse violazioni di legge la ritenuta natura agricola dell’attività di agriturismo. La sentenza impugnata invero poggia dichiaratamente la propria motivazione sulla sentenza di questa Corte n. 8851 del 2007, secondo la quale “l’inquadramento dell’attività agrituristica (già disciplinata con la L. n. 730 del 1985, poi con il D.Lgs. n. 228 del 2001 ed interamente regolamentata di nuovo con la più recente L. n. 96 del 2006) in quella agricola è subordinato alla condizione che l’utilizzazione dell’azienda agricola a fine di agriturismo sia caratterizzata da un rapporto di complementarità rispetto all’attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento del bestiame, che deve comunque rimanere principale (ovvero – secondo la dizione dell’attuale L. 20 febbraio 2006, n. 96 – “prevalente”). Ne consegue che all’attività di agriturismo, in quanto attività agricola, deve essere applicata la tariffa agricola corrispondente e non già quella per l’utenza alberghiera e, a tal fine, il giudice investito della relativa controversia può disapplicare le delibere della competente autorità che stabiliscano diversamente”;

3. Fatto sta che la sentenza impugnata si limita a dichiarare astrattamente che “le attività agrituristiche caratterizzate da un rapporto di complementarietà rispetto alle attività di coltivazione del fondo… sono considerate attività agricole”, ma non afferma di aver accertato (sulla base di prove offerte dalla contribuente) che nel caso di specie tale complementarietà sussistesse: si tratta di un accertamento indispensabile, sicché, nell’assenza, deve ritenersi pmi fondato il ricorso, con assorbimento del secondo motivo, con la conseguente cassazione della sentenza con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Molise in diversa composizione, che provvederà anche per le spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Molise in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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