Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22977 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6320/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ope legis domicilia;

– ricorrente –

contro

S.C., elettivamente domiciliata in Roma, C.so V. Emanuele II n. 154/3DE, presso lo studio del prof. avv. Daniele Granara che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1758 della Commissione tributaria regionale della Liguria, depositata il 7 dicembre 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 maggio 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 1758, depositata il 7 dicembre 2017, la Commissione tributaria regionale della Liguria ha accolto l’appello proposto da S.C., così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che, per suo conto, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario perché la controversia implicante questione (di titoli di proprietà) appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario;

– il giudice del gravame ha ritenuto che il ricorso introduttivo del giudizio dovesse ascriversi alla giurisdizione adita e che, “in assenza di prescrizione, l’Ufficio a fronte della illegittima variazione catastale sopra citata, può provvedere alle rettifiche richieste dal caso”;

2. – l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;

– S.C. resiste con controricorso. Depositata memoria.

CONSIDERATO

che:

1. – col primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, deducendo, in sintesi, difetto di giurisdizione del giudice tributario sulla spiegata domanda che, – in quanto volta a contestare le annotazioni catastali operate su denunce di variazione presentate, con procedura Docfa, da terzo soggetto, – non involgeva le operazioni catastali in funzione correlata all’imposizione tributaria quanto, e piuttosto, i rispettivi titoli di proprietà delle parti private interessate da dette denunce di variazione catastale, così prospettando controversia (sulla delimitazione delle proprietà esclusive ed in comunione) rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario;

– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, sull’assunto che, nella fattispecie, difettava sinanche l’esistenza di un provvedimento, di natura impositiva, suscettibile di impugnazione, le operazioni catastali contestate correlandosi ad atti di iniziativa della parte privata che aveva presentato, con procedura Docfa, domande di variazione catastale (così) riportate in atti (senz’alcuna diversa determinazione di essa esponente);

2. – il primo motivo di ricorso, – dal cui esame consegue l’assorbimento del secondo, – è fondato e va accolto;

3. – com’e’ incontroverso, tra le parti, – e come del resto emerge dalla gravata sentenza, – il ricorso introduttivo del giudizio è stato proposto sulla causa petendi costituita dall’erroneità, ed illegittimità, di denunce di variazione catastale, presentate con procedura Docfa, in quanto volte ad offrire una rappresentazione catastale dello stato dei luoghi, – afferenti, in particolare, una corte comune ed un vano scala interno all’edificio condominiale, – in difformità dai titoli di proprietà; parte ricorrente reclamando, per l’appunto, la proprietà comune sulla corte pertinenziale al fabbricato oltreché il diritto di proprietà su di un vano scala, l’uno e l’altro spazio diversamente rappresentato in catasto a seguito delle (tre) denunce di variazione presentate da terzo soggetto;

3.1 – nella fattispecie viene, così, in rilievo una contestazione che involge in radice la titolarità del diritto dominicale e che, perciò, non può che ricondursi alla giurisdizione del giudice ordinario (v. Cass. Sez. U., 26 luglio 2007, n. 16429), la giurisdizione dovendosi determinare, com’e’ noto, in ragione del petitum sostanziale che va inteso non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata in astratto a quest’ultima dal diritto positivo;

3.2 – le Sezioni Unite della Corte, in più occasioni, hanno difatti rilevato che la disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, – secondo la quale appartengono alla giurisdizione tributaria “le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”, e cui si correla la disposizione di cui al successivo art. 19, comma 1, lett. f), quanto all’impugnabilità degli “atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2”, – non può essere letta in termini tali da snaturare la giurisdizione del giudice tributario, – che è imprescindibilmente collegata alla “natura tributaria del rapporto” (v., altresì, Corte Cost., 14 maggio 2008, n. 130; Corte Cost., 14 marzo 2008, n. 64), – e, perciò, “non può riferirsi ad ogni controversia che possa avere ad oggetto le materie in essa indicate, perché in tal modo finirebbero per ricadere nella giurisdizione tributaria molte tipiche azioni di rivendica o di regolamento di confini, che palesemente esulano dalla materia che la normativa in discorso intende disciplinare” (v. Cass. Sez. U., 23 luglio 2018, n. 19524; Cass. Sez. U., 23 dicembre 2016, n. 26900; Cass. Sez. U., 12 dicembre 2016, n. 25316; Cass. Sez. U., 16 febbraio 2016, n. 2950; Cass. Sez. U., 26 luglio 2007, n. 16429; Cass. Sez. U., 14 giugno 2006, n. 13691);

– si e’, così, rimarcato che appartiene al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie tra privati, o tra privati e P.A., aventi ad oggetto l’esistenza ed estensione del diritto di proprietà, in contrapposizione all’altrui diritto di proprietà; e che la giurisdizione del giudice ordinario “non può arrestarsi o venire limitata per il fatto che le doglianze del privato sono dirette essenzialmente a denunciare errori inerenti la non corretta delimitazione, sul piano sostanziale, tra area pubblica e privata, ad impugnare i relativi provvedimenti o ancora a denunciarne vizi procedurali per carenza o incompletezza dell’attività istruttoria ovvero vizi motivazionali o errori di valutazione.” (così Cass. Sez. U., 23 dicembre 2016, n. 26900);

3.3 – laddove la giurisdizione del giudice tributario è stata affermata, – secondo un’evenienza che nella fattispecie non ricorre, qualora le risultanze catastali siano state contestate per ottenerne la variazione “al fine di adeguarle all’esito di un’azione di rivendica o regolamento di confini” (fattispecie, questa, nella quale “la giurisdizione spetta al giudice tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 2, e in ragione della diretta incidenza degli atti catastali sulla determinazione dei tributi.”; così Cassa Sez. U., 16 febbraio 2016, n. 2950 cui adde, ex plurimis, Cass., 3 novembre 2020, n. 24298; Cass., 15 gennaio 2020, n. 596; Cass., 15 gennaio 2020, n. 594; Cass. Sez. U., 23 luglio 2018, n. 19524);

4. – le spese dei gradi di merito vanno compensate, tra le parti, avuto riguardo all’evolversi della vicenda processuale mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte controricorrente.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna la controricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenuta da remoto, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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