Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22981 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20208-2014 proposto da:

C. SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO BIZZARRO;

– ricorrente –

contro

COMUNE MARCIANISE, EQUITALIA SUD SPA, TARI’ SCPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 751/2014 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA, depositata il 27/01/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2021 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

IN FATTO E IN DIRITTO 1. La società C. srl, esercente attività commerciale all’interno del centro orafo “Tari” sito in territorio del comune di *****, ha impugnato la cartella di pagamento relativa a TARSU per l’anno 2011 deducendone sotto diversi profili l’illegittimità. Il giudice di primo grado dichiarata l’inammissibilità della costituzione del Tarì per l’omessa notifica alle parti costituite, respingeva il ricorso con sentenza impugnata dalla contribuente innanzi alla CTR della Campania la quale, con la pronunzia indicata in epigrafe, a conferma della prima decisione, dichiarava dovuta dalla società appellante la TARSU all’ente comunale.

Rilevava, per quel che qui ancora rileva, che, in base al D.Lgs. n. 152 del 2006, il passaggio dalla Tarsu alla Tia 2 era subordinato all’adozione dei regolamenti di settore, con la conseguenza che, fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della nuova tariffa, continuava ad applicarsi la precedente disciplina (Tarsu).

Sosteneva che solo dopo il 31 dicembre 2009, la Tarsu poteva ritenersi definitivamente abrogata con l’introduzione della Tia 2 ed i comuni potevano mantenere il regime previgente o esercitare ai sensi del D.L. n. 208 del 2008, art. 5, comma 2-quater, la facoltà di effettuare il passaggio alla Tia 2; – che, con il D.Lgs. n. 23 del 2011, il legislatore aveva riconosciuto ai comuni la possibilità di continuare ad applicare i regolamenti adottati in base alla normativa concernente sia la tassa sui rifiuti solidi urbani sia la tariffa di igiene ambientale.

Con riferimento all’esenzione dalla Tarsu, per produrre rifiuti speciali non assimilabili agli urbani, al cui smaltimento provvede in proprio la società contribuente, precisava che, rimasto estraneo al processo il consorzio Tarì, la società non poteva fruire di alcuna esenzione in quanto non risultava produrre rifiuti pericolosi, ma solo rifiuti speciali, qualitativamente assimilati a quelli urbani.

In particolare, ritenendo applicabile il D.P.R. n. 915 del 1982, affermava la non necessaria coesistenza dei criteri qualitativi e quantitativi, con la conseguente legittimità della Delib. consiliare comunale 13 aprile 2012, che aveva differito al 2013 il limite quantitativo fissati in 24 mc all’anno, così prorogando la vigenza della Delib. del consiglio 23 luglio 1998, n. 85, che non pone limiti quantitativi come consentito dal citato D.P.R..

Per quanto riguarda gli imballaggi secondari e terziari, in assenza di denuncia, della società, evidenziava che non poteva trovare applicazione l’invocata agevolazione fiscale.

Quanto alla riduzione richiesta dalla società per i rifiuti assimilati smaltiti in proprio, la CTR riteneva la legittimità del calcolo – alla luce del Reg. comunale, art. 9 – operato sulla quantità teorica dei rifiuti autosmaltiti.

E, poiché, il Comune aveva riconosciuto un abbattimento del 24/0 sulla quantità documentata dalla società ed è facoltà del Comune stabilire i criteri applicativi di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, sulla base della quantità complessiva teorica dei rifiuti prodotti, riteneva che non potesse essere censurato II Comune sotto il profilo della irragionevolezza delle modalità applicative.

L’ente contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Nessuna difesa ha spiegato la parte intimata.

2.Con il primo motivo di ricorso si la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, per avere la CTr affermato l’inammissibilità della costituzione del Tarì s.c.p.a., chiamato in causa, la quale si era costituita senza notificare alle controparti la propria comparsa di costituzione.

Si deduce al riguardo che la notifica dell’atto di costituzione è richiesta dal citato art. 14, solo per le parti chiamate per volontà del giudice o propria, mente il comma 4 della norma in esame detta una disciplina diversa per i chiamati in causa su istanza di parte che devono costituirsi con apposito atto senza doverlo notificare.

3. Con la seconda censura si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, e del D.Lgs. n. 167 del 2008, art. 2, nonché del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, e del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 195 e 238; per avere il decidente escluso la natura pericolosa dei rifiuti prodotti e per aver affermato l’insussistenza dell’obbligo di individuare sia il criterio qualitativo che quantitativo. Sostenendo che la medesima disciplina dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, concerne sia i rifiuti speciali che quelli tossici, escludendo dalla tassazione le superfici che producono rifiuti speciali smaltiti dallo stesso produttore.

Al contempo il decreto Ronchi, art. 21, ha attribuito ai comuni la possibilità di assimilare i rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, tramite regolamento e l’individuazione dei criteri qualitativi e quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento.

Rammenta, poi, che anche il codice dell’ambiente prevede la possibilità di assimilazione per quantità e qualità (art. 184 e art. 198), nonché il rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi la cui determinazione è riservata allo stato e l’adozione di un regolamento.

In aggiunta, si evidenzia che la Delib. del consiglio comunale, n. 85 del 1998, si pone in netto contrasto con le norme di legge esaminate in quanto non prevede la individuazione delle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti speciali che si pretende di aver assimilato ai rifiuti urbani.

4. Con la terza censura si prospetta la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 112 c.p.c., ex 360 c.p.c., comma 1, n. 4, laddove la CTR ha ritenuto istituito il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti la cui costituzione era stata invece contestata dalla contribuente, la quale avrebbe provato nel giudizio di merito la mancata attivazione del servizio di recupero e smaltimento dei rifiuti speciali nonché la gestione di detti rifiuti da parte di un’azienda privata cui si era rivolta la ricorrente. Circostanze che risulterebbe compravate sia dai contratti di appalto dei servizi di gestione dei rifiuti sia dalla perizia giurata depositata dal Tarì nel primo grado.

5. Con l’ultimo mezzo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 18 e 21, in ordine al differimento della individuazione del requisito quantitativo per la esclusione dell’assimilazione di rifiuti speciali agli urbani prevista dal Reg. comunale del servizio integrato di gestione dei rifiuti, art. 17; per avere la CTr erroneamente affermato la legittimità del differimento dell’individuazione del criterio quantitativo ai fini dell’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, in quanto in contrasto con il disposto delle norme rubricate.

Sostiene al riguardo che il Reg. comunale n. 50 del 2007, art. 17, prevedeva la non assimilabilità dei rifiuti speciali agli urbani se superavano la quantità annuale di 24 mc/annui, con facoltà di conferirili ad un soggetto che esercita attività autorizzata di recupero di materia ed energia.

Il citato art. 17, non può ritenersi inapplicabile in virtù di una Delib. successiva del Commissario straordinario n. 95 del 2009, ripresa dalla Delib. n. 17 del 2011 e poi dalla Delib. n. 25 del 2012, che hanno differito reiteratamente la data di entrata in vigore dell’art. 17 fino al gennaio 2013.

Del resto, una delibera di assimilazione che non riporti la contestuale indicazione dei criteri qualitativi e quantitativi è illegittima e deve essere disapplicata.

In mancanza del criterio quantitativo, non poteva il Comune di ***** procedere all’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani.

Con istanza del 29 aprile 20121, la difesa dell’azienda depositava l’accordo transattivo intervenuto tra il Tarì e l’ente comunale, sottoscritto dalle parti, chiedendo dichiararsi la cessazione della materia del contendere.

Pertanto, va dichiarata la cessazione della materia del contendere fra le parti intervenute nella transazione, con compensazione delle spese di lite.

PQM

La Corte Dichiara la cessazione della materia del contendere;

– Dichiara compensate le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione della Corte di cassazione, tenuta da remoto, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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