Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22993 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5716-2018 proposto da:

UNIVERSITA’ CAMPUS BIO-MEDICO ROMA, in persona del Direttore Generale e procuratore speciale p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5414/2017 della COMM.TRIB.REG.LAZIO, depositata il 21/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/06/2021 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA 1. l’Università Campus Bio-medico di Roma ricorre, sulla base di un unico motivo avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 5414/2017, la quale ha confermato la legittimità dell’avviso di liquidazione del 20 febbraio 2012, con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato le imposte di registro, ipotecaria e catastale relativamente all’acquisto di due terreni destinati a fungere da pertinenze dell’immobile già di sua proprietà e destinata a sede dell’ateneo, ancorché sottoposte ad Iva come l’immobile principale.

In particolare, la CTR del Lazio affermava che difettava il rapporto di pertinenzialità tra i terreni ed il fabbricato essendo i primi soggetti a vincoli di destinazione a verde pubblico e di inedificabilità, sul rilievo che, benché il vincolo non sia necessariamente preordinato alla successiva espropriazione dei terreni, è comunque rivolto a soddisfare esigenze di fruibiltà della generalità dei cittadini e costituisce quindi una destinazione incompatibile con il preteso legame di tipo pertinenziale con l’edificio di proprietà dell’Ateneo.

In assenza del rapporto di pertinenzialità, detto vincolo di destinazione comportando la sostanziale inedificabilità delle aree, le sottrae al regime Iva, dovendosi applicare quelle delle imposte di registro.

L’agenzia delle Entrate replica con controricorso.

ESPOSIZIONE DELLA RAGIONI DI DIRITTO 2.Con l’unica censura, si lamenta violazione dell’art. 817 c.c., artt. 83 e 85 delle Norme tecniche di attuazione del piano regolatore di Roma capitale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il decidente erroneamente ritenuto che il vincolo a verde pubblico integrasse una destinazione incompatibile con il preteso legame pertinenziale con l’edificio di proprietà della ricorrente.

Assume, difatti, l’Università che il vincolo non osta ala libero utilizzo dei terreni né la destinazione ad ornamento di altro cespite.

Ciò in quanto il vincolo di destinazione a verde pubblico è preclusivo di tutte le forme di trasformazioni del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, quale estrinsecazione dello ius aedificandi connesso con il diritto di proprietà ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area. Ma detto vincolo non determina una perdita di qualsiasi utilitas né l’esautoramento del contenuto del diritto di proprietà o godimento da parte del proprietario. In altri termini, ad avviso del ricorrente, il vincolo opera sul piano urbanistico, mentre quello delle pertinenze sul piano privatistico, cosicché la connessione tra fondi e fabbricato è certamente riconducibile al rapporto di pertinenzialità ove non si ponga in contrasto con le previsioni del piano regolatore.

3. La normativa tributaria si è occupata del rapporto pertinenziale tra immobili in materia di ICI.

Relativamente alla questione della natura pertinenziale dell’area giova ricordare che, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1, comma 2, “Presupposto dell’imposta ICI è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili… siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati…”; ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a):”Ai fini dell’imposta di cui all’art. 1: per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza…”; della lett. b): “Ai fini dell’imposta di cui all’art. 1: per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi…”.

3.1 La nozione di “pertinenza”, in quanto non fornita dalla legge tributaria, resta quella di cui alla nozione generale contenuta nell’art. 817 c.c., cui il decreto ICE rinvia recependone anche il regime sostanziale, per cui l’area funzionalmente collegata al fabbricato è insuscettibile di autonoma e separata disciplina, ma segue invece il regime del fabbricato, bene principale. Questa Corte ha poi avuto modo di precisare che il regime in esame trova applicazione solo se la natura pertinenziale resta convalidata dalla verifica in concreto dei presupposti, oggettivo e soggettivo, posti dall’art. 817 c.c., e cioè dalla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un’altra (criterio oggettivo) e dalla volontà di dar vita ad un vincolo di accessorietà “durevole” (criterio soggettivo). Si tratta di un criterio, “fattuale” (cfr. ad es. sez. 5, n. 19161 del 2004), che impone una “indagine” che “comporta un apprezzamento dei dati probatori acquisiti”, per cui “deve essere condotta in sede di merito” (v. ad es. sez. 5, n. 6501 del 2005 cit.) accertando “un’oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che sterilizzi in concreto e stabilmente lo “ius edificandi” e che non si risolva, quindi, in un mero collegamento materiale, rimovibile “ad libitum”.

Attesa la indisponibilità del rapporto tributario, la prova dell’asservimento pertinenziale grava sul contribuente (quando… ne derivi una tassazione attenuata) e “deve essere valutata con maggior rigore rispetto alla prova richiesta nei rapporti di tipo privatistico”; “se la scelta pertinenziale non è giustificata da reali esigenze, non può avere valenza tributaria, perché avrebbe l’unica funzione di attenuare il prelievo fiscale, eludendo il precetto che impone la tassazione in ragione della reale natura del cespite.

3.2 Si è dunque sottolineato: -che l’accertamento dell’esistenza del vincolo pertinenziale, postula anche quello dell’esistenza dell’ulteriore requisito della non suscettibilità del bene costituente pertinenza di una diversa destinazione senza una radicale trasformazione: altrimenti sarebbe agevole per il proprietario di un immobile godere dell’esenzione attraverso una destinazione pertinenziale rispetto ad un fabbricato pur se detta destinazione possa facilmente cessare, senza una radicale trasformazione dell’immobile stesso(cfr. sez. 5, n. 25127 del 2009; n. 22128 del 2010; n. 25170 del 2013; n. 15668 del 2017); – che risultano irrilevanti le risultanze catastali, specie se di segno sfavorevole al contribuente, in quanto la circostanza che in catasto l’immobile pertinenziale sia frazionato rispetto a quello principale, costituisce un dato esclusivamente formale, e non osta a che possa essere dimostrata la pertinenzialità ai sensi dell’art. 817 c.c. mediante i requisiti oggettivo e soggettivo predetti (così sez. 5 n. 19375 del 2003, n. 19161 del 2004, n. 26077 del 2015 e n. 18470 del 2016; 23439/2019).

3.3 Dunque, anche se il fatto che il trattamento fiscale delle porzioni immobiliari asservite ad immobile principale rende di per sé irrilevante il regime di edificabilità attribuito dallo strumento edificatorio (Cass. n. 19735/2003, n. 6501/2005, n. 19638/2009, n. 14809/2010), occorre tuttavia pur sempre ancorare la asserita natura pertinenziale alla verifica in concreto dei presupposti oggettivi e soggettivi di cui all’art. 817 c.c. (Cass. 6501/2005), ovvero all’effettivo collegamento funzionale con il bene principale, per volontà del proprietario di destinare la pertinenza a ornamento o servizio di quest’ultimo, nessun rilievo assumendo l’autonomo classamento dell’unità pertinenziale.

Occorre stabilire in cosa consiste il rapporto di pertinenzialità tra beni, di guisa che, quando nella medesima porzione immobiliare coesistano accessorietà ed edificabilità, l’effetto attrattivo che discende dal vincolo di asservimento rende ininfluente l’altra destinazione, siccome attinente a fini estranei al rapporto con la cosa principale considerata dalla norma tributaria (Corte di cassazione 25 marzo 2005, n. 6501, preceduta, nello stesso senso, dalle sentenze: 23 settembre 2004, n. 19161; 26 agosto 2004, n. 17035; 17 dicembre 2003, n. 19375; Cass. n. 11832/2020).

In altri termini, la nozione di “pertinenza”, in quanto non fornita dalla legge tributaria, resta quella di cui alla nozione generale contenuta nell’art. 817 c.c., cui il decreto ICI rinvia “sic et simpliciter”, recependone anche il regime sostanziale, per cui l’area funzionalmente collegata al fabbricato è insuscettibi e di autonoma e separata disciplina, ma segue invece il regime del fabbricato, bene principale; pertanto, quando nella medesima porzione immobiliare coesistono accessorietà ed edificabilità, l’effetto attrattivo che discende dal vincolo d’asservimento, rende irrilevante l’altra destinazione, siccome essa è strumentale a fini estranei al rapporto con la cosa principale.

3.4 Si è così sottolineato (cfr. sez. 5, n. 22128 del 2010; ma già n. 5320 del 1994) che l’accertamento dell’esistenza del vincolo pertinenziale, ovverossia del fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o a ornamento) del fabbricato medesimo, postula anche quello dell’esistenza dell’ulteriore requisito della non suscettibilità del bene costituente pertinenza di diversa destinazione senza radicale trasformazione: altrimenti opinandosi, si è chiarito, sarebbe agevole per il proprietario di un immobile godere dell’esenzione attraverso una destinazione pertinenziale rispetto ad un fabbricato pur se detta destinazione possa facilmente cessare senza, una radicale trasformazione dell’immobile stesso.

Ora, la questione sottoposta al vaglio di questa Corte consiste nell’accertare se la presenza di un vincolo di destinazione sui fondi a verde pubblico e servizi pubblici sia idoneo a recidere il nesso di pertinenzialità che il proprietario ha voluto attribuire ai fondi.

5.Nella fattispecie, ” la zona è stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico; parco pubblico ecc.)”, cosicché la classificazione apporta un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione (Cass. n. 8897/2021; n. 18057/2016; Cass. n. 13917/2007).

5.1 Tale principio, affermato in tema di ICI, deve trovare applicazione anche nel caso dell’imposta di registro, atteso che il requisito oggettivo della natura edificatoria del terreno è il medesimo (31048/2017; n. 27121/2019, in motiv.).

Tuttavia, l’esclusione della edificabilità delle aree non rappresenta elemento rilevante ai fine dell’accertamento del nesso di pertinenzialità; ciò che rileva, ad avviso di questa Corte, è la carenza del requisito soggettivo di cui all’art. 817 c.c., vale a dire la volontà di dar vita ad un vincolo di accessorietà durevole che in presenza del vincolo di destinazione non può certamente neppure prospettarsi.

Del resto, perché il vincolo pertinenziale, tra due beni autonomi e distinti, siano essi mobili o immobili, possa costituirsi e il relativo regime – che postula l’esclusività della funzione accessoria – possa funzionare, è necessario che il proprietario della cosa principale abbia la piena disponibilità anche della cosa accessoria e che la destinazione pertinenziale, sia attuale, effettiva e durevole.

Pertanto, non ricorre un vincolo pertinenziale nell’ipotesi di un immobile contemporaneamente adibito a servizio di un cespite e destinato a soddisfare altre utilità in favore della collettività attraverso la realizzazione di un’area verde e di servizi pubblici, finendo con l’appartenere immobile principale e “pertinenze” a proprietari diversi (Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5262 del 7 maggio 1993).

6. Pertanto, il ricorso va respinto con aggravio di spese.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso

– condanna il ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità sostenute dall’Agenzia delle Entrate che liquida in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Corte di cassazione tenuta da remoto, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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