Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.22996 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 332-2017 proposto da:

PARMALAT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MAROCCO 18, presso lo studio

“TRIVOLI & ASSOCIATI”, rappresentata e difesa dagli avvocati MARCO PASQUALI ed ALESSANDRO TRIVOLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1363/2016 della COMM.TRIB.REG. EMILIA ROMAGNA, depositata il 24/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/06/2021 dal Consigliere Dott.ssa BALSAMO MILENA.

RILEVATO

CHE:

1. La parte contribuente proponeva ricorso avverso due avvisi di liquidazione relativi ad imposta di registro in merito a due sentenze del Tribunale di Parma con le quali in una, l’opposizione, proposta dalla società Harbert Distressed Investment Master Found Ltd, allo stato passivo della società in concordato Parlamalat finanziaria spa veniva accolta con ammissione quale creditore chirografario per l’importo di Euro 132.744.284,58 e nell’altra l’opposizione della società alpha Us Fund VI LLC veniva accolta per l’importo di Euro 3.931.083,73 -, sul rilievo che l’imposta doveva essere liquidata non sull’importo riconosciuto al passivo, ma sulla somma ridotta dalla falcidia concordataria pari al 94,3%, essendo il recovery ratio applicabile pari al 5,7%.

Al riguardo sosteneva che la falcidia aveva prodotto effetti estintivi sui crediti chirografari ammessi al passivo dalle due sentenze del tribunale di Parma e che l’applicazione dell’imposta sull’importo riconosciuto dall’autorità giudiziaria contrastava col principio di capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 Cost.

La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente; la Commissione Tributaria Regionale, con sentenza 1363/2016, depositata il 24 maggio 2016, respingeva il gravame della contribuente, citando i principi giurisprudenziali di questa Corte in materia, ritenendo che i creditori conservano per intero la loro azione nei confronti dei coobbligati fideiussori e degli obbligati in via di regresso.

L’Agenzia delle Entrate replicava con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

2.La società Parmalat propone ricorso affidato ad un unico motivo, adducendo violazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 20 e 49, nonché del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8 della tariffa allegata, e del R.D. n. 267 del 1942, artt. 135 e 184 nonché dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3),; la società ricorrente deduce l’erronea applicazione dell’imposta proporzionale sul valore nominale del credito in luogo dell’importo del credito ridotto dalla falcidia concordataria.

Come si è detto, le sentenze definitive delle opposizione allo stato passivo, sottoposte a registrazione (dopo la rituale dichiarazione di esecutività), ammettevano due società creditrici della società Parmalat allo stato passivo dell’ente in concordato, riconoscendo all’una l’importo di Euro 132.744.284,58 e all’altra quello di Euro 3.931.083,73.

Le sentenze esecutive individuavano i crediti da ammettere al passivo e non certamente l’ammontare della somma posta a base della percentuale di partecipazione al riparto in esito alla liquidazione o in conformità alla proposta. Il D.P.R. n. 131 del 1986, all’art. 37 prevede il conguaglio o il rimborso dell’imposta di registro soltanto nell’ipotesi in cui il provvedimento dell’autorità giudiziaria, che costituisce il presupposto dell’imposta, sia stato ritualmente impugnato e il giudizio di impugnazione si sia concluso con sentenza passata in giudicato o con conciliazione giudiziale o extragiudiziale, ma pur sempre con riferimento al giudizio conclusosi con la sentenza.

Non rilevano, invece, ai fini del pagamento o del rimborso dell’imposta di registro, le vicende successive ed estrinseche al provvedimenti in questione, divenuti definitivi a seguito del decreto col quale, rilevato il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Parma di omologa del concordato, ai sensi del D.L. n. 347 del 2003, art. 4 bis, aveva dichiarato la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria della Parmalat Finanziaria spa e delle ulteriori società facenti parte della proposta di concordato.

Il presupposto dell’imposta di registro nel caso di specie è costituito dall’esistenza delle due sentenze che hanno accertato i crediti delle società sopra menzionate, le quali non possono in alcun modo venire meno a seguito della falcidia concordataria.

Con riferimento dunque, alle sentenze, e all’applicazione alle stesse del D.P.R. n. 634 del 1972, art. 19 (che dispone che l’imposta va applicata secondo l’intrinseca natura dell’atto da registrare e gli effetti che da esso conseguono) questa Corte, con giurisprudenza cui il Collegio aderisce (Cass. 11959/93; 4057/97; n. 4601/2009, n. 15918/2011, n. 24099/2014; n. 7240/2016; n. 12013/2020), ha affermato che quando l’atto da registrare sia una sentenza, per stabilire i criteri di tassazione, occorre far riferimento al contenuto e agli effetti che emergono dalla sentenza stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei e di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si è formato il giudicato, come vorrebbe la contribuente ricorrente, con la prospettata ricostruzione di un diverso contenuto della fattispecie in considerazione della falcidia concordataria.

Pertanto l’accertamento del giudice, in ordine agli effetti che la sentenza produce ed al titolo su cui essa intrinsecamente si fonda, non può basarsi su contenuti diversi rispetto a quelli su cui si è formato il giudicato.

Ha affermato questa Corte che, ai fini della tassazione, proprio perché la disamina si esaurisce nella sola valutazione dell’atto, restano del tutto irrilevanti gli effetti che la sentenza potrà avere in relazione all’esaustivo soddisfo del credito riconosciuto con condanna del debitore. Infatti, in tema di imposta di registro, il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 8, comma 1, lett. b), della prima parte della tariffa allegata, assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori, di per sé stessi e non in quanto determinino il trasferimento di beni o l’attribuzione di diritti.

La CTR, quindi, ha correttamente deciso ritenendo che la successiva limitazione in sede esecutiva della falcidia concordatariia non assumesse alcuna rilevanza, in quanto, nell’interpretare il contenuto della sentenza del tribunale di Parma, occorre considerare il contenuto intrinseco di essa e non il fatto che, come prospettato dalla contribuente, il creditore non avrebbe potuto porla in esecuzione in quanto il debitore era in concordato preventivo ed avrebbe dovuto subire la falcidia concordataria; non potendosi utilizzare – come esplicitato elementi estranei (la limitazione relativa all’effettiva possibilità di realizzare il credito nei confronti di un debitore ammesso al concordato preventivo) alla sentenza sottoposta a registrazione.

Il ricorso va dunque respinto, con aggravio di spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso

– condanna la ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità sostenute dall’Agenzia delle Entrate che liquida in Euro 11.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della Corte di cassazione tenuta da remoto, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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